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Archive for the ‘Alpi Giulie Orientali’ Category

Stenar (2501m), a Gennaio in val Vrata

Il sole della montagna  e il contributo dell’età bruciano i pochi neuroni rimasti e faccio fatica a memorizzare, con circa 600 dei miei poveri post all’attivo, cosa ho pubblicato. Chiedo pertanto venia ai lettori se casco in qualche ripetizione. Scendendo nel particolare lo Stenar, sulla sinistra orografica della val Vrata non è vergine dal momento che ne ho già descritto una gita estiva. Ben più eclatante è stata la precedente salita invernale, gasati dal successo  della Domenica precedente sul Tricorno torniamo nella valle di cui sopra, da Mojstrana  (via Tarvisio e Jesenice)  ci si inoltra con una rotabile sterrata  fino al rifugio Aljazev, un migliaio di metri  di quota, fattibile solo con scarso innevamento come nel nostro caso, la gita diverrebbe improponibile partendo a piedi dalla valle della Sava. Poco prima del rifugio si diparte a destra il sentiero segnato che si dirige alla forcella (Stenarska Vratca). Solo alla fine si incontra la neve, bisogna entrare in un canale con un ripido nevaio dove necessita l’attrezzatura da ghiaccio. Per essere in pieno inverno  c’è un discreto viavai, osserviamo anche una cordata di duri che salgono una via diretta sulla sinistra in piolet traction. Noi, più modestamente scendiamo nel colatoio per poi risalire al sole dell’intaglio. E’ fatta, con neve neve ottima e seguendo la cresta a sinistra (Est) arriviamo in vetta senza ulteriori difficoltà. Una quindicina di alpinisti hanno avuto la nostra idea, dopo avere solidarizzato non resta che ripartire. Evitando le orme della salita ci spostiamo verso S fino a raggiungere la forcella Sovatna, da qui seguendo più o meno il sentiero estivo riusciamo a rivedere il fondo valle un po’ a monte dell’Aliazev Dom. Dopo una doverosa sosta al monumento a Kugy scendiamo al parcheggio, prima del confine ci sarà pure una Gostilna per festeggiare lo0 scampato periglio. Il guaio è che la troviamo sempre… Poco più di 4 ore per  salita, 1500m il dislivello e sette ore in tutto. Il 14 Gennaio 1990.

Con gli amici Ermanno, Amorino e il povero Flavio Alfarè, caduto in Glemine poco tempo dopo.

Jalovec (2643m), in traversata dal passo Vrsic alle sorgenti dell’Isonzo

luglio 2, 2018 2 commenti

“Superbo corno roccioso che si eleva ardito alla testata della val Planiça” (citazione a memoria dalla guida delle Alpi Giulie di Gino Buscaini). Ben visibile fin dalla pianura si trova a Est del cupolone del Mangart ed è una delle cime più elevate del gruppo, ben identificabile dalontano per il suo tetto inclinato (ne ho già parlato una volta per la salita invernale dalla val Planica per il canalone nevoso). Ma nella prima salita risaliamo in auto tutta la valle dell’Isonzo fino al passo Vrsic dove parcheggiamo a 1611m (non senza avere prudentemente lasciato una vettura nei pressi del rifugio alle sorgenti del fiume, ottocento metri più in basso). Al valico imbocchiamo il sentiero che con una lunga traversata a saliscendi sotto le creste di Mojstrovke, Travik e Site (sono circa 5 Km) porta all’attacco. L’ambiente è magnifico, i bianchi calcari lavorati dall’acqua sono ingentiliti a tratti da verdi e belle fioriture mentre la rappresentanza del regno animale è garantita qualche camoscio passeggiante sui ghiaioni. Nonostante qualche banco di nebbia siamo abbastanza fiduciosi, la traccia abbastanza visibile è confermata anche da qualche bollino sparso. Poi l’ambiente diventa più severo, ci sono degli estesi nevai e tocca sguainare almeno la piccozza, chi li ha calza anche i ramponi. Continuando ci affacciamo alla Jalovska Skrbina, la forcella che dà sulla val Planica (più a Est del canalone nevoso). Ma l’ostacolo più impegnativo è la cima acuta della Golicizza, che si supera con una ferrata aerea e esposta, pochi cavi ma molti pioli. Dopo questa ci portiamo all’attacco della via normale che percorre la cresta Sud anch’essa attrezzata. Ma ormai le difficoltà maggiori sono superate e arriviamo in vetta nonostante la neve presente, la nostra esigua compagine oggi è l’unica presente. Tornati in sella divalliamo lungamente verso Sud (ancora qualche cavo metallico) fino al rifugetto Zavestisce Pod Spickom (2010m). Qui riceviamo una calda accoglienza forse perchè siamo gli unici clienti. Un comodo sentiero ci riporta alle sorgenti dell’Isonzo (690m) e al mezzo di trasporto. Non resta che risalire in auto al passo a recuperare l’altra vettura.

Gli orari: partendo alle 7 in cima alle 12.20, al parcheggio delle sorgenti alle 17. Con Diego, Emanuela, Arduino e Ernesto il 26 Giugno 1983. Anche oggi non so se ci sono descrizioni cartacee, la guida ne fa cenno solo per la discesa, a mio parere è uno dei più fantastici anelli delle Giulie Orientali.

 

Ogradi (2087m), un anello a monte del lago di Bohinj

Sul vasto altopiano fra il Tricorno e il lago di Bohinj ero già stato per la cima più alta, il Debeli Vrh, e rimando all’articoletto già pubblicato su questo per l’avvicinamento automobilistico piuttosto laborioso ma non più di certe trasferte in Dolomiti. Il luogo è uno dei più piacevoli delle Giulie Orientali e si presta anche a vagabondaggi senza ghiribizzi di cime, scure abetaie si alternano a sorprendenti radure con ecologiche baite di larice. Stupendi sono poi i panorami sulle bianche vette, in primis il Tricorno che possono soddisfare anche i palati più esigenti. In questa occasione i partecipanti sono per la media piuttosto numerosi, una decina in tutto. Pur scartabellando fra le varie guide della nostra meta non sono reperibili relazioni (almeno nella lingua di Dante). Che è comunque presente sulle cartine e questo ci deve bastare, siamo anche favoriti dal clima visto che è una splendida giornata di fine settembre. Dalla sponda orientale del lago si supera il ponte sull’emissario e lasciata la strada per Stara Fuzina si procede a sin. sulla rotabile in parte sterrata che a caro prezzo conduce nei pressi di Planina Blato, 1088m. Non c’è un parcheggio e bisogna arrangiarsi ai lati della strada, cosa non facile per le numerose auto presenti, alla fine trovo un angolo poco più avanti. Intanto gli amici sono già partiti sul tratturo che porta alla Planina pri Jezeru, il grande rifugio che come dice il nome è sopra il lago. Scombinando il mio piano che prevedeva un anello, dopo qualche esitazione e visto che i mezzi sono due decidiamo di attenerci al programma originale. La strada prosegue verso Est e ridotta a tratturo arriva alla bella radura di Blato,1088m. Sulle segnalazioni a vernice gli sloveni vanno al risparmio e le cartine sono indispensabili, lasciataci alle spalle questa prima casera risaliamo la dorsale fino alla ulteriore Planina Krstenica (1655m) in stupenda posizione sulla cresta e abbastanza frequentata. Dopo di che la solitudine. Il sentiero prosegue a mezza costa verso N e quindi scende a sin. nel vallone Jazorski Preval alla località Jezerske (1720m), forse significa sorgente, ma di acqua non se ne vede. Sulla sinistra un avallamento erboso-ghiaioso si rimonta fino ai mughi che ornano la forcella 1968m(Lazovski Preval), fra il Debeli e l’Ogradi che rimane a Sud. Saliamo a questo da N per facili rocce e verdi, in cima ritroviamo il resto del gruppo salito per la più potabile via normale del versante Ovest. Che ripercorriamo in discesa fino all’altopiano, dopo la meritata sosta per la birra al rifugio del lago in una mezzoretta torniamo al parcheggio. La lunga strada di casa comporta una ulteriore sosta ristoratrice in una delle tante gostilne con cucina sempre aperta.

Traversata delle tre Moistrocche (Mojstrovke) dal passo Vrsic

giugno 27, 2017 3 commenti

La giornata comincia male, a Udine anche se debolmente piove e l’amica che aveva dato la sua adesione non si presenta, strano ma vero arriva il Mauro che di solito con queste condizioni latita. Si decide allora di andare in cerca di fortuna  nella vicina Slovenia, le Gostilne dove ripararsi non mancano di certo. La precipitazione continua fino a Caporetto, ma risalendo l’amata valle del fiume più bello del mondo (Kugy) spunta perfino un pallido sole. A Plezzo o Bovec nella lingua di Preseren svoltiamo a destra scendendo al ponte sull’affluente Coritenza ed eccoci in Val Trenta, la rimontiamo fino al culmine del passo Vrsic, fra le due guerre italianizzato in Moistrocca (1611 m), nell’affollato parcheggio troviamo un posticino anche per il nostro mezzo. Perché guidando era uscita l’idea di tornare su queste montagne già visitate in passato. Proprio a Ovest del valico inizia la cresta asimmetrica delle Mojstrovke, alle pareti nel versante Nord si contrappongono le placche meridionali. Su questi monti avevo già all’attivo un paio di vie di roccia e  una invernale, mancava ancora la Zadnja, la più occidentale e alta. Dal passo traversiamo alla base delle pareti N valicando la Vratica, una forcelletta a 1799m, arrivando infine all’attacco della via Hanza, una vetusta ma ben tenuta ferrata in versante N. Siamo malamente attrezzati, in pratica non abbiamo nulla, dalle mie letture poi mi pareva di ricordare un certo pericolo di caduta sassi, speriamo bene… anche perché durante il percorso avevamo superato/incrociato un bel numero di escursionisti bardati di tutto ciò che serve, personalmente rimpiango solo il casco. Le abbondanti segnalazioni conducono per cenge canaloni e gradini fino a un terrazzo sotto la vetta, qui si fa largo il sole e terminano le difficoltà, quota 2332m, tempo impiegato meno di due ore. Una montagna tanto frequentata non risponde del tutto alle nostre aspettative e così perdiamo quota fino a infilarci nel canale di massi che  risalito ci scodella sulla Velika, 2366m, dove incontriamo un solitario escursionista dormiente (non ho mai capito chi va in montagna per dormire, è molto più comodo il letto coniugale). Adelante, adelante, il Maurin non mi dà tregua, tocca proseguire fino alla Zadnja (2354m), questa sì solinga, con qualche saliscendi ci arriviamo. Proseguiamo ancora lungo la cresta che attraversa ulteriori quote innominate fino a un intaglio (la dorsale continuerebbe poi fino al Traunig e al lontano Jalovec) ma per oggi ne abbiamo abbastanza… Abbandoniamo la cresta in corrispondenza di una svasatura fra le placche che sembra potabile e cautamente arriviamo ai prati. In assenza di segni o tracce cominciamo la traversata verso il passo, ci sono da superare ancora un paio di costoni prima di avvistare la forcella dove passa la via normale della Piccola. Guai assicurati in caso di scarsa visibilità. Qui ci stendiamo fra i prati fioriti che tanto piacevano al cantore di questi monti, nonno Kugy. Ci vorrebbe del vino per celebrare l’impresa, tocca accontentarsi della poca acqua che rimane, comunque ormai siamo in vista della forcelletta dove transita la battutissima normale. Rifocillati poi risaliamo sbuffando alla sella. Le morbide ghiaie che agevolavano in passato la discesa sull’altro versante sono ormai scesi alla base, meglio stare sul sentiero. Cinque ore e mezza (soste comprese), gita di Luglio abbastanza recente.

Jezerski Stog (2040 m), un’ulteriore gita a monte di Bohinj

giugno 20, 2016 2 commenti

L’esteso altopiano che scende verso meridione dal Tricorno al lago di Bohinj è un vero paradiso escursionistico, dalle scure foreste capita di uscire in sorprendenti radure con le tipiche casere di legno dove ci si può magari ristorare con i tipici prodotti dell’alpeggio tipo formaggio e ricotta magari accompagnati da una birra o una grappa di dubbia origine, non manca un lago sulle cui rive si trova un rifugio. Parecchie sono le cime secondarie poco blasonate raggiungibili senza troppi problemi a parte la scarsità o mancanza di segnalazioni, peraltro sempre al cospetto del re delle Giulie Orientali, dove senza cartina non se ne viene fuori. Per arrivarci dai patri lidi il giro è lunghetto, Tarvisio e Valico di Fusine, discesa lungo la valle della Sava fino alla deviazione a destra per Bled e a Stara Fuzina, poco sopra la riva Est del lago. Pagando un pedaggio che diventa ogni anno più esoso saliamo a sinistra con la strada bianca, all’unico bivio si prende a destra, per parcheggiare dove termina  (con qualche difficoltà di parcheggio nei giorni festivi) nei pressi di Planina Blato (1088m). Ora si continua verso Est passando sopra l’estetico alpeggio per cominciare poi ad alzarsi sulla comoda traccia che conduce alla Planina Krstenica, 1655m, in posizione incantevole qualche metro sotto la dorsale. Continuando praticamente in piano verso N si arriva a Jezerce, un avvallamento dove in passato forse c’era una casera. La sorgente del toponimo, praticamente in secca, quota 1720 m. La cima resta a destra, segni non ce ne sono però le tracce sono evidenti e ci alziamo in questa direzione fino a  uscire alla valicabile forcella Jezerski Preval  da dove per tracce aggiriamo la sommità in direzione Sud e con un ultimo breve tratto ci saliamo da questo versante. Non è una giornata eccezionale e il sole latita a guastarci un pò il panorama, la valle parallela a oriente è la Miseliska, già precedentemente visitata per altre mete, invece sulla nostra dorsale si trova verso N un bifido cocuzzolo nomato Adamo ed Eva. Arrivano poco dopo anche un paio di sloveni (vanno proprio dappertutto) che ci fanno le condoglianze per le condizioni del meteo, d’altronde questa è una variabile indipendente. Non resta che ridiscendere a Jezerce fra i fiori che costeggiano il sentiero. La gita ci è parsa breve così decidiamo di variare l’itinerario, dal lato opposto c’è la vallecola che sale all’ulteriore forcella Lazovski Preval per erba e tracce, in ultimo mughi (1966m), altri 250m di dislivello, divallando poi con lo stesso tipo di terreno alla ulteriore amena spianata di Planina v Lazu. Attraversato l’alpeggio verso destra si trova l’imbocco di una mulattiera che con qualche saliscendi poi cala allo spazioso rifugio Na Planina pri Jezeru(m 1450). Dopo il meritato ristoro un viottolo sassoso ci riconduce al posteggio. Ben otto ore lunghe soste comprese. Con Sandro e Saro il 27 giugno del 2012. Difficoltà nessuna, il giro per contro ha un notevole sviluppo.

Giugno 2012, con Sandro e Saro

1 Planina Blato

2 Il sentiero nel bosco

3 Planina Krstenica

4 Nuvole verso Nord

5 Oltre l'alpeggio fra larici e mughi

6 Fiori sul sentiero

7 Salita a Jazorski Preval (forcella)

8 Dalla sella la meta prefissata

9 Salita alla vetta

10 Uscita in cima

11 Verso i monti di Bohinj

12 La verde forcella sovrastata dalle cime Adamo ed Eva

13 Belle fioriture tornando a Jezerce

14 Ancora fiori

15 La fascia di mughi alla forcella Lazovski

16 Poi si scende a Planina v Lazu

17 Un solitario equino

18 Il rifugio del lago

19 Il malinconico laghetto

20 Ci ritempriamo con una birra

21 Il luogo è molto frequentato

Al Bavski Grintavec dalle sorgenti dell’Isonzo

Il versante di salita in veste invernale

“Imponente montagna che si eleva alla testata della Zadnja Trenta” cosi’ viene definita la cima dal Buscaini. Salendo al passo Vrsic da un punto panoramico si ha una bella vista della vallata e delle vette che la circondano e dove spicca su tutte il corno dello Jalovec. Molti anni prima della rischiosa traversata invernale assieme a due coetanei del mio paese, amici fin dai tempi dell’asilo e al presente, come me d’altronde, alquanto taroccati, mi sono cimentato con la  ferrata della cresta Nord, già salita dai pionieri Bolaffio e Kugy sotto la guida dell’onnipresente trentano Joze Komac nel 1899. Torniamo allora al secco ottobre del 82 per risalire la valle dell’Isonzo in direzione del passo Vrsic deviando a sinistra per la strada sterrata che porta alle sue sorgenti , dopo queste proseguiamo ancora in auto fino a dove è possibile, ossia ai casali Zapodne 950 m. Seguendo il fondo valle lasciamo sulla destra l’unico bivio (è quello della normale allo Jalovec) per alzarci fino all’abbandonata  Planina Zapotok, 1385 m. Facendo attenzione ai segni  ci avviciniamo alla montagna entrando poi in un vasto canale dove resiste ancora un nevaio con un pittoresco crepaccio fino all’attacco della via attrezzata (complimenti ai primi salitori). Dotati del nostro misero cordino con moschettone la superiamo agevolmente, non ci sono passaggi atletici come nelle vie moderne,  arriviamo in vetta senza troppe complicazioni. Al centro delle Giulie Orientali e in una perfetta giornata autunnale ci godiamo il panorama degustando la bottiglia di rosso che da previdenti ci siamo portati fin quassù. Altri clienti non ci sono, finiti i viveri ridiscendiamo per la via fatta in salita anche se le guide ne citano un’altra, ma non è il caso di andare in cerca di complicazioni.

1400 m di dislivello, quattro ore e mezza in salita, meno di tre al ritorno, con Dino e Arduino.

1 Luce autunnale a Planina Zapotok

2 Faggi e larici nella Zadnja Trenta

3 La cresta del Pelc

4 Salendo all'attacco

5 Fra i crepacci del nevaio

6 L'attacco della ferrata

7 Seguendo i cavi

8 Nel versante N

9 A pochi passi della vetta

10 Dal Prisojnik al Tricorno

11 I due amici in cima

12 L'allora giovane autore esibisce il libro di vetta

13 Le gioie della vetta consistono in una mela fredda e l'immancabile bicchiere di rosso

 

La cresta del Mangart in giornata dal rif. Zacchi

settembre 12, 2015 2 commenti

Dalla valigia dei ricordi per questo 500° pessimo articolo (ce ne sarebbe uno di più ma sono stato costretto  a cancellarlo sotto minaccia di querele per violazione dei diritti d’autore, abigeato, lesa maestà e altri reati minori) esce stavolta la cresta del Mangart, percorsa a ferragosto nel 98 in senso orario che ci pare più logico. Scarsi i precedenti nel gruppo, oltre a una gita alla Porticina mi sovviene solo una salita alla Ponza Grande e la via della Vita fino alla cima principale, i curiosi possono dilettarsi con i due post pubblicati. La temuta cresta di confine dalla Ponza Grande alla cima maggiore è lunga più di 5 km e come i tre accessi dai laghi era stata attrezzata per scopi militari da una valente pattuglia di alpini qualche anno dopo la grande guerra (si chiama anche via degli Alpini). L’amico Vigjut e la moglie erano in quei giorni con il camper ai laghi di Fusine, al telefono ci accordiamo per una gita assieme e si aggrega anche il Bianco, un mio compaesano e coetaneo piuttosto coriaceo che viene coinvolto nell’ impresa anche se è alla sua prima uscita dell’anno. Passo a prenderlo nel primo pomeriggio ma non è disponibile a causa di una prolungata visita alla frasca del Bacan che per lo smaltimento richiede una lunga pennichella e parto da solo. In autostrada fino a Tarvisio poi per la statale salgo fino a Fusine, il rendez- vous è al lago superiore, circa 950m di quota. La compagna ha l’onere della custodia del camper mentre noi maschietti saliamo per il pernottamento al rifugio Zacchi, che allora era un grazioso edificio in legno, ci arriviamo in poco più di un’ora seguendo la facile mulattiera nella foresta (1380 m). Dagli esperti presenti al rifugio veniamo informati che per la gita necessitano almeno due giorni pernottando al Bivacco Tarvisio, ma visto che in montagna come nella vita siamo abituati a decidere da soli questo si vedrà. Verso le 10 di sera c’è un certo subbuglio nella camerata, è arrivato il terzo uomo, ora che siamo al completo possiamo finalmente dormire tranquilli. Il mattino seguente poco prima delle sette ci mettiamo in cammino, la dotazione personale comporta casco e imbragatura più qualche cordino e moschettone mentre per quella  collettiva ci sono 50 m di corda da 9 mm. Dietro al rifugio inizia la traccia di salita alla Ponza Grande (2274m), nostro primo obiettivo, poco sotto la forcella omonima deviamo a sinistra raggiungendola per la via attrezzata scendendo poi per l’esposta e friabile via normale del versante sloveno alto sulla Val Planica alla forcella Ponza. Volendo questa cima si può anche trascurare abbreviando un poco il percorso. Ci inoltriamo ora in terreno ignoto guidati a sufficienza dai bollini rossi e aiutandoci con i resti arrugginiti dei cavi, a volte assenti o di affidabilità piuttosto dubbia. La roccia è buona e superiamo senza gravi problemi le cime della Ponza di Mezzo e di Dentro più la Strugova, rispettivamente 2230, 2242 e 2265m più svariati intagli e forcelle. Proseguendo verso la Veunza (2351m) ci troviamo davanti un’espostissima cengia inclinata ghiaiosa dove ci leghiamo. Con tre tiri di corda arriviamo nei pressi della cima, a parte l’abisso che si spalanca sotto gli scarponi risulta meno impegnativa del previsto. Firmato il libro proseguiamo in discesa fino alla forcella Sagherza dov’era appena stato posto il bivacco Tarvisio, 2270m. La prossima meta è il Piccolo Mangart di Coritenza, 2393 che si scala con l’aiuto dei cavi nuovi di zecca scendendo verso Ovest alla Mala Forca da dove il percorso si cala a delle cenge erbose in versante sloveno. Con minore impegno si arriva alla spalla O del Mangart, qui il diavolo ci mette la coda, qualche lampo e il cupo brontolio dei tuoni ci fanno desistere dalla facile salita al Mangart. Peccato, in precedenza c’ero stato una volta sola. Ma era un falso allarme tanto che dal cengione in luogo di proseguire verso forcella Mangart (da dove un sentiero si cala facimente all’Alpe Tamer) decidiamo di scendere per la via Italiana, una fra le ferrate più impegnative delle Giulie. Una placca conduce a una spaccatura che offre un paio di caverne molto fotogeniche, alla fine si arriva nelle vicinanze del Bivacco Nogara, da qui per l’Alpe Vecchia si torna al lago Superiore. Dodici ore in tutto. Una descrizione  particolareggiata supera gli scopi del post (e le mie virtù di scribacchino). Comunque la via è abbastanza evidente e nel cammino non abbiamo mai consultato carte o guide. Era in progetto già allora il ripristino delle attrezzature, non ho notizie recenti sullo stato attuale.

1 L'attacco alla Ponza Grande

2 Salita alla Ponza G.

3 Le Giulie orientali dalla Ponza

4 L'inizio della traversata

5 Una cengia

6 La Ponza di Dentro

7 Cresta affilata verso la Strugova

8 Strugova, il tratto finale

9 La cima della Strugova

10 Le Ponze e la dolce Carinzia

11 Vecchi cavi su un traverso

12 Verso la Veunza

13 Attrezzature penzoloni

14 Passaggio fiorito

15 Il terreno malsicuro richiede la corda

17 I compari sulla Veunza

18 Scendendo dalla Veunza

19 Il bivacco del CAI di Tarvisio

21 La ferrata del Picc. Mangart di Coritenza

22 All'uscita

23 Dal P. M. la Skrlatica

24 I laghi di Fusine

25 Il Mangart

26 Verso la fine della traversata

27 Le Giulie Occidentali

28 La ferrata italiana

29 La ferrata italiana

30 La ferrata Italiana

32 Il Bivacco f.lli Nogara

Phiavec (2419 m), ora basta con la val Vrata

L’estremo e poderoso pilastro Sud del gruppo domina la valle dell’Isonzo con i suoi 1700 metri di dislivello sulla laterale di destra Zadnica ma per la nostra normale l’opzione è diversa, dopo il valico di Fusine scendiamo lungo la statale fino a Mojstrana. Qui si devia a destra sulla strada a fondo naturale con pezzi asfaltati che percorre la valle Vrata terminando dopo una decina di km accanto all’Aljazev Dom, 1015 m, il frequentatissimo rifugio base di partenza per molte faticose gite nelle Giulie Orientali (in primis il Tricorno) e dove è richiesto un modesto obolo per il parcheggio. Espletate le formalità continuiamo lungo la carrareccia di fondovalle, al monumento dedicato agli alpinisti partigiani (un enorme moschettone) c’è un primo bivio, a sinistra inizia il sentiero Prag che sale verso il Tricorno. Andiamo ancora avanti per circa un chilometro fino a una seconda biforcazione, qui lasciamo la traccia principale diretta alla forcella Luknja per svoltare a destra. Con un lungo traverso ascendente nel bosco di faggi in parte piegati dalle slavine (Bukovlje=Faggeto) si entra infine nel largo vallone della Sovatna (Civetta), racchiuso fra le pareti di Gamsovec e Stenar. Lo si risale a lunghi tornanti faticosamente per verdi e ghiaie ingentilite dalle fioriture, verso lo sbocco oppone delle facili roccette e si incontra anche un breve tratto assicurato con un cavo. Su terreno detritico si arriva alla verde oasi della Dovska Vrata (2180 m), la sella da dove ci si affaccia al tormentato altopiano del Kriz e al rifugio Pogacnik con splendido panorama sui gruppi del Razor e del Tricorno. Sarebbe già una bella gita e chiudere in bellezza magari con una visita al rifugio, che è stato rinnovato poco tempo fa. Purtroppo il dovere ci chiama, ci inoltriamo verso sinistra per una traccia abbastanza evidente che si inoltra su una larga cengia ghiaiosa che perde quota (stimo sui 150 metri) traversando alla base del versante O del Bovskj Gamsovec. La bancata fuoriesce in una vasta conoide di ghiaie che si deve purtroppo rimontare fino al vertice. Guadagnato alla bell’e meglio questo si è all’imbocco di un camino dove sale la via normale. Già dalla partenza si vedono le attrezzature, dei  gradini e qualche cavo, in mancanza di documentazione è già un successo essere arrivati fino a qui. Ora il terzetto si riduce a una coppia, l’amico più diffidente si sente come Pinocchio fra il Gatto e la Volpe e ci aspetterà al fresco in questo inospitale cantone. Il tratto ferrato non è lungo, porta a una crestina con un simpatico intaglio fra Gamsovec e Phiavec dove si cambia versante affacciandosi a Est. Si prosegue ora in direzione Sud fino a una facile scarpata rocciosa che risalita esce all’insolitamente vasta cima con meravigliosa vista sulle Giulie Orientali che non dura molto, poi cala un impietoso  nebbione che vela il tutto. La discesa ripercorre la via già fatta. 1500m il dislivello, difficoltà di rilievo non ce ne sono, qualche segno rosso nel finale, otto ore e mezza comprese le soste. Al rifugio non siamo andati, comportava una discesa con la conseguente risalita al ritorno.

Agosto 2010 con Ermanno e Mauro.

1 Il rifugio Aljaz e il Tricorno

2 Cappella in Val Vrata

3 Il monumento

4 La Sovatna dal limite del bosco

5 La Sfinge del Triglav sul versante opposto della valle

6 Salita del canale

7 Pausa alla Dovska Vrata

8 Cordata sullo spigolo dello Stenar

9 Fiorellini in sella

10 Cercando la cengia

11 Il Razor

12 Sulla cengia

13 Il Phiavec con il ghiaione d'attacco

14 Creste indecifrabili a Nord

15 L'attacco del breve tratto attrezzato

16 Gradini e cavi

17 La selletta dove si cambia versante

18 facili roccette prima della vetta

19 Scarsa visibilità in cima

20 in discesa

21 Si ripassa dall'intaglio

22 Ritorno all'attacco

23 Il rifugio Pogacnik

24 Tornando alla Sovatna

25 Discesa in val Vrata

26 Arnica nel vallone

27 Nontiscordardime

28 L'unica acqua della gita è piuttosto in basso

29 Il faggeto al inizio della gita

30 Scendendo in auto si passa dalla sorgente-cascata Pericnjk

Prisojnik (2547 m) – La traversata più solare

luglio 28, 2015 4 commenti

In sloveno Prisank o comunque lo si chiami è una poderosa montagna a Est del passo Vrsic (1611 m) che mette in comunicazione la valle dell’Isonzo con quella della Sava a spartiacque fra Mediterraneo e Mar Nero. A Sud, dove si svolge questa salita, presenta una parete rocciosa abbastanza uniforme, il versante opposto è più complesso e severo (ma anche da questo lato ci sono due itinerari accessibili ai buoni escursionisti, la via Hanza e quella dell’Okno, una delle due finestre rocciose che forano le pareti. Grazie alla vicinanza e alla quota elevata del valico è uno dei più frequentati colossi di chiaro calcare delle Giulie Orientali. Veniamo alla nostra gita, i 4 pensionati più uno (il solito M. che si è preso un giorno di ferie) si ritrovano con poche idee ma ben confuse, fra queste viene scelta la Cresta della Pitturina nella Cresta Carnica Ovest. Solo in autostrada la meta viene cambiata e si prosegue fino al casello di Tarvisio, quindi il valico di Fusine e da Kraniska Gora si sale fino al citato passo. Pare che questa sia diventata una prassi abituale alla faccia della programmazione, pare che qualcuno non abbia mai salito il Prisojnik, per quanto mi riguarda c’ero stato già tre volte e per diversi itinerari, mi adeguo anche perché la più recente risale al 1988. Per il parcheggio viene richiesto un modesto obolo poi partiamo in direzione Est. Una stradicciola passa davanti al rifugio Ticariev e prosegue come ampio sentiero fra i mughi fino al dosso Sovna Glava (1750 m) mentre in passato gli si girava attorno, per scendere al di là alla sella con la cima. Si va avanti mantenendo la direzione traversando un pendio di ghiaie prima di rientrare fra i baranci fino a un bivio con tabelle in località detta Gladki Rob (significato ignoto). Dai tempi del Maresciallo Tito molto è cambiato, ora è tutto molto ben segnalato e i cartelli sono praticamente nuovi. Dritti si imbocca la normale detta anche la via delle signore, svoltando a sinistra si risale ad ampie svolte un crestone che costituisce poi la nostra via (indicata come Grebenska pot). Ben presto si esce dai mughi proseguendo per verdi con graziose fioriture, quando il terreno diventa roccioso ci si affaccia al Prednie Okno, l’enorme finestrone aperto sul versante N da dove arriva l’omonima e difficile via ferrata. Da qui in poi anche il nostro percorso si fa più impegnativo, pioli e qualche spezzone di cavo metallico aiutano a superare i tratti più ostici ma in ambiente molto bello, in particolare una parete tutta sforacchiata è molto suggestiva. Dopo di che si arriva alla superpanoramica cresta finale che si sviluppa abbastanza lungamente fino all’incrocio con la via comune che arriva da destra e per questa in cima. 3h e 45’, devo dire che il meno giovane di noi soffre di qualche acciacco e ci fa perdere un po’ di tempo. Purtroppo sono finiti i tempi delle qualifiche, il premio è la vista (ci troviamo al centro delle Giulie Orientali) e ci sfidiamo a nominarle. Un’ora passa così alla svelta, è già ora di scendere. Tornati all’ultimo bivio imbocchiamo la normale che ricordavo piuttosto facile, non è proprio tanto elementare e richiede attenzione. Una traversata su placche e ghiaia prima traversa a sinistra e in seguito scende una specie di lungo costone, anche qui qualche saltuaria attrezzatura oltre a due ulteriori biforcazioni (tenere sempre la destra). Un canalone detritico segna la fine dell’impegno e riporta al sentiero. Intanto il tempo si è guastato e comincia a piovigginare, meno male che il brontolio del tuono rimane lontano però tocca adeguare l’abbigliamento. Al passo ritorna il sole e scendiamo verso Trenta con un ulteriore disguido, un fuoristrada si è schiantato in un tornante e bisogna pazientare ancora prima di arrivare all’agognata gostilna, la prima che incontriamo è quella buona. Luglio 2015, diff. EE (anche in discesa), un migliaio di metri il dislivello e non serve alcuna attrezzatura.

1 Passo Vrsic e rif. Ticariev

2 La Mala Mojstrovka e una postazione italiana del ventennio

3 La cresta che precede l'Okno

4 Mangart e Jalovec

5 Segnavia fiorito

6 Il Prisojnik

7 Fioriture

8 L'Okno

9 Curiosando nel finestrone

9 Salita alla cresta

10 Erosioni nel calcare

11 Passaggio in cengia

13 In ombra il Pilastro del Diavolo

14 L'ultimo tratto di cresta

15 In cima

16 Nuvole sulla Skrlatica

17 Kraniska Gora e le Caravanche

18 In discesa

20 Stelle Alpine

19 Non tutto è facile sulla normale

21 Il sentiero che riporta al punto di partenza

Cinque Punte di Raibl, una traversata e la salita alla più alta

Le Cinque Punte da Cave del Predil

Il piccolo massiccio fra la val Rio del Lago e la Valromana comprende le 5 cime principali allineate da N a Sud contrassegnate da numeri romani, la prima (a Nord) è la  più alta.  La scusa di questo articolo mi è stata offerta da un lettore che ha cercato la cima in questione sul sito poco tempo fa sollevandomi dalla problematica scelta. Per la prima volta alla Capanna Cinque Punte tocca riandare al passato remoto trattandosi di una gita autunnale dell’UOEI  con in programma la traversata da Tarvisio a Cave del Predil nell’anno 1982, quindi agli albori della mia scalcinata carriera di montanaro.

La traversata

Dalla periferia Est di Tarvisio la corriera imbocca la statale per il valico di Fusine e quasi svolta a destra per Rutte, 800 m di quota dove scarica i gitanti, la rivedremo al pomeriggio a Cave. Alla fine della rotabile inizia il sentiero 518 diretto alla Sella Alpel che costeggia in un tratto le pareti e traversa dei ghiaioni prima di entrare definitivamente nel bosco già con i colori dell’autunno.  Esce alla radura dell’Alpe di Rutte dove si trova la Capanna Cinque Punte, 1520 m. Qui alcuni partecipanti accendono un vietatissimo fuoco all’aperto, scongiurato l’incendio si prosegue con il segnavia 520 verso la Sella della Malga 1616 m, poco oltre i più volenterosi salgono per mughi alla cimetta dello Sciober Grande toccando così l’apice della traversata a 1845m. Frattanto il tempo, passabile al mattino, si è guastato e in questo tratto si naviga nella nebbia. La traccia prosegue verso Sud costeggiando una dorsale di mughi fino alla Portella, da qui un sentiero scende in Val Romana e un altro varca il confine con la Slovenia. Il nostro gruppo va nella direzione opposta dove il sentiero si perde nel vasto pendio erboso, lo ritroveremo più in basso quando imbocca il Canal Risonante e costeggiando il torrente riesce infine sulla Statale in corrispondenza di Raibl o Cave del Predil 900 m. Sei ore e mezza. Ottobre 1982.

1 Valromana

2 Il torrente

3 Il sentiero 520

4 Una colata di ghiaie

5 In traversata sotto scure pareti

6 Bellissimi i boschi

7 Le Cinque Punte

8 Alla Capanna

9 Cattivi esempi

10 Vista dall'alto

11 Il Mangart già bianco

12 La catena del Guarda

13 Ancora una sosta prima di calare su Raibl

Alla prima e più alta delle Cinque Punte (1909m)

Vent’anni dopo siamo ancora qua per la seconda ed ultima a tutt’oggi visita, favoriti da una meravigliosa giornata d’inizio estate. Ci sono Gigi e Eliana e Cinzia, il Maurin e, a garantire la rappresentanza delle minoranze  più giovani, Alessio. In auto variamo anche l’approccio proseguendo fino al divieto in Val Romana sempre da Rutte o Ortigara, non me lo sono segnato. Per salire alla Capanna il sentiero è oggi contrassegnato con il n. 520 del quale non ho ricordi particolari. Arrivati al ricovero ci spostiamo alla base delle mughete sottostanti alle enigmatiche  pareti delle cime. Un provvidenziale ometto indica l’inizio dell’itinerario che si sviluppa abbastanza pulito, roccia solida e appigli vegetali facilitano non poco la progressione nel quasi verticale versante che più in alto fuoriesce a sinistra in un canale detritico con placche di dubbia solidità che si devono risalire fino a una sella sovrastata da un caratteristico obelisco. Dalla forcella ci si affaccia al versante di Raibl con inusuali visioni sulla Giulie, ma più importante è l’apparizione della meta prestabilita sulla nostra destra. Scendiamo pochi metri in questa direzione fino a prendere una cengia (mughi anche qui), la si percorre tutta arrivando all’inizio della detritica e facile crestina finale che ci depone in vetta. Al ritorno seguiamo la stessa via, qualche ometto era già presente e altri ne avevamo lasciati noi, le difficoltà sono sul primo e secondo. Dalla Capanna svariamo ancora, dopo qualche ricerca riusciamo a rintracciare la prosecuzione del sentiero 518 che scende a valle, alto sulla destra orografica del Rio Sciober,  ci riporta alla forestale della Val Romana, così i tre sentieri che salgono da questa parte sono stati tutti fatti. Probabilmente ci eravamo portati uno spezzone di cordino da 20m, mentre caschi, imbraghi e altri ammennicoli assenti per libera scelta. La documentazione fotografica è piuttosto scarsa, probabilmente e al contrario del solito non ero in vena.  Giugno 2002.

14 Giglio Martagone

15 Alla Capanna

16 In salita roccette e mughi

17 L'ambiente dove si svolge la gita

18 Verso la cresta

19 Meno mughi del previsto

20 Dalla cresta finale Fuart e Montasio

21 Il lago di Raibl e il Canin

22 In discesa

23 Vista sulla Capanna

24 La strada della Val Romana

25 Acqua limpidissima nel torrente