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Archive for aprile 2013

Da Nord al Monte Tersadia m 1959

Il punto di partenza di questa precoce gita primaverile è sulla strada che collega Paularo a Ligosullo al ultimo tornante prima della Forca di Lius, località Varleit 1032 m, dove si trova un’Ancona sotto un fiorito melo (o pero?). L’inizio è amabile, prima una stretta asfaltata, quindi una strada bianca e poi il sentiero contrassegnato con il n. 409 (a entrambi i bivi scegliere la sinistra), sui resti di una ex mulattiera militare con pendenza costante. Dapprima si è allietati dalle foglie verde tenero della faggeta a seguire più noiosamente un’abetaia, alla fine di questa il percorso diventa più interessante, si passa sopra un canalone nei pressi della cresta, poi si esce su questa alla forcella Orteglas, si aggira a destra un cimotto per uscire alla sella della Casera Valuta 1588 m dove troviamo la prima neve. Il segni continuano verso destra all’ombra del versante N della montagna e ben presto spariscono assieme al sentiero sotto al cospicuo manto nevoso, alla casera si affondava, ora tocca scalciare con poco profitto su un pendio abbastanza inclinato che continua lungamente verso valle. Gli scafati componenti della squadra non sono nati ieri (magari!) e sono muniti degli adeguati attrezzi, dal mio canto metto mano alla piccozza imitato da Gigi, Saro e Sandro calzano anche i ramponi. In questo tratto faccio da apripista, dopo un traverso e una salita a una costa poco accentuata il proseguimento è alla base di una bella parete calcarea dove sfotto un po’ Vigjut che vedo stranamente un po’ in difficoltà. Poi con la salita di una rampa si esce al sole tornando a rintracciare la vecchia mulattiera con la quale arriviamo all’altopiano sommitale dove all’inizio si deve ancora navigare nella neve fra doline e mughi. Solo all’ultimo saliamo per erbe con belle fioriture di erica conquistando la esageratamente dotata cima, con croci e Madonne. Panorama bello ma velato dalla foschia, in tutto, fra mettere e levare ramponi e disguidi vari abbiamo fatto un tempo da bradipi, ben tre ore e mezza per 1000 metri di dislivello. Al ritorno, sullo stesso itinerario siamo agevolati nel tratto più ostico dal sole che ha ammorbidito il manto nevoso. Aprile 2011.

1 Ambiente bucolico al posteggio

2 Nella faggeta

3 Fioritura di Campanellini

4 Alla casera

5 Pendii di neve

6 Sotto il risalto roccioso

7 All'uscita del tratto di neve compatta

8 L'altopiano sommitale

9 Calata in una dolina

10 Mughi, erbe ed eriche

11 Carlina

12 Immagine di Maria sotto la cima

13 Lavori in corso

14 Sfoggio di nuovi occhiali

15 Sernio e Grauzaria

16 La conca di Paularo

17 Montasio, Canin e Zuc del Boor

18 Disguidi in discesa

19 Il versante di salita

20 Dirupi a NO

21 Fioriture primaverili

22 Soldanelle

23 Nel bosco di abeti

Categorie:Alpi Carniche Tag:

La Meja 1996 m, il deserto dei Tartari a due passi da casa

Come dice il toponimo si trova fra la Skrbina e il Vogel, a Est del Monte Nero, quindi dal  Valico di Stupizza si passa da Caporetto per scendere lungo l’Isonzo a Tolmino che si attraversa, subito dopo il ponte della Tolminka una stretta rotabile sale a sinistra a Tolminske Raune 940 m, posteggio. Si prosegue in leggera discesa fra i prati fino al letto secco di un torrente, al di là presso una fontana si abbandona la strada per prendere sempre a sinistra il sentiero che guadagna quota fra i faggi con un facile e corto tratto attrezzato poco prima di uscire sui pascoli della malga Razor nei pressi del rifugio omonimo 1315 m, il luogo è un anfiteatro fra le creste sovrastanti,  aperto verso valle e incrocio strategico per varie escursioni e traversate. Senza salire al rifugio poco più in alto fra le varie opzioni disponibili ci avviamo sul sentiero diretto alla Skrbina per abbandonarlo poco più in alto verso destra, per la nostra meta non ci sono sentieri segnalati. Una scarpata di detriti ed erbe ci porta sotto una fortificazione, non saremmo mica come nel deserto dei Tartari sotto la fortezza Bastiani? La evitiamo verso destra dove una cresta nevosa ci porta a raggiungere la nostra destinazione. E’ ancora presto, la giornata è ancora lunga,  e per cresta prima nevosa poi per pendii di sassi ed erba verso SE raggiungiamo anche il Rusnati Vrh  1915 m. A questo punto anche i due compari Mauro e Gigi  decidono che abbiamo portato a termine il nostro dovere, un ulteriore china nevosa verso sud riporta su terreni più accettabili. La sosta viene fatta alle panchine fuori dal rifugio, siamo al razionamento dei viveri, mezzo litro di rosso (pessimo, se l’è portato il Mauro) e una coda di salame sono il nostro parco desinare. Aprile 2007.

1 Primavera a Tolminske Ravne

2 Fienile

3 Ambiente pastorale all'inizio del giro

4 Fioritura di Ellebori

5 Verso la cima della Meja

6 Sulla Meja

7 Rodica e Vogel, più basso il Rusnati Vrh

8 Le fortificazioni

9 La Skrbina dal forte

10 Girovagando per le creste

11 La catena dei monti di Boihnj

12 Salita al Rusnati Vrh

13 Cima Rusnati

14 Il Gruppo del Tricorno con in basso il lago di Bohinj

15 Scendendo vista su Vogel e Zabiski Kuk

16 Neve in discesa tanto per cambiare

17 Siamo al razionamento

18 Al rifugio

19 Il Rifugio Planina Razor

20 I pascoli della malga

21 Discesa sulla facile cengia attrezzata

Monti Arvenis e Tamai da Tarlessa

Delimitato dai fiumi But, Tagliamento e Degano e a N dalla Valcalda il gruppo si trova in posizione privilegiata per i panorami che offre anche se le cime non hanno quote elevate, l’Arvenis 1967 m e il Tamai 1970, questo in particolare era una mia grave lacuna, colmata due anni in una gita con i  consueti giovani compaesani Andrea e Giacomo più un novizio chiamato Lapo dagli amici. Da Villa Santina in direzione Ovaro lasciamo la Statale a destra per Trava, senza entrarci proseguiamo sulla stretta carrozzabile che sale alla località di Tarlessa, uno dei più ameni posti della Carnia con belle case dalla tipica architettura fra prati e boschi ben tenuti. Il parcheggio è alla fine dell’asfalto 1248 m. Una carrabile con divieto dal percorso sgradevole qui comincia a salire verso Nord, dopo alcuni tornanti ci inerpichiamo sugli erbai di sinistra guadagnando una larga spalla con scarsa vegetazione, qui corre il sentiero 166 che con percorso piacevole ci porta al Monte Cucasit m 1731 e poi in discesa al M. Tribil m 1682. La giornata è tipicamente primaverile, calda con qualche nuvoletta ma con visibilità limitata dalla foschia, dalla seconda cimetta ci caliamo a vista alla malga Claupa dall’ aggraziata forma a semicerchio delle stalle, 1634 m. Il sentiero (sempre lo stesso segnavia) sale ora largo e ben tracciato fra mughi ed eriche alla volta dell’Arvenis, in ultimo costeggiando le rupi che precipitano verso Ovest, tralasciamo per ora, non senza qualche rimpianto, l’erbosa cimetta di sinistra a nome Claupa, 1805/1865 m. L’escursione tutto sommato potrebbe finire anche qui, affacciandoci verso Nord vediamo parecchia neve e Lapo, pur attrezzato con una mia vecchia piccozza, non ha alcuna esperienza di questo tipo di terreni, gli facciamo un corso accelerato di progressione su misto, cinque minuti in tutto e si dice disposto a proseguire. Il sentiero scende a sinistra, coperto subito da un ripido nevaio esposto sui dirupi, ci portiamo sul lato opposto a un cocuzzolo, da questo una cresta mista di sassi ed erba ci porta sulla neve in versante Est che viene discesa costeggiando i mughi. Il manto è di qualità piuttosto incostante, a volte tiene a volte si affonda abbondantemente, poi ci riportiamo più o meno sulla dorsale e poi a sinistra, mirando al visibile sentiero sulla sella fra le due cime che è pulita, il debuttante, sorvegliato speciale, se la cava abbastanza bene anche se con qualche culata. Il largo sentiero sale con alcune svolte sul Tamai, a pochi metri dalla cima troneggiano gli impianti sciistici, qui incontriamo l’unico escursionista della giornata, salito (bella forza) dallo Zoncolan. I giovani amici hanno cura del vecchio, si sono someggiata una bottiglia di bianco per festeggiare l’impresa. Al ritorno passiamo sotto l’Arvenis (versante Ovest), il sentiero dopo un po’ sparisce di nuovo sotto la neve, riappare ma scende verso la malga, ci inoltriamo tra i mughi in una specie di galleria dove molti anni fa probabilmente esisteva una traccia, ci sono dei rami tagliati. Una ultima rampa di neve che rimontiamo faticosamente riporta alla larga sella fra l’Arvenis e il Claupa, a questo punto non merita di essere trascurato, ci arriviamo per facile cresta, divalliamo per prati di nuovo all’amato centosessantasei e alla malga Claupa. Ora basta, torniamo all’aut0 lungo la strada, i giovani non finiscono mai di stupirmi, salta fuori ora il rosso di Perabò, nota azienda vinicola di Raschiacco, che Giacomo stappa con gesto da Sommellier fra gli applausi, il giro è stato piuttosto lungo e faticoso, 7 ore e mezza.

1 Trava

2 Primavera a Tarlessa

3 Salamandra gialla e nera

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5 Salita alla dorsale del Cucasit

6 Madre natura è il giardiniere di questo cespuglio

7 La dorsale Cucasit-Tribil

8 Casera Claupa

9 Claupa e Arvenis dal sentiero

10 Genzianelle

11 Crocus

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13 Erica salendo all'Arvenis

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15 In vista della Cima

16 La Targa in Vetta

17 I tre baldi giovani

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19 Nevai in versante Est

20 Cambio di versante

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23 Tamai, impianti di risalita in cima

24 Lodevole attività sul Tamai

25 Il versante di discesa dell'Arvenis

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27 All'uscita del tunnel

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30 L'amabile cresta del Claupa

31 La cima del Claupa

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33 Bravo Lapo ora puoi godere il sonno del giusto

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Otlisko Okno, finestra rocciosa con vista sulla valle del Vipacco

Il tempo migliore è previsto nel Tarvisiano, dove però la neve è troppo abbondante per le escursioni, quindi decidiamo, anche per appagare una mia vecchia curiosità, per la Selva di Tarnova. Fatichiamo parecchio al valico autostradale di Gorizia per trovare dopo il confine la vecchia statale per Aidussina evitando di pagare la vignetta, converrebbe entrarci dalla Casa Rossa. Traversata la cittadina saliamo verso Predmeja, il nostro punto di partenza si trova fra i paesi di Col e Otlica in località Majerja 819 m, dove si nota sulla sinistra un monumento ai partigiani e una stele alla Madonna. Il gruppo dei pensionati si è ricompattato dopo il letargo invernale dovuto alle moltissime precipitazioni pur se neanche oggi il clima sia una  meraviglia. Un segnavia a forma di chiocciola ci porta in breve a una dorsale sulla destra che conduce fra prati con massi affioranti e vegetazione flagellata dalla bora alla cimetta Sinij Vrh 1002 m. Ci arriviamo assieme alla nebbia, poco più in basso si trova il rifugio omonimo, servito da una strada asfaltata che ci tocca seguire in discesa fino a un bivio,  la strada bianca di sinistra porta ai  casali Peterlini, poco prima si devia a destra, il sentiero nel bosco porta al ciglione dell’altopiano che precipita verso la valle, dove ci raccordiamo al percorso della Traversata Slovena contrassegnato col il numero 1. Proseguiamo sull’orlo verso NO per più di un km in terreno aperto con la vista che arriva, oltre il Carso, fino al mare mentre la vallata e i paesi sottostanti sono 800 m più in basso. Il percorso è piacevole e non ha dislivelli importanti, incrociamo un primo sentiero che sale da Aidussina, dove la traccia si sposta verso il bosco ad evitare un tratto di cresta frastagliato un imbuto alberato porta alla meta prefissata, un foro roccioso alto quasi venti metri formato dall’erosione dell’ acqua meteorica. Ci si arriva scendendo un pendio piuttosto sdrucciolevole dove occorre un poca di attenzione, da esso sale una gelida corrente d’aria che non invita a lunghe soste. Poco più in là lo sbocco di un’altra traccia che sale dalla vallata, al riparo di un muro a secco ci fermiamo per la sosta nel momento climaticamente peggiore della giornata. Torniamo indietro lungo il ciglione con varie deviazioni ai belvedere rocciosi sulla vallata, il tempo è migliorato, siamo pure allietati dal sole, trascuriamo il sentiero da dove siamo arrivati restando in cresta ancora per un altro km fino a una traccia segnalata, poi uno sterrato e un breve tratto di asfalto fra ameni casolari e prati falciati che si alternano ai faggi ci riporta al parcheggio. Quattro ore. Per il dopogita scendiamo a Vipacco (Vipava), paese con varie attrattive fra le quali il palazzo dei Conti Lanthieri e le risorgive del fiume omonimo, in questa stagione con la massima portata d’acqua. Sulla riva di queste la trattoria dove degustiamo i famosi (e cari) vini locali e la gastronomia Slovena. Utile la cartina “Vipava” al 50.000.

1 Il punto di partenza

2 Abbondanza di vernice sulla dorsale del Sinji Vrh

3 Nebbia sul Sinji Vrh

4 Il rifugio

5 I casali Peterlini

6 Il Ciglione

7 L'Okno dal sentiero

8 Nei pressi del finestrone

9 I paesi sottostanti dal foro

10 Sul ciglione

11 Il panorama dalla valle arriva fino al mare

12 Sulla cresta

13 Salita a uno sperone panoramico

14 Sullo sperone

15 Altopiano di Tarnova

16 Palazzo Lanthieri a Vipacco

17 Arco sul vicolo per le risorgive

18 Le sorgenti del Vipacco

19 Masurins belli e buoni

20 Il punto di ristoro

San Vincenzo e l’anello del Vencjar

Visita a S. Vincenzo 580 m

Fine Dicembre 2012, ieri è stata una pessima giornata umida e nebbiosa, oggi Domenica non è migliorata di molto, si stava bene anche sotto il calduccio delle coperte. I due amici sono puntuali all’appuntamento, decidiamo per la Valle di Tramonti, dopo il caffè a Meduno già alla diga di Chievolis la strada è coperta da un modesto strato di neve, anche questa volta niente eroiche imprese. La scelta cade sull’abbandonato borgo di S. Vincenzo  nel Canale di Cuna percorso dal torrente Comugna per cui saliamo in auto fino alle prime case di Tramonti di Mezzo da dove una stretta rotabile lunga 6 km, asfaltata fino ai ruderi delle stalle di Selvapiana 720 m, s’inoltra a destra nella vallata del Chiarchia per poi inerpicarsi fino a forcella Zuviel 890 m. Il fondo è ghiacciato, ci fermiamo subito dopo il ponte sul torrente, circa 400 m, d’altronde il divieto è poco oltre (alla prima visita, con destinazione la Sciara Grande siamo arrivati fino al termine dell’asfalto mentre in seguito, per la traversata al Rossa con discesa ai Piani di Gerchia con un fortunoso rientro a pollice alzato, c’era già il limite, anche se non capisco a che serva, non siamo mica in Val Gardena!!). La strada ha resa impercorribile la vecchia mulattiera, solo dalle stalle di cui sopra si può salire per il vecchio percorso deviando a sinistra a una tabella. Non lo facciamo e continuiamo sullo sterrato in terreno un po’ più aperto, prima della sella diventa, a causa di qualche frana, praticamente impercorribile anche per i fuoristrada. Alla forcella fra le solite rovine c’è un quadrivio di sentieri, per S. Vincenzo si prosegue diritti scendendo una dorsale a pini sulla vecchia ben conservata mulattiera che costituiva l’accesso normale al borgo. In basso sulla sinistra i ripiani dei vecchi orti ormai invasi dalla vegetazione con a destra il torrente, una” maina” dedicata alla Madonna ne indica la prossimità. Prima di un ponte appare il borgo con il campanile e la chiesetta ristrutturati recentemente, il resto è in condizioni spettrali, e pensare  che qui abitavano prima della metà del secolo scorso quasi 150 persone, c’era anche una scuola (unico edificio in blocchi di cemento, i resti a lato della chiesa), in una agreste economia di sopravvivenza, l’ultimo abitante se ne è andato verso il 1950. Il (o la) Comugna scorre sulla destra, sarebbe molto bello continuare la traversata fino a S. Francesco nella valle dell’Arzino, ma bisognerebbe predisporre un mezzo colà, non resta che risalire, l’unica variante che facciamo  in discesa è dalla sella alle case di Selvapiana per la mulattiera.

1 Cascatelle di un affluente del Chiarchia

2 La strada asfaltata

3 Forcella Zuviel

4 La bella mulattiera che scende alla borgata

5 Il capitello prima del paese

6 Arrivo a San Vincenzo

7 La Chiesa

8 L'Altare rimesso a nuovo

10 Discesa dalla forcella per la scorciatoia

L’anello del Vencjar

La gita di più di 25 anni fa proposta dal CAI di Udine prevedeva il periplo della modesta cima alberata  compresa fra i torrenti Comugna, Arzino e sella Giaf. L’inizio del segnavia 810 è un paio di km a valle di S. Francesco 380 m, qui si valica l’Arzino su un ponte per entrare nella gola del Comugna che si percorre dapprima alzandosi sulla sinistra idrografica del torrente fino a 700 m di quota in ambiente selvatico con tratti anche esposti muniti di spartane attrezzature. Le visioni sul canyon sono spettacolari, si vede anche la confluenza del Rossa prima di riscendere nell’alveo con ulteriore ginnastica fra sassi e laghetti e un traverso a pelo d’acqua (la scivolata, innocua di per sè, come unica conseguenza avrebbe un bagno gradevole nei mesi estivi). Alla confluenza con il Rio Plan di Rep da destra si costeggia questo fino alle case Piedigiaf dove si devia a destra sulla mulattiera che sale a Forcella Giaf  960 m. Attualmente una casa già esistente ma malconcia all’epoca è stata ristrutturata a bivacco. Dalla sella erbosa la mulattiera scende comodamente all’Arzino che costeggiato in riva destra (asfalto) passando dalla frazione Valentins riporta alla partenza concludendo così l’anello. Pare che attuamente il sentiero sia stato dismesso, il che non vuol dire molto, non è detto che sia impercorribile.

11 Sul greto del torrente

12 Il selvaggio versante O del Vencjar

13 Il Canyon della Comugna

14 Un affluente in riva destra

15 Un passaggio esposto

16 Nel letto del torrente

17 Risalendo il corso

18 Traversata

19 Case Piè di Giaf

20 In vista di Forcella Giaf

21 Forcella Giaf

22 Una rilassante pausa

Cresta del Colon e Resettum da Casera Casavento

Il Colon in veste invernale dalla Forcia Bassa sopra Casera Pradut

Mi ero invaghito di questa cima durante un fallito tentativo invernale al Resettum osservandola dalla Forcia Bassa poco sopra la Casera Pradut ritenendola papabile anche d’inverno con un poca di neve di meno. La Cresta del Colon ha varie elevazioni culminanti a 2011 m ed è quindi dopo Raut e Resettum la terza cima del gruppo come altezza, quindi una meta appetibile. Il punto di partenza scelto è Pian di Cea 914 m, accessibile in macchina, dopo aver traversato Claut e passando  per le case di Lesis (altro possibile avvicinamento salendo al Pradut con 350 m di dislivello in più) ci si alza su una strada asfaltata solo nei tratti più ripidi fino al divieto di transito. Siamo in Aprile quando ci capitiamo qualche anno addietro, niente neve fino qua e compagnia ridotta, solo Gigi era disponibile. Parcheggiato a lato strada in pochi minuti verso destra saliamo alla ristrutturata casera Casavento in una bella radura a 947 m di quota, qui ha termine la strada e inizia il sentiero contrassegnato con il n. 966 per forcella Clautana che si segue per poco, poi si devia a destra su una mulattiera che s’inoltra in un bel bosco di faggi passando vicino a delle pareti calcaree lavorate dall’acqua per uscire sulla spalla erbosa dove si trova la casera Colciavas, 1513 m, in condizioni precarie ma può offrire un ricovero in caso di maltempo, poco più avanti arriva la trattorabile dalla casera Pradut. Noi invece deviamo verso sud passando accanto a una barra rocciosa inoltrandoci in un pendio fra buchi e avvallamenti con molti mughi, a facilitarci (o complicarci) il percorso la molta neve ancora presente. Anche senza neve non ci sarebbe sentiero, quindi ci dirigiamo verso la la cresta che viene raggiunta piuttosto in alto a destra della cima. All’inizio è di rocce visibilmente friabili e frantumate, ci spostiamo a meridione dove una cengia poco accennata interrompe la scarpata di ghiaie a grana grossa, poi risaliamo di nuovo sul filo ora erboso trovando anche qualche ometto, a questo punto pleonastico, e usciamo in vetta. Bel panorama anche se velato dalle foschie primaverili, a Ovest sulla cima del Resettum notiamo un gruppetto di quattro persone, basta uno sguardo per capirci, una breve sosta e ripartiamo alla volta di quest’ultima. Tornati al punto d’uscita in cresta andiamo scendiamo verso la forcella fra le due cime, il percorso non presenta difficoltà ma è molto gradevole, ogni tanto qualche mugo ma bel calcare, quindi risaliamo fra i massi fino al praticello sotto alla paretina terminale, sono pochi metri un poco esposti ed eccoci di nuovo sulla cima più alta del gruppo, 2067 m, c’eravamo stati assieme l’anno prima ma per altra via. Ridiscesi alla forcella non saliamo a riprendere le tracce del mattino ma ci apriamo una nuova pista, ora la neve ha mollato e si sprofonda di più, penosamente arriviamo alla casera Colciavas, da qui in poi è un’amena passeggiata. Quasi otto ore soste comprese.

2 Casera Casavento

3 Carsismo sul sentiero per casera Colciavas

4 Casera Colciavas

5 Soldanelle

6 Campi nevosi per arrivare in cresta

9 Nessun problema per reperire il materiale per gli ometti

10 In cresta

11 Finale accogliente e remunerativo

12 L'amico incantato dal panorama

13 Verso Est troneggia il Raut

14 Vista sul Resettum

15 In discesa

16 La cengia di roccia frantumata

Alpinisti in discesa dal Resettum

17 Traversata al Resettum

18 Il Colon da Ovest

19 Il castelletto sommitale del Resettum

20 Il Fratte dai prati sotto il roccioso tratto finale

21 Il saltino roccioso

22 La Cima del Resettum

23 Incomincia la discesa

24 E finalmente la desiderata casera Colciavas

Klek 1753 m, di nuovo a Planina Pod Golico 7 giorni dopo

Stessa strada che per la Golica (come da post precedente), cambiano i compagni, in luogo dei due giovani ci sono altri due arzilli vecchietti, tre con l’autore, anche il clima è cambiato. Pare che il calendario sia tornato indietro, fa piuttosto freddo e i monti sovrastanti hanno un aspetto invernale. Parcheggio alla chiesa di Santa Croce, dopo una doverosa visita al cimitero e alla stele di calcare che ricorda Jose Cop, un grande dell’alpinismo sloveno del secolo scorso (mi scuso per l’incapacità di estrarre dal diabolico PC l’alfabeto sloveno) ci avviamo sullo stesso percorso della Golica, al tornante evitiamo la discesa al torrente ma percorriamo la forestale per altri due, al secondo la solita invitante traccia sale nella faggeta e non possiamo resistere al richiamo della foresta. Non è segnata ma piuttosto evidente anche nell’attraversamento di un paio di canaloni, dopo il secondo in parte a causa della neve non è più evidente, quindi saliamo più o meno secondo la linea della massima pendenza. L’ambiente innevato è piuttosto suggestivo, non un suono rompe il silenzio a parte quello ovattato dei nostri passi, fatalmente arriviamo in cresta dove previsto, la forcella fra la Golica a E e la nostra cima a O (Jekljevo Sedlo, 1488 m) dove recuperiamo il sentiero della traversata slovena ben più evidente della traccia iniziale. Procediamo su questo per salire poi all’allungata sommità per pendii di neve e qualche mugo, anche se il tempo è variabile il panorama è gradevole al contrario della bassa temperatura. Ridiscesi al sentiero segnato lo lasciamo subito per calarci alla sottostante casera Jeseniska Planina senza segni ma con percorso fangoso ma ben battuto, anche dalla casera non ci sono bollini o indicazioni, peraltro una specie di mulattiera si abbassa nel bosco arrivando in seguito alla forestale. Per un bel po’ stiamo su questa, quando avvistiamo sotto di noi il borgo di partenza ci caliamo nel bosco fino agli ameni prati sopra il paese. L’ultima soddisfazione sono i pochi narcisi già fioriti, le avanguardie di quelli che fra breve imbiancheranno la Golica. La carta usata è “Karavanke Osrednji Del” al 50.000 del G.Z.S.

1 Monumento all'alpinista Joza Cop

2 Le arrotondate dorsali del Klek

3 Fioritura di Calta Palustre

4 L'agile sentierino all'inizio della neve

5 Elleboro in sofferenza

6 Traversata di un canalone

7 Il bosco di faggi dove abbiamo perso la traccia

8 Pericolo di pecore al pascolo

9 Alla forcella incontriamo il sentiero principale

10 Arbusti innevati

11 La meta è vicina

12 Dai pressi della cima vista sulla Golica

13 I tre dipendenti dell'INPS

14 Verso O il Mittagskogel

15 Le dolci colline austriache e la Drava

16 Il Tricorno velato dalle nuvole

17 Scarlatizza e Mangart

18 Discesa alla casera

19 Ghiaccioli sui mughi

20 Erica

21 Crochi

21 Crochi prudentemente chiusi

22 La bella Casera ha il solo difetto di essere chiusa

23 I due compari alla Casera

24 I prati sopra Planina pod Golico

25 I primi Narcisi in fiore

26 Il Campanile di Sv. Kriz

26 Mano rapace sul piatto alla serba di Gozd Martulijek

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Golica, la montagna dei Narcisi

1 Al Rifugio

2 Indicazioni

3 Verso la Cima

4 Il Capitello ci conferma che siamo arrivati

5 Mestamente in discesa

Culminante a 1835 m sopra ampie praterie erbose cui deve il nome (in Sloveno vuol dire montagna nuda) la cima è famosa per le sua fioritura primaverile di narcisi magnificate già da nonno Giulio si trova nella parte Ovest della catena. Per arrivarci si valica il confine con la Slovenia a Fusine per scendere poi fino alla periferia della città di Jesenice da dove si sale a sinistra con 4 km di asfalto fino al villaggio di Planina pod Golico 933 m.

A Dicembre con la nebbia (2003)

Già a Pontebba ci rendiamo conto che oggi abbiamo sbagliato zona, mentre nel resto del Friuli il sole risplende una cappa nebbiosa vela la Valcanale e in Slovenia è ancora peggio ma è tardi per cambiare idea. A pod Golico osterie piene e sentieri deserti, proseguiamo ancora per un km sulla strada prima di lasciarla per prendere il sentiero nel bosco che sale anche ripidamente al rifugio Koca na Golici 1582 che si trova su una spalla già in terreno aperto (e modestamente innevato), qui approfittiamo delle tracce lasciate da qualche indigeno per coprire i 350 m che mancano alla cima. Il cielo lattiginoso potrebbe essere il preludio a una schiarita, attendiamo un poco finendo di intirizzire, tira un discreto venticello, non c’è niente da fare, meglio andare in cerca di una Gostilna.

Primi di Aprile, tardi per le Ciaspe e presto per i narcisi (2011)

Con tutta l’attrezzatura da neve ci riproviamo, il sole risplende sulla borgata alpina e sui prati del monte, di neve non c’è traccia alcuna, oggi mi fanno compagnia due miei giovani paesani, invece di salire direttamente come nella visita precente scendiamo sotto la bella chiesetta di Sveti Kriz, varchiamo il torrente seguendo una strada forestale fino al primo tornante, una traccia molto labile sale un costone ai margini del corso d’acqua, fino a qui avevamo visto giusto, ci riporta alla strada ma sempre troppo a Ovest rispetto alla nostra meta. A un ulteriore tornante un sentierino si abbassa verso un corso d’acqua, lo costeggiamo per un tratto e dove si rinserra ne usciamo a destra rimontando per poco un nevaio di slavina poi saliamo verso la faggeta sovrastante, al suo termine continuiamo per ripidi pendii erbosi conquistando faticosamente il sentiero della cresta Ovest. Il più è fatto, l’ultimo tratto è su neve, ci fermiamo per la consueta merenda a pochi metri dal capitello posto in cima, i ragazzi vogliono bene al nonno, si sono someggiata una bottiglia di Cabernet che mi fa riprendere le forze. Il celebrato panorama mantiene le promesse con Giulie Caravanche, la Carinzia e i lontani Tauri.  Per sfruttare la giornata decidiamo allora di proseguire verso Est e la non lontana Krvavka 1782 m e sempre in cresta al Sedlo Suha (forcella, 1438 m). Da qui, ora con sentiero (basta fuoristrada per oggi), fra bellissimi luoghi pastorali andiamo a intersecare una ulteriore strada bianca che, senza più scorciatoie ci mena alla partenza. Tre ore in salita.

6 Planina pod Golico

7 La bella Chiesa di S. Croce

8 Meditazioni nella gola del torrente

9 Stazione di Campanellini nella faggeta

10 I pendii erbosi d'accesso alla cresta

11 Finalmente il sentiero della cresta Ovest

12 Dalla cresta Caravanche, Tricorno e Scarlatizza

13 La dorsale in alto diventa nevosa

14 L'ultimo tratto della cresta

15 Verso N Carinzia e valle della Drava

16 Festeggiamenti in Cima

17 Vista sugli Alti Tauri

18 Verso la Krvavka

19 La Golica da Est

20 Consulto al Sedlo Suha

21 Radura scendendo dalla sella

22 L'ambiente concilia il rilassamento

23 Non ci sono i narcisi però...

24 Ellebori

25 Sassi colorati e acque cristalline

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