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I Cosacchi in Friuli con gli occhi della prima infanzia

 

Durante una gita dalla valle della Drava mi sono imbattuto in una modesta stele in legno a ricordo del corpo di spedizione cosacco nella seconda guerra mondiale. All’epoca erano alleati dell’Asse, forse perché speravano in un avvenire migliore a quello proposto dal compagno Stalin. Una lettera al Messaggero a proposito di Cosacchi mi fa tornare alla mia prima infanzia quando abitavo in una casa in Via dei Castelli. Nello stesso cortile convivevano abbastanza in armonia parecchie famiglie e numerosi bambini.  I servizi igienici consistevano in un casotto sopra al letamaio posto al centro della corte ma noi eravamo privilegiati, oltre a  una stanza al piano terra e un camerone al primo piano condiviso con genitori e sorella c’era Un piccolo orto con un cesso personale all’aperto. Una vite di Bacò sulla facciata ingentiliva la residenza. Per L’acqua potabile si andava con il buinz alla manuale ruota del pozzo. Per gli altri usi un canale scorreva per le strade in tutto il paese.  Mio padre all’epoca  lavorava come cementista in un’impresa edile (la Rizzani, tuttora esistente ma con altra ragione sociale) alla costruzione della Saici di Torre di Zuino, la futura Torviscosa, allora considerata di interesse bellico. La raggiungeva in bicicletta assieme a altri compaesani (fra andata e ritorno più di 40 km), chi mancava la Domenica riceveva la cartolina precetto. Verso la fine della guerra trovò lavoro da un artigiano del paese rimanendo anche ferito in un bombardamento degli alleati , era il giorno di San Giuseppe. Già  in precedenza il protettore degli artigiani lo aveva punito con una frattura alla gamba trovandolo operoso sempre nella stessa data e da allora questa attualmente abolita festività venne sempre rispettata. Al di là della strada abitava la numerosa quanto accogliente famiglia Zamo’, coloni del benestante del paese dove trascorrevo ben accolto buona parte delle mie giornate. Devo essere stato abbastanza vispo per l’età riuscendo prima a infilarmi prima un dente di forca nel tendine d’Achille e in seguito giocando con un cerchio metallico (ricavato da un fusto di benzina) a spaccarmi il labbro superiore. In una di queste mie prime escursioni all’entrata mi  imbattei in un enorme omone barbuto seduto dietro a una mitragliatrice che comunque non mi degnò di uno sguardo. Poi al momento della sconfitta, o della liberazione a secondo dei punti di vista, sparirono all’improvviso lasciandosi alle spalle cavalli e munizioni (ricordo una enorme catasta di proiettili nell’aia) per finire poi affogati nella Drava. Di nefandezze compiute non ricordo, se ci fossero state penso che i miei genitori me avrebbero parlato, ho memoria invece di due giovani partigiani del paese fucilati ma dai tedeschi. Poi arrivarono gli inglesi che occuparono più signorilmente la villa padronale dei Masotti. Ci passavo per fare accattonaggio di un pezzo di pane bianco, una prelibatezza in quei grami tempi. Ora fra l’altro di repubblichini e partigiani  dopo settant’anni ne devono essere rimasti pochini, a mio favore ho due cognati tesserati dell’ANPI che in quegli anni non erano ancora nati. Per conto mio di tessere ne possiedo ben tre, quella dell’UOEI e del CAI perché vado in montagna più quella dell’ANA perché ho prestato servizio di leva negli Alpini.

P.S. A scanso di equivoci  mio padre non ha mai avuto la tessera de PNF (che chiamava Budiese, cimice in friulano).

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  1. Ermanno
    aprile 29, 2020 alle 8:14 PM

    La stele in legno è in corrispondenza della tomba di un bimbo cosacco, morto nel maggio del 1945, lungo il sentiero della Wolla Tal, per salire al Kreuzeck

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