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Archive for novembre 2015

Brancot, due visite dagli opposti punti cardinali

novembre 27, 2015 Lascia un commento

Eccettuati il monte di Muris (e la rupe di Osoppo) il rilievo più meridionale e anche meno elevato dei monti dell’Arzino è il Brancot  o Tre Corni, in pratica si tratta di una cresta orientata da N a S e delimitata dalla sella fra Bordano e Interneppo, la Val Rio del Lago, il Tagliamento e la pianura. Tenuta gelosamente di riserva per i tempi grami da molto tempo (un amico aveva dichiarato che per la modesta quota non poteva considerarsi  montagna) fino al Febbraio del ’91 quando la neve era scesa fino a fondovalle precludendo mete più elevate. In uno dei giorni a seguire con un fantastico tempo parto da solo e raggiungo in auto, dopo aver valicato il ponte di Braulins e deviando poi a destra la sella fra Bordano e Interneppo dove parcheggio, circa 300 m di quota. La cresta Nord fa la sua bella figura, innevata e sinuosa si potrebbe paragonare fatte le debite proporzioni e in scala ridotta alla Biancograt (de noantri). Una ricognizione mi conferma che da dove mi trovo non ci sono sentieri, allora mi sposto sul versante O per qualche decina di metri, non c’è niente da fare, tocca lottare con la bassa vegetazione, poi guadagnando quota il bosco migliora e prevalgono faggi e betulle. Alla fine guadagno la dorsale vergine di tracce, seguendola fedelmente dopo la cimetta del Naruvint arrivo sulla cima settentrionale, il Tre Corni (1048m). Dopo una doverosa sosta per ammirare il bel paesaggio noto anche delle impronte di ungulati provenienti da Est e incautamente provo a imitarli, il pendio dapprima è abbastanza agevole ma poi i malefici quadrupedi risalgono sulle balze rocciose a sinistra. Continuo pertanto la mia discesa finendo per uscire a mezza strada fra la mia auto e Bordano, oggi sulla rotabile non passa nessuno e mi tocca farla tutta a piedi. Tre ore e mezza in tutto.

1 L'Amariana dalla cresta

2 Betulle sopra il lago

3 L'amabile dorsale

4 Le Prealpi Giulie

5 La Cima da N

6 Dalla quota massima verso NO le prealpi dell'Arzino con a dx. Tolmezzo e sullo sfondo le Carniche di confine

7 Venzone e il Plauris

Dicembre 2010. Al contrario della precedente salita oggi abbiamo in dotazione la cartina (sono in compagnia di altri due pensionati), il punto di partenza è Braulins, 252 m, ameno paesello al di là del celebrato ponte sul Tagliamento, il sentiero da Est è pure segnalato nonchè descritto in qualche guida. Si alza verso la cresta nel versante SE seguendo all’inizio una mulattiera lastricata fino all’antica chiesa dedicata a S. Michele dei Pagani (gradevolmente dipinta di una tonalità di rosso e ben visibile dalla rotabile) e da un fontanile con vista sul corso del Tagliamento, il ponte e la pianura. Si prosegue sul sentiero nel bosco inselvatichito che questa stagione non offre il massimo di sé, comunque arrivando in cresta l’ambiente migliora anche se talvolta pestiamo qualche residua lingua di neve. Ci si inoltra fra faggi contorti e d’alto fusto che non ostacolano la progressione  toccando prima la cima S (Brancot, 1015m) quindi il Palantarins (1049m) abbastanza agevolmente. Per  il Tre Corni, più selvatico e meno visitato occorre destreggiarsi fra la vegetazione affacciandosi sui dirupi che precipitano verso Ovest.  Torniamo all’inizio sui nostri passi poi deviamo a Est su un’ulteriore mulattiera che traversando a mezza costa riporta alla chiesetta dove ci ricolleghiamo al percorso dell’andata. L’orario non me lo sono segnato.

8 Indicazioni alla partenza

10 S. Michele dei Pagani

9 Lapide del ventennio

11 Braulins e il suo ponte

12 Verso la cresta

13 Avasinis

14 Sulla cima Sud

15 Faggi sulla dorsale

16 L'ometto della quota massima

17 Vista fino al mare

18 Verso la terza cima l'ambiente è più selvatico

19 La Cima Nord

20 Il lago di Cavazzo e oltre la sella di Mena il Tagliamento

22 Tornando a valle con dirimpetto Covria e Cuar

21 Meandri del Tagliamento

23 Formazione calcarea sul sentiero

24 Le oche del Campidoglio in trasferta a Braulins

Cima Sella (2334 m) in una troppo breve giornata di novembre

novembre 21, 2015 Lascia un commento

Fidando nella buona stella dato che la stagione è piuttosto avanti e la gita lunga programmiamo questa gita che ci offre l’occasione di passare per la prima volta dalla casera Laghet de Sora (1871m) nell’alta valle dei Frassin, da qualche anno riattata a bivacco. Tre partecipanti in tutto, con me ci sono Roberto (perso di vista da parecchio) e Giorgio che a posteriori  ha superato alla grande il suo modesto maestro (lo scrivano). Raggiunta Cimolais in Valcellina ci inoltriamo nella stessa valle che è ancora percorribile fino alla confluenza della Val di S. Maria, 920m. Varcato senza problemi il torrente risaliamo un costone seguendo il sentiero con il n. 390 e trascurando un paio di biforcazioni si scende ad attraversare un altro ruscello, la traccia sale la valle dei Frassin fino alla casera Laghet di Sotto che può offrire uno spartano ricovero. Riattraversato il rio ci si alza ancora fino ad uscire al ricovero appoggiato alle rocce. Con una breve traversata a destra entriamo nella valle dei Frassin dove cominciamo a pestare la neve, sulla destra la nostra meta appare abbastanza arcigna, dall’altro lato si trova la diramazione N della Cima dei Preti con Cima Laste e Gea . Il versante è tormentato da pilastri, cenge e torrette, in pratica arrivati nel circo superiore siamo piuttosto spaesati e prima di rintracciare il canale detritico (oggi nevoso) fra le due cime facciamo qualche divagazione visto che rimane seminascosto dietro una quinta rocciosa poco sotto la Forcella dei Frassin. Infilato il pendio arriviamo alla sospirata forcella, è piuttosto ampia e collega le due sommità. La quota più elevata (di un metro) è quella di destra e ci si arriva per una estetica ma tutto sommato agevole cresta. Panorama mozzafiato verso le Dolomiti Friulane e Orientali ma il vento gelido e l’orario sconsigliano lunghe soste, dopo un quarto d’ora ripartiamo, alla casera ci fermiamo brevemente a mangiare qualcosa mentre il sole arrossa la cima testè raggiunta. Poi caliamo a valle, al parcheggio arriviamo al calar delle tenebre.

Difficoltà vere e proprie non ce ne sono a parte la mancanza di segni, in autunno occorre fare i conti oltre che con i 1400m di dislivello anche con le ore di luce, noi ci abbiamo impiegato otto ore in tutto il 22 Novembre 1992.

1 La Val dei Frassin dalla partenza

2 Sul sentiero 390

3 Verso la Vacalizza

4 Casera Laghet de Sora

5 Forcella Frassin, a destra Cima Sella

6 Salita all'attacco

7 Cercando la via

8 Il canale che porta all'insellatura fra le due cime

9 Sulla cresta per la cima SE

10 La cima

11 Vista su Antelao e Marmarole, in prmo piano i protagonisti

12 La cima NO

13 Marmarole, Croda dei Toni, Popera

14 I Monfalconi

15 Dolomiti Friulane, si riconosce il Pramaggiore

16 Il canale di discesa

17 Ultimo sole

18 In basso la val Frassin

19 Luci del tramonto sui pinnacoli di Cima Sella

Creta di Bordaglia (2169 m) un debito onorato dopo 30 anni

novembre 19, 2015 1 commento

La cima è un bel rilievo di calcare chiaro fra il passo Giramondo e la forcella Val d’Inferno e a seconda delle guide viene descritta come la più occidentale del gruppo dell Volaia (per la composizione) o la più orientale del Fleons (si trova a O del Passo Giramondo), ai posteri l’ardua sentenza. Resta il fatto che l’avevo mancata già in due occasioni, devo dire che la bellezza dei luoghi rendono meritevole anche il solo anello.

Ottobre 1984

In compagnia di due gentili donzelle risalgo la valle del Degano fino a Forni Avoltri, dopo il paese e valicato il ponte si svolta a destra, il traffico è consentito fino a Pierabec 1073 m dove si parcheggia. Qui una strada forestale con divieto scende a traversare il fiume e poi si alza con innumerevoli svolte in val Bordaglia (segn. 141, possibili scorciatoie sulla vecchia mulattiera lastricata) fino a un bivio dove si prende a sinistra il 142 che esce dalla pecceta alla casera Bordaglia di sotto dove il panorama si fa interessante. La prosecuzione verso verso  Bordaglia di Sopra (1823 m) fra radi larici e abeti è molto bella, prima di continuare scendiamo all’incantevole lago omonimo circondato dai larici dove incontro un solitario signore che si presenta come Cirillo, non realizzo nella mia crassa ignoranza che si tratta di Floreanini, uno dei più noti alpinisti della Carnia. Dopo il piacere il dovere, tornati alla casera ci passiamo dietro e seguendo il meno evidente sentiero 142a arriviamo fra le erbe a un ulteriore bivio dove svoltiamo a est in direzione della nostra meta. Costeggiando uno specchio d’acqua minore sulla sinistra guadagnamo la forcella Val d’Inferno 1998m, confine con l’Austria e attacco della nostra via. Ahimè, non ci raccapezziamo, ci infiliamo in un camino senza sbocco e dobbiamo ritirarci masticando amaro. Tornati al bivio saliamo in breve a forcella Sissanis da dove scendiamo la valle stessa (due casere, una in pessime condizioni) uscendo in val Fleons poco a monte della stretta, la forestale ci riporta al parcheggio.

1 Val Bordaglia

2 La chiesetta presso la casera di sotto

3 Bordaglia di Sopra

4 I larici si specchiano nel lago

5 La Creta di Bordaglia e il Volaia dal laghetto di Quota Pascoli

6 Carlina

7 Forcella Sissanis con Cjastronat e Peralba

8 Genziane autunnali

9 Casera Sissanis

 

Ottobre 2002

I compagni sono diversi ma l’itinerario è il medesimo e anche il clima è meno favorevole, fa più freddo e ci sono delle nuvole in avvicinamento. Dalla casera di sopra proseguiamo diritto verso il passo di Giramondo, purtroppo sono malmesso a causa di un recente infortunio sul lavoro alla mano sinistra che ha richiesto una puntata al pronto soccorso dove mi hanno fatta una bella cucitura. Guardo invidioso gli amici Alessio e Gigi  che attraversano la pietraia d’attacco alla cresta ENE di primo e secondo, mentre con Eliana salgo nella nebbia all’erbosa Punta di Giramondo sul confine sopra l’omonimo valico (2165 m, sempre meglio di niente) li vedo arrivare in vetta. Anche stavolta torniamo per la Val Sissanis.

10 Splendori d'Autunno

11 La creta dal lago

12 Il Passo di Giramondo

13 Coglians e Mooskofel dalla Creta di G.

14 I due puntini sono gli amici sulla Creta di B.

15 Il Monte Volaia

 

Novembre 2015

A ricordarmi la Creta ci pensa un giovane paesano incontrato durante una passeggiata con la moglie nelle campagne del Cormor che ci era stato il giorno prima. A Pierabec  valichiamo il torrente sulla nuova viscida passerella costruita accanto a quella crollata sotto il sovraccarico di numerosi  Scout l’estate scorsa e torniamo alla sella val d’Inferno. Il meteo è con noi, seguendo le tracce di sentiero ci portiamo alla base delle rocce  spostandoci poi a sin. in versante N fino a un camino con neve sul fondo che si segue per pochi metri, ne usciamo dallo stesso lato salendo un’infida rampa friabile sopra il precipizio dove compare qualche ometto, solo il solito Mauro fa una variante più rocciosa più a destra. Al suo termine un pendio di detriti porta a una trincea (qui c’erano gli austriaci) e subito sopra alla cima Ovest dove ci fermiamo anche se la vetta Est, di uguale quota, non è distante ma nessuno ha voglia di percorrere l’affilata crestina fino ad essa. Scendendo con cautela l’ultimo tratto ci spostiamo  poi sui ghiaioni di destra per scivolare giù al sentiero da dove risaliamo ancora una volta al Passo Sissanis chiudendo per la terza volta lo stesso anello. 1100 metri il dislivello, sei ore e mezza soste comprese.

16 La passerella degli Scout

17 Il passaggio attuale

18 Ancora la nostra Creta

19 Salendo all'attacco

20 Cominciamo male...

21 Sul traverso

22 Detriti nel finale

23 Finalmente in vetta

24 I tre carampani

25 Il ghiaione di discesa

26 La Creta Verde

27 La cascata alla stretta di Fleons

28 Alla cava di Marmo           

 

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Monte Libertan e, imprevisto, il Chiarescons dalla Pussa

Sul mio diario non ho trovo alcun scritto a parte data e nomi delle mete, quindi le alternative sono o fidare nei ricordi o scopiazzare nelle notizie altrui. Allora per questa (come per altre gite) ci gioviamo della guida di Sergio Fradeloni “Dolomiti di sinistra Piave e Prealpi Carniche”, prematuramente scomparso per la malattia del secolo parecchi anni fa. Come da relazione ci avviciniamo dalla strada che poco prima di Claut (val Cellina) sale fino alla Pussa lungo la valle del torrente Settimana, al tempo sterrata, stretta e tortuosa (non è che ora sia molto migliorata) fino allo slargo dove a 940 m di quota si trova il rifugio Pussa presso le sue sorgenti. Posto assai ameno, affollato in stagione da bagnanti e braciolantes, ma oggi, addì primo novembre del 99,  per ora mattiniera e clima è completamente deserto. La giornata ci è propizia con tempo stabile, la meta che ci siamo prefissata è il monte Libertan 2061 m, descritto nel libro citato. Guadato il corso d’acqua saliamo in pochi minuti al rifugio, il sentiero 364 gli passa sopra e verso sin. sale dapprima  nella valle delle Camoscie alto sul rio Stuèt (l’it. principale è diretto a forcella Lareseit, spartiacque con la valle del Tagliamento). Oltrepassati ruscelli e cascatelle saliamo dopo nel bosco fino alla ex radura della scomparsa casera Libertan dove abbandoniamo i segni traversandola verso destra fra i larici. Proseguendo poi fra i mughi entriamo in un facile canalino roccioso che in effetti è il letto di un torrente. Salendo diritti anche dove questo termina, per detriti, mughi e verdi, arriviamo a una sella da dove si occhieggia un bell’anfratto fra quello che reputiamo essere il  Cjarescons e una sua anticima, l’ambiente di chiaro calcare è inconsueto quanto affascinante e ci mettiamo qualche tempo a orientarci e identificare il Libertan, 2087m che si trova a Sud, è un pinnacolo dove non tutti i componenti arrivano, bisogna arrampicare su roccia non troppo affidabile dopo aver superato un facile cocuzzolo. La cima alquanto ristretta non permette distrazioni ma la vista ripaga ampiamente le fatiche. Ridiscesi e risaliti di nuovo alla sella (sarà questa forcella Libertan?) entriamo nell’anfratto intravisto notando sulla sinistra degli sbiaditi bolli rossi sulle placche, la rampa non sembra impossibile, lasciamo qui gli zaini e qualche compagno prima di cominciare la salita. La qualità della roccia si rivela migliore di quella del Libertan con difficoltà max. di II, al termine una facile crestina ci porta verso destra alla croce di vetta del Chiarescons, 2168 m. Che è poi  la più alta del gruppo Caserine-Cornaget con affaccio sulla valle del Tagliamento. Non ci sono alternative per la discesa, quando arriviamo ai larici che conducono al sentiero segnalato un partecipante estrae dallo zaino una fiasca di grappa fra le proteste di un finto integralista: “no si bef sgnape in montagne” ma poi anche lui tira qualche sorso. Finite le scorte di sopravvivenza ha inizio la ritirata, con le ultime luci arriviamo al parcheggio. Ben sette partecipanti.

1 Il torrente Settimana nei pressi della Pussa

2 Cascata nella valle delle Camosce

3 Salendo a forc. Libertan appare il Duranno

4 Forcella Libertan

5 Il Cjarescons

6 In pausa alla forcella Libertan

7 Angolo rupestre nei pressi della sella

8 L'anticima del Libertan

9 La vetta non è proprio elementare

10 I tre lupi grigi sul Libertan

11 Verso E le Caserine

12 Cjarescons, l'attacco

13 Sulla rampa rocciosa

14 C'è qualcuno che si sollazza

15 I tre dell'Ave Maria

16 Camminando in cima

17 I tre amici

18 Anche l'umile redattore viene immortalato

19 Scendendo una vista sul Cjarescons

20 Tutti allegri dopo il bicchierino di grappa

21 I larici sono subentrati ai pascoli dell'ex casera

 

La cresta del Vrata, sul fronte del primo conflitto mondiale

Il crestone del Vrata che dal Monte Nero o Krn scende per una decina di km verso N fino all’Isonzo con parecchie elevazioni interessanti sia per motivi storici (nella Grande guerra costituiva la linea del Fronte) che prettamente escursionistici. Vi avevo fatto qualche visita nella stagione invernale salendo nella neve per la linea di massima pendenza, in pratica questa gita è stata la prima senza innevamento. Fidando nelle previsioni (tempo in peggioramento ma con scarse precipitazioni nel pomeriggio) i quattro soliti stagionati protagonisti traversato Caporetto varcano il ponte sul fiume più bello del mondo per salire all’alpestre altipiano di Dresenza (Dresnica), poi ai casolari di Rauna (Ravne), alle prime case si sale a destra per una stretta rotabile, a una fontana si trova il tradizionale punto di partenza. Tuttavia il meteo e lo scarso allenamento consigliano una più drastica soluzione, che è poi quella di farsi portare dalla Rav fino ai 1200 m di quota di Planina Zaplec visto che non c’è nessun divieto. Pilota e mezzo meccanico sono messi a dura prova, qualche tornante è cementato ma il resto è tutto a sassi e cunette. Dal parcheggio si prosegue sul viottolo che sale a ulteriori malghe, ma il nostro interesse è verso i pendii erbosi  dove si notano ancora le innumerevoli svolte delle mulattiere tracciate dai soldati un secolo fa. Scartiamo la prima che sale alla Vrata ne imbocchiamo una seconda nei pressi di un paio di venerandi faggi, anche se inerbita è ben riconoscibile. In alto è più detritica e sostenuta a volte da muri a secco, in meno di due ore usciamo alla larga sella di circa 1800 m che dalle trincee si affaccia alla val Lepenja un migliaio di metri più in basso. Sulla sinistra (N) la prima cima è l’Ursic o Vrsic, 1857m, già fatto d’inverno, quando una muraglia di neve ci aveva sbarrato però la via a Sud. Qui succede il patatrac, mentre osserviamo la prosecuzione un compagno parte verso questo monte, un secondo attardato si fermerà in sella riparandosi dal vento in un precario ricovero militare e proseguiamo in due. La vecchia mulattiera d’arroccamento tracciata nella roccia costeggia sul lato Ovest tre quote minori, si passa accanto a delle caverne artificiali dove i poveri militari pernottavano e degli anelli metallici testimoniano che con la neve forse c‘erano delle corde di assicurazione. Vengono i brividi a pensare che hanno tenuto la linea per due lunghi inverni… Con modesti saliscendi arriviamo a una selletta sotto quella che reputiamo essere la nostra meta, mentre l’amico va a vedere più avanti mi alzo per ripide quanto infide pale erbose e raggiungo la cresta nei pressi della vetta. L’amico è già in loco salendo astutamente per la più comoda cresta meridionale. Le nuvole coprono già tutta la pianura e stanno arrivando anche qua, bella vista anche verso il Canin e le Giulie Orientali con le vette più elevate già celate mentre in basso c’è ancora il sole come del resto in Austria dove si vede il cielo azzurro. Ci ristoriamo nella trincea, il sodale ha pensato alla birra io alle sigarette. Dimenticavo la vetta che è abbastanza isolata e indipendente, siamo visibilmente più in alto del Vrsic ma non ne azzardo il nome, forse potrebbe essere l’Oblo Brdo, 1957m, dato per salito nel precedente articoletto intitolato erroneamente alla Punta Vallero. In quell’occasione  dalla Vrata eravamo andati su una cima poco più a N. Anche la carta slovena non mi chiarisce le idee. Ripresa la via del ritorno e ritrovati in sella i due amici mentre scendiamo comincia a piovigginare tanto debolmente che non servono provvedimenti, solo al parcheggio si mette a piovere. 6 ore comprese le varie divagazioni, segni non ce ne sono ma il percorso è piuttosto evidente. 28 Ottobre 2015.

1 La malga sulla sella

2 Il tratto di cresta che ci interessa

3 Bacche di rosa canina

4 Muri a secco sulla mulattiera

5 L'Ursic dalla forcella di cresta

6 Dalla forcella verso E la Baba e il Lemez

7 Moistrocche e Bavski Grintavec

8 Indicazione scolpita nella roccia

9 Una postazione

10 La mulattiera di arroccamento

11 Resti di assicurazioni

12 Trincee sulla quota raggiunta

13 Mille metri più in basso la val Lepenje

14 Il momento del ristoro

15 Nuvole in arrivo

16 Sprazzi di sole su Triglav

17 Discesa sulla cresta E con di fronte il Vrata

18 Ingresso di un ricovero

19 Nuvoloni verso la pianura

20 Krasij Vrh, in lontananza Musi e Canin

21 Alla sella il gruppo si ricompatta