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Archive for the ‘Alpi Carniche’ Category

Zwolferspitze (Punta delle Dodici) 2592m, alla cresta Carnica da Nord

Agli arresti domiciliari a causa del virus che ha inaridito anche la mia vena poetica non mi resta che copiare la scarna relazione dal mio diario delle ascensioni.

Sconsigliabile a chi soffre di mal d’auto l’avvicinamento prevede la salita al passo di Monte croce Carnico, dal primo paese oltreconfine, Mauhten, si svolta a sinistra sulla strada della Lesachtal che con innumerevoli curve e tornanti conduce a San Candido passando da parecchi paesi e villaggi per lo più allineati sul versante solatio. Finestre e balconi fioriti ingentiliscono le case, costruite in stile e materiali tradizionali.  Nella buona stagione è infestata da torme di motociclisti che rompono il silenzio agreste degli abitanti, non più comunque dei normali turisti, a loro difesa resta il fatto che non potendo portarsi dietro il cestino del picnic ma solo il portafoglio sono una buona risorsa per bar e Gasthof. Confesso che anche io l’ho fatta in questa veste arrivando a casa, dopo un quattrocento Km, con i crampi alle mani e i calli al sedere.

L’affaccio verso Sud è sulle montagne della Cresta Carnica Occidentale che in questo settore sono di scuri e antichi scisti sconsigliati agli arrampicatori. Che sono destinazione di questa gita con l’amico Sandro dove il mezzo usato è la più comoda auto,si sale quindi la vallata fino Sankt Lorenzen. Dalla frazione Wiesen si svolta a sud imboccando la Frohntal, dirimpettaia alla Val Sesis ma comunque deserta. Saliamo così fino al posteggio della Ingrid Hutte, circa 1600m, prima su asfalto e quindi per strada sterrata. Da qui si prosegue a piedi  fino al circo terminale dove facciamo il punto. Di fronte sulla cresta si vede un edificio, è l’Hochweisssteinhutte del Peralba quindi la cima designata è sulla cresta che scende alla sua destra. Un sentiero segnalato porta senza difficoltà alla dorsale Nord da dove si percorre la cresta verso il lato opposto. Con meno complicazioni del previsto,meno di primo grado, si arriva alla tradizionale grande Croce di vetta in legno. Tre ore scarse, discesa lungo lo stesso percorso.

Con Sandro il 16-10-2008

 

Punta di Forcje Diame (1350m), nei recessi più disertati del gruppo

Attualmente agli arresti domiciliari a causa del morbo anche la mia vena poetica si è inaridita ma ci provo comunque. Ci troviamo dunque alle estreme propaggini meridionali del gruppo che qui si affaccia alla valle del Fella, le malelingue sospetteranno che la scelta sia dovuta alla vicinanza dell’ex stazione di Chiusaforte ora adibita principalmente a punto di ristoro per i frequentatori della ciclabile e già sperimentato. Dalla statale Pontebbana dopo il ponte di Peraria svoltiamo a sinistra alle indicazioni per il villaggio di Roveredo, prima di arrivare al simpatico borgo si trovano sulla destra le tabelle indicatrici del nostro percorso. Che rimane  il più lungo e faticoso approccio alla cima principale. Salendo nel bosco di latifoglie al primo bivio si prende il sentiero verso sinistra (Il segnavia è il 450) che passa da un Calvario e sotto una parete rocciosa.  Poco più in alto si trovano un paio di schiarite che ospitano gli stavoli Sacout e Breizi ancora in buone condizioni ma non più adibiti al uso originale e frequentati solo da qualche ostinato valligiano. Traversando per  rigogliosi verdi (l’ambiente è piuttosto selvatico e riservato ai buongustai) si arriva alla base della dorsale della nostra meta che si guadagna dalla cresta Ovest per balze erbose lasciando sulla sinistra la  Muinie (suora in friulano) un ardito pinnacolo. Sorprendentemente la via è anche ben segnalata ma naturalmente non ci sono concorrenti ,è anche un giorno feriale ma non penso che se fosse festivo cambierebbe qualcosa. In discesa si segue lo stesso itinerario, tre ore di salita per mille metri di dislivello.  Il panorama offre le Giulie (Alpi e Prealpi) e i monti di Moggio. In discesa ricalchiamo i nostri passi. Con Sandro e Oscar il 22 Marzo 2018.

 

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Zottach Kofel (2032-2039m), le due cime più la grotta di Attila

Dopo tanti anni di frequentazione le possibili gite giornaliere sulle nostre montagne sono quasi esaurite e la destinazione viene ormai decisa alla partenza se non durante il tragitto come in questo caso. Dopo un mese abbondante inattivo riprendiamo dunque la via dei monti salendo gagliardi la valle del Fella fino a  Pontebba e da qui in Val Pontebbana verso il passo del Cason di Lanza. L’ottimismo cede il passo alla disperazione dei passeggeri  sui tratti ghiacciati della strada, ci arrendiamo a circa 1500m di quota dove tocca abbandonare il mezzo proseguendo a piedi sull’asfalto, il valico non è troppo distante. La giornata non è comunque  malvagia allietata com’è da un pur pallido sole e ci incamminiamo a destra sul sentiero 439 che esce alla forcella di val Dolce (1781m) sulla cresta di confine a Ovest della Creta di Aip. Proseguendo verso destra arriviamo a un’ ulteriore larga insellatura, poco sotto si occhieggia la nostra bifida destinazione, ci portiamo all’intaglio che divide le due cimette. Le saliamo in sequenza per facili ma solide roccette calcaree di primo grado salvando cosi la giornata (2032-2039m). Ma non basta, tornati al valico e grazie a un paio di partecipanti muniti di torcia elettrica (che hanno studiato sul libro delle Giovani Marmotte) visitiamo anche la Grotta di Attila che ci aveva respinti  in una precedente occasione per mancanza di queste ma anche allagata.

10 Ottobre 2017 con Claudio e Sandro, Giorgio e Oscar.

Morgenlait (1979m) da Sauris nella nebbia

febbraio 8, 2019 2 commenti

Le verdeggianti cime che sovrastano Sauris costituiscono delle belle  mete invernali con o senza ciaspe a seconda dello stato della neve (c’è stata anche una recente gita della SAF). Per la nostra non occorre risalire a tempi remoti ma solo alla fine di Gennaio del 2018, protagonisti i soliti pensionati. Da Ampezzo risaliamo la valle del Lumiei che si apre dopo le gallerie sul bacino artificiale. Costeggiamo il lago fino a Sauris di Sopra, il piccolo parcheggio è subito a monte del grazioso villaggio, metro più metro meno la quota  è sui 1400m. Ci accolgono cielo grigio e clima gelido che fanno rimpiangere il calduccio delle lenzuola  e ci travestiamo velocemente indossando tutto il disponibile prima di incamminarci sulla forestale accanto, il segnavie porta il n.205 ma non si può sbagliare. Di neve ce n’è poca, quella rimasta è ghiacciata e bisogna fare attenzione e meno male che non c’è vento.  In breve usciamo alla larga forcella Festons (1860m) con visibilità ridotta a pochi metri, a conforto ci sono tabelle a profusione. Da una di queste ci alziamo su una facile ma gelata dorsale sulla destra, chi li ha calza i ramponi, non sono fra i fortunati ma infine conquistiamo la croce del Morgenlait, una effimera schiarita ci induce a proseguire verso Est verso il Pieltinis, arriviamo fino alla forcella successiva, di nuovo nebbia fitta. Qui indugiamo per un po’ rischiando il congelamento in attesa del sole. E’ l’ora delle grandi decisioni, decidiamo per la ritirata e torniamo alla base di partenza senza troppi rimpianti. Ci sarà pure un luogo caldo di ristoro nel ameno paesello.

31 Gennaio 2018, con Giorgio, Oscar e Sandro

 

Zouf Plan, Crasulina e Tenchia da sopra Cercivento

dicembre 31, 2018 Lascia un commento

Anche se meritevole di una visita più accurata per le caratteristiche case a portico in pietra questa è stata l’unica volta che sono passato da Cercivento, comune poco popolato alle falde della catena del Crostis. Da veri invasati (come eravamo all’epoca) vi abbiamo dato solo una frettolosa occhiata prima di continuare con il nostro poderoso mezzo sulla rotabile detta panoramica delle vette che poi prosegue fino a Collina. Lasciamo l’auto in località Pian delle Streghe dove si dice che le simpatiche megere celebrassero i loro riti (circa 1500m). Da qui un seguendo la strada con una deviazione saliamo alla cresta meritandoci prima la vetta del Cimon di Crasulina (Raganella,2104m), e quindi, visto lo scarso innevamento, anche il Piz di Mede (1902m) e infine la cima più orientale del gruppo, il Tenchia (1840m). Quest’ultimo è deturpato da una selva di antenne, ma questo è il progresso. Così arricchiti dall’inquinamento elettromagnetico non ci resta che tornare al parcheggio. Il sentiero è contrassegnato dal numero 154, i panorami sono smisurati.

Con Gigi, Eliana e Ermanno nel marzo del 2003

 

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Brutto Passo (Puintat) 2034m, dal lago di Sauris

Ora la compagnia si è dispersa. I vecchi si sono ritirati per raggiunti limiti di età e i giovani o hanno messa su famiglia o si dedicano a più audaci imprese ma fino a qualche anno addietro si usava concludere l’anno con un convivio in casera. Profittando magari dell’occasione per aggiungere alla collezione qualche cima minore altrimenti disdegnata. Una decina di anni orsono è toccato alla Casera Bernon o Bernone (1600m) raggiungibile dalla riva S del Lago di Sauris (circa 1000m di quota) percorrendo a piedi la consueta stradina sterrata con divieto. L’edificio è stato ristrutturato con gusto, pietra a faccia vista, bei serramenti e ampia dotazione di padelle e stoviglie. Mentre alcuni volontari si dedicano alle arti culinarie i più arditi rimontano il vallone fino alla sella che si affaccia alla valle del Tagliamento celata da un mare di nuvole. L’erbosa dorsale di sinistra, detritica e erbosa conduce senza difficoltà in vetta, quindi il passo non è poi così brutto. Sono premiati dal fantastico panorama che spazia dalle Giulie alle Dolomiti e sulle limitrofe Carniche occidentali. Fieri del dovere (poco) pericolosamente compiuto ci caliamo alla casera dove ci aspetta il compito più impegnativo, dare fondo alle leccornie e ai liquidi rimasti al nostro ostello.

 

L’anello del Monte Cocco (1941m) dalla val Rauna

Nostalgie (più che della naja dei tanti anni trascorsi) mi riportano a Ugovizza dove ho passato gli ultimi mesi della mia carriera militare alla caserma Solideo d’Incau con il grado di sergente.  Ma non solo, nell’estate del 1985 dopo un grave lutto familiare e in piena crisi lavorativa mi ero concesso una pausa di tre settimane con tutta la famiglia affittando un appartamento in loco. Con la complicità di un amico che aveva un appartamento a Tarvisio vi ho trascorso forse le più belle vacanze della mia vita mettendo nel carnet parecchie cime. Torniamo alla triste attualità, dopo l’alluvione di qualche anno addietro in Valcanale il villaggio è stato  rimesso a nuovo e attualmente può fare concorrenza a quelli d’oltreconfine. Accetto quindi volentieri la proposta di Ermanno di fare una visita al Monte Cocco sulla cresta Carnica orientale, già visitato d’inverno in occasione della traversata alla Cima Bella e Sagran. Dal villaggio risaliamo in auto la stretta rotabile della Val Uqua fino al bivio a sinistra in corrispondenza di una segheria. Qui un ponte porta in Val Rauna, la percorriamo fino al divieto a 1080m di quota dove lasciamo il mezzo ai margini della strada. La forestale con poca pendenza prosegue alquanto lungamente in terreno incognito fino al rifugio Gortani e all’adiacente villaggio Cocco. L’ambiente bucolico con le tipiche baite in legno che ingentiliscono le radure inviterebbero al riposo ma proseguiamo indefessi fino a quando l’assenza di segni ci mette in sospetto, siamo andati troppo avanti. Facciamo quindi dietrofront, avevamo notato subito dopo un tornante una traccia piuttosto esigua che si alzava sulla destra, ma ci era parsa più animalesca che umana. La conferma ci viene data da una coppia di sloveni che sta scendendo, nel bosco appaiono anche dei saltuari quanto sbiaditi segni biancorossi del CAI. Seguendoli usciamo infine a una schiarita da dove si vede la verde dorsale della nostra meta, la si costeggia sulla sinistra per salirci infine sopra al termine della vegetazione d’alto fusto. La giornata non è famosa, comunque la visibilità è buona e permette di apprezzare il vasto panorama. Ci caliamo poi a Sudest seguendo le evidenti tracce fra le affiorazioni di roccia rossastra e i pascoli fino alla strada cementata che un po’ noiosamente arriva al sospirato agriturismo Rosic. Dopo esserci rifocillati (e prese informazioni) scendiamo  al ponte che verso destra con un traverso quasi senza dislivello riporta, ripassando dal villaggio Cocco,  fino al parcheggio. Non senza prendere qualche goccia di pioggia alla fine.

Con Ermanno, Maggio 2018

 

 

Slenza Est e Ovest, tre gite dalla Val Studena

aprile 13, 2018 3 commenti

Trascurabili memorie militaresche

Come primo classificato del corso sottufficiali a Aosta (170 lire al giorno decurtati da costo della carta igienica) e nonostante la mia insofferenza alla disciplina avevo la priorità di scelta sulla destinazione. A causa della morosa di allora optai naturalmente per il Friuli, prima a Cavazzo da caporalmaggiore e in seguito, da sergente di prima nomina, alla “tana dei lupi” di Ugovizza, come era chiamata la caserma Solideo d’Incau, dismessa dopo l’abolizione della leva. A differenza degli attuali volontari a ferma breve odierni (che oltre a un cospicuo salario godono della settimana corta) eravamo in servizio acca 24 con il divieto degli abiti borghesi. Anche qui mi feci notare per la scarsa attitudine alle virtù militari e così fui spedito in vari distaccamenti, prima a forcella Cereschiatis e in seguito alla polveriera di Pietratagliata sulle rive del Rio Sualt. Vi passai parecchi turni al comando della casermetta superiore (detta Piccola Russia), dove peraltro né il maresciallo responsabile degli esplosivi né il tenente al comando mettevano mai piede, si era in nove e si viveva in assoluta tranquillità. Per festeggiare Natale e Capodanno ci eravamo pure someggiato una damigiana di vino da 54 litri che erano il minimo per far fronte a tutte le avversità. Un ufficiale di firma che voleva cambiare un po’ l’andazzo si presentò per un’ispezione omettendo la parola d’ordine alla sentinella, fu ridotto a più miti consigli da un colpo di Garand. Dopo più di mezzo secolo tutto questo non esiste più e una strada forestale ha sostituito la mulattiera che collegava Pietratagliata con la val Studena, da dove peraltro iniziano le gite seguenti, rigorosamente con la neve.

Slenza Ovest (1665m)

Le due cime si trovano all’estremità settentrionale del gruppo dello Zuc dal Boor con affaccio alla strada che da Pontebba sale a sella Cereschiatis per calare poi verso Moggio. Non ci facciamo scoraggiare dalla giornata piuttosto grigia, lasciamo l’auto poco sopra Studena Alta (838m, tabella) per imboccare una carreggiabile porta alle case Pramolina che lasciamo poco più in basso. Ridotta a sentiero dopo un tratto sulla dorsale compie un traverso nel ripido bosco fino a uscire alla forcella Slenza, poco più in basso si trova la casera. Da questa una traccia fra i mughi a destra sale fino in cresta, una breve divagazione sullo stesso lato consente di conquistare la massima quota. Ambiente incantato con neve fresca ma purtroppo visibilità limitata dalla nebbia.

Slenza Est (1589m)

Meno laboriosa e senza lotte con i mughi della precedente gita ma innevamento abbondante, l’ideale per sperimentare le nuove ciaspe. Al primo tentativo facciamo cilecca nonostante gli attrezzi ma il tempo è veramente pessimo e sta nevicando. Giunti alla casera diamo forfait, è il 6 gennaio, la befana ci ha fatto il suo regalo. Torniamo dopo una decina di giorni con le tracce dell’Epifania ancora visibili. Finalmente una giornata eccezionale, dalla casera ci spostiamo verso est fino a sotto il tratto finale difeso da ripide balze dove le ciaspole dimostrano i propri limiti ma togliendole non se ne verrebbe a capo. Panorama eccezionale sulle Carniche Orientali e le Giulie, mille metri più in basso scorre il Fella. Con la neve calcolare circa tre ore per la salita e un paio in discesa.

 

 

Pelois (1200m circa), cima alberata sopra Caprizzi

febbraio 21, 2018 Lascia un commento

E’ difficile trovare qualcosa di nuovo nei monti di casa dopo tanti anni di cammino e la neve caduta fino a fondo valle nei giorni precedenti complica ulteriormente la ricerca, bisogna comunque stare bassi a meno di usare le odiate Ciaspe. Manca poi il nostro cartografo di fiducia, emigrato per le feste a ciaspolare in Dolomiti, rimaniamo in tre ed è proprio il tre gennaio 2018. Da Tolmezzo percorriamo la Valle del Tagliamento fino a Mediis dove svoltiamo a sinistra sulla statale del passo di M. Rest, a Priuso un vistoso cartello ci avvisa che è chiusa per neve, il fondo è insidioso già salendo alla sella di Cima Corso 867m. Proseguiamo ora in discesa fino a Caprizzi dove si parcheggia in vista della diga a circa 500m di quota, tabelle. Una strada senza protezioni dal fondo ghiacciato e riservata ai residenti sale ancora fino ai remoti casolari di Lunas. Qualche camino sta fumando e le auto presenti non hanno le catene, evidentemente gli autisti sono abituati a queste condizioni.  Cominciamo a salire all’ombra del mattino, prima traversando la radura sopra le case e poi nel bosco a latifoglie accanto a un’antica mulattiera invasa dagli arbusti, la neve sostiene bene e i segni sono frequenti. Tutto bene e in ambiente incantato fino agli stavoli Pantiana (Ratto) e Pantianuta (Topolino) Qui è stato fatto un fastidioso rimboschimento a conifere, pianta aliena a queste zone e perdiamo i segni, tendendo un poco a sinistra continuiamo l’ascesa, ora la neve è molta e con il sole, che finalmente è arrivato, si comincia a sprofondare. Il dorso sommitale è di faggi anche di dimensioni ragguardevoli e non si capisce dove sia la massima quota, metro più metro meno la diamo per raggiunta, d’altronde il versante opposto precipita vertiginosamente. Intanto il cielo si è velato e la temperatura scesa  consigliano la pronta ritirata, resa più faticosa dalla neve molla.

Profittando delle moderne diavolerie di Nevio ecco il riassunto:  dislivello 750m, km  7,7 percorsi in 5 ore e 45, effettive di cammino 3.40.

Turrion (1632m), a festeggiare il primo laureato dei giovani

Si tratta di una dorsale poco importante a S dello Zermula della quale fino ad allora non si avevano notizie e che durante la buona stagione probabilmente non è molto attraente. Il pretesto ci viene offerto dalla laurea appena conquistata di Andrea (in ingegneria) che per celebrare il traguardo raggiunto propone la casera Chianeipade, 1248m, restaurata di recente e adibita a bivacco. Che si trova sopra Dierico in val d’Incaroio (per intenderci quella di Paularo) che si imbocca da Imponzo, il limitato parcheggio si trova invece alla periferia della microscopica frazione di Faul sulla sin. idrografica a 781m. La vigilia era transitata una veloce perturbazione e partiamo con dei nuvoloni che non danno adito a troppe speranze. Proseguendo sulla forestale il sole la vince mentre le nebbie indugiano a lungo sulla vallata e raggiungiamo la casera, in ultimo pestando la neve, senza intoppi. Quelli più casalinghi del nutrito gruppo si dedicano alle arti culinarie mentre gli accaniti proseguono. D’altronde la giornata è incantevole, con la vegetazione ammantata dalla nevicata notturna  sarebbe un delitto sprecarla in una fumosa casera. Ne valeva la pena, dalla forca Turriee decidiamo di alzarci ancora seguendo la facile dorsale fino al cocuzzolo del Turrion che si trova a Nord, uno spettacolare dosso con vista fino alle Dolomiti Friulane ma non solo, spuntano perfino le Giulie e le montagne di Moggio. Tornati alla casera senza rimorsi ora possiamo dedicarci con la coscienza pulita ai festeggiamenti.