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Archive for the ‘Dolomiti Friulane’ Category

Monte Dof (1976m) una gita inaspettata in Val Settimana

settembre 25, 2019 Lascia un commento

Al consueto appuntamento domenicale riscontriamo qualche defezione, la giornata uggiosa scoraggia qualche partecipante e si presentano solo gli irriducibili che in questa occasione sono impersonati da Gigi con la moglie Eliana e Sandro. In programma c’era una gita dolomitica in val Zoldana, vi arriviamo con la pioggia e bisogna rinunciare. Al ritorno cambiamo strada scegliendo la via più breve anche se non più scorrevole che è poi la Valcellina. Dopo il passo di S. Osvaldo smette di piovere, per evitare l’umiliante sconfitta bisogna trovare una meta alternativa. Che consultando le varie cartine a disposizione ci viene offerta dalla Val Settimana poco prima di Claut. La rimontiamo in auto fino al ponte di Riva del Ciartier (867m). Sulla sin. orografica si imbocca il sentiero 370 che risale la val Ciorosolin costeggiando il torrente fra le rapide e una bella cascata. Allietati dal bel bosco e dalle fioriture si esce infine al ripiano dell’ex casera Col d’Agnei (1324m) che può offrire ancora un buon ricovero. Destreggiandosi fra le schiarite e le macchie di mughi il sentiero sale infine, traversando un paio di canali ghiaiosi ma senza difficoltà alla forcella Dof (l’accento circonflesso non mi viene)1843m. Per la cima (di pochi metri più elevata) si segue la cresta verso sinistra. E’ uno dei tanti luoghi dove mi ero promesso di ritornare (che probabilmente mai rivedrò). Ritorno obbligatorio lungo lo stesso percorso.
13 giugno 99, con Sandron, Eliana e Gigi .

 

 

 

 

 

Medòl (1141m), la prima volta in Prescudin

Negli innumerevoli passaggi in Valcellina (il primo con un cinquantino quando la strada era ancora in parte sterrata) avevo sempre snobbato la valle del torrente Prescudin avviandomi verso mete più prestigiose. Ma c’è sempre una prima volta, in questo caso riandiamo ai primi di Aprile del 2016. Da Montereale la risaliamo fino a monte di Arcola, 401m di quota, dove abbandoniamo la statale scendendo a sinistra e seguendo le indicazioni per parcheggiare alla garibaldina prima del ponte.Il tempo non è bellissimo ma discreto, la strada prosegue un po’ noiosamente e asfaltata per circa 5 km sulla destra orografica fino al circo terminale. Qui si trova il Palazzo Prescudin o Villa Emma che dir si voglia, un bell’edificio di proprietà regionale e quindi chiuso a chiave. Isolata al centro dell’anfiteatro si trova la nostra destinazione, la aggiriamo a sinistra costeggiando il letto in secca di un torrente (Val Tasseit) fino a portarci nel versante SO. Poi proseguiamo su una antica mulattiera tracciata nel bosco di latifoglie che senza problemi e passando accanto ai resti di uno spartano bivacco esce sulla dorsale di vetta. Circa tre ore dal parcheggio. Nei pressi si trova, come apprendo dalle mie letture, una stazione meteo che abbiamo modo di osservare. La vista è bella verso le cime settentrionali del gruppo del Cavallo-Col Nudo anche se piuttosto limitata dalla vegetazione. Al ritorno non ci sono alternative alla via fatta al mattino, per il meritato ristoro torniamo a Montereale non senza esserci prima dissetati con una bottiglia di bianco ritrovata in auto. Con Mauro e Nevio che stava già lottando coraggiosamente con la malattia  che ne avrebbe causato la scomparsa poco tempo dopo.

Col Ceschet 1394m, ciaspolando in Piancavallo

febbraio 26, 2018 Lascia un commento

Dal 2010 le ciaspe o ciaspole sono entrate nella normale dotazione invernale. Niente a che fare con quelle che ricordavo dalla naia in legno e cordino di canapa, ora sono un attrezzo tecnologico in materiale sintetico con sulla parte anteriore dei ramponcini di metallo. Con grave salasso alle le mie finanze da pensionato ho dovuto adeguarmi, questo giro è stato uno dei primi a collaudo dei nuovi attrezzi, la località scelta è il Piancavallo, località sciistica sopra Aviano con bella vista su pianura e l’aeroporto. Parcheggiato sul piazzale una strada si alza verso Est, il sentiero con il n. 985 si imbocca presso una cabina elettrica a circa 1300m. Lo spessore della neve è cospicuo ma con la pista battuta si procede bene e anche le quattro dame che accompagnano la minoranza maschile sono soddisfatte. Dopo un primo tratto nel bosco usciamo in terreno aperto poco pendente e arriviamo all’affollata casera Caseratte. Anche troppo, tanto che preferiamo proseguire ancora verso Nord traversando sotto la Pala Fontana fino alla forcella di Giais (1442m e massima quota raggiunta) da dove ci si affaccia alla pianura, in ultimo piano verso oriente la vista spazia fino alle Giulie. Le condizioni sconsigliano altre velleità, a conferma della giusta scelta c’è anche una piccola slavina caduta sul sentiero. Al ritorno ci sorvola un elicottero, l’indomani veniamo a conoscenza di un morto per slavina in Alpago. Non rientra nel DNA una gita senza cime, tornati a Caseratte con una breve digressione ci alziamo fino al simpatico cocuzzolo del Col Ceschet (1394m) poco sopra, che per oggi basta e avanza. Tornati alla casera per variare il percorso in discesa optiamo per il passaggio a meridione dalla Casera del Medico seguendo il sentiero pistato, proseguendo si fuoriesce sull’asfalto poco a valle della località sciistica. Per risalire al parcheggio non ci sono alternative alla strada. Orario non annotato, tempo splendido e temperatura accettabile.

7 Febbraio 2010

 

Cima di Camp (1671 m), un’invernale a Sud del Vaiont

Fra Erto e Casso in alta Valcellina un ponte sul Vajont consente il passaggio alla riva meridionale del lago dove lasciamo il mezzo, la strada con il fondo ghiacciato sconsiglia ulteriori velleità. Il remoto villaggio di Pinedo è il primo che si incontra proseguendo e poco prima inizia la nostra gita a circa 750m di quota. E’ il 3  di Gennaio  e con il termometro che segna  -10 non c’è un’anima  in giro anche se il cielo resta azzurro, il compagno è il fido Ermanno che per un giorno sacrifica gli sci. Ci incamminiamo su una strada forestale che la nevicata del giorno precedente ha ricoperto di un insidioso strato di ghiaccio che ci  costringe a calzare i  ramponi, peccato che ci troviamo all’ombra. Passando nei pressi delle Case Liron andiamo avanti sulla carrareccia che porta al rifugio Casera Ditta,la abbandoniamo seguendo i segni sulla destra che alzandosi nella faggeta riescono a una cappella poco sotto la forcella Col de Pin, alla sua destra si indovina la nostra destinazione. Che si raggiunge salendo fra i faggi prima alla cresta senza via obbligata e poi sul filo al punto culminante che precipita ostico verso la valle del Piave e il Cadore.  La veduta spazia sulle  Dolomiti di Zoldo, più vicini il bacino del Vajont con il Duranno e la Cima dei Preti mentre A Sud ci sovrastano le micidiali pareti N del Col Nudo e dei suoi satelliti. In discesa si potrebbe anche passare dal rifugio allungando il percorso ma per la corta giornata invernale preferiamo ripercorrere la strada conosciuta. 5 ore e mezza in tutto, dislivello sui 900m.

Cridola (2581m), altri tempi altri giorni …

settembre 21, 2017 2 commenti

Sfogliando l’album dei ricordi prima di ritrovare questa salita bisogna riandare fino al remoto settembre dell’85. Fatta con Aldo, (detto Coriere per la sua professione di autista di autobus) uno dei tanti personaggi di cui negli anni si sono perse le tracce. Saltuario frequentatore della vecchia sede dell’UOEI in via Grazzano, ma più assiduo, come d’altronde il resto del nostro gruppetto, nella dirimpettaia succursale dell’Allegria dove fra un taglio e l’altro si mettevano a punto i programmi per le gite da farsi nella Domenica seguente.  Purtroppo in questa occasione ci siamo trovati solo in due, devo dire che al tempo tutte le Dolomiti d’oltre Piave erano, almeno per me, terreno incognito visto che non vi avevo mai messo piede ,pertanto la vetta più alta del gruppo poteva essere un debutto interessante. La prima salita si deve a Giulio Kugy che con la guida Orsolina ci arrivò nel 1884. Forti della relazione della guida del Berti da poco pubblicata (I e II ma segnalata con bolli rossi, senza questi ci saremmo persi di sicuro) decidiamo di tentare l’audace impresa. Assistiamo a un alba in technicolor nel tragitto verso Forni di Sopra, dopo il paese proseguiamo verso il passo della Mauria e da Chiandarens svoltiamo a sin. per parcheggiare al divieto di transito, poco più di 1000 di quota. Qui inizia il sentiero 346 che risale la val di Giaf  costeggiando il torrente porta al Rifugio omonimo (1405m), neanche ci fermiamo, meglio continuare fino alla ghiaiosa forcella Scodovacca, 2043m, al confine fra Carnia e Cadore al limite fra i gruppi di Cridola e Spalti-Monfalconi. Qui si abbandona il solco principale per alzarsi a destra verso l’ulteriore intaglio della Tacca del Cridola, 2176m. Ci si affaccia ora a un mondo ignoto di torri guglie e pinnacoli, proseguiamo imperterriti sul versante Est, i passaggi rocciosi ci sono, però l’esposizione è limitata e guadagniamo la vetta illesi. Fantastico risulta invece il panorama sulle grandi Dolomiti, le Carniche e il gruppo dove ci troviamo. Al ritorno dalla forcella ci lasciamo scivolare sui ghiaioni che dalla parte opposta portano a N in Val Cridola e al solitario bivacco Vaccari nel suo circo terminale. Ne discendiamo un tratto poi con breve risalita guadagniamo la forcella del Boschet che riporta in val di Giaf e al rifugio. Non resta che tornare al parcheggio. Le difficoltà sono dette, il dislivello supera i 1500 m, la cima è abbastanza frequentata.

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Cima Bianca (2175m), l’ultimo rilievo della Cresta del Leone

Torniamo per l’ennesima volta in val Cimoliana e al parcheggio di pian Meluzzo sotto il rifugio Pordenone, circa 1150m. Continuando lungamente sulle fiumane di ghiaie del solco principale (sent. 361) e trascurando l’imbocco della val Monfalcon di Cimoliana bisogna arrivare all’ulteriore vallone di sinistra che sale verso il bivacco Marchi Granzotto il segnavia è il 359 e la valle quella del Monfalcon di Forni. La cresta divisoria, per motivi ignoti denominata del Leone, offre parecchie cime dalla scarsa o nulla frequentazione a causa delle difficoltà, assenza di segni di passaggio e altre amenità del genere. L’unica presente nel mio repertorio è la protagonista di questo articoletto che rimane la più accessibile senza troppe complicazioni nonché la più a Sud della citata dorsale. Ci alziamo quindi verso il bivacco sulla destra orografica, quando si passa sopra a un paio di laghetti è il momento di abbandonare il sentiero mirando alla visibile forcella Bianca a monte della vetta. Non senza esitazioni a dire il vero a causa dell’assenza di tracce di passaggio che si trovano però più in alto. Dalla sella ci si arrampica per rocce in parte friabili ma anche affidabili su camini e cengette con logica alpinistica (assicurando il meno sicuro della compagine con uno spezzone di corda). Le difficoltà sono sul primo o poco più ma la cima è un sorprendente quanto aereo balcone sulle montagne e vallate circostanti. Ridiscesi alla forcella rifocillati e incoraggiati da una bottiglia di bianco consumata sul posto ci viene l’idea di calarci dalla parte opposta che dovrebbe riportare (a meno di sorprese) prima nella parallela valle Monf. di Cimoliana e quindi in val Meluzzo. Nonostante le pessimistiche previsioni di una sparuta minoranza (ci sarà mica qualche salto roccioso?) si rivela la scelta giusta, un morbidissimo quanto vergine ghiaione ci scodella a fondo valle. Protagonisti i soliti pensionati, non trascurabile una minoranza femminile. Giugno 2005.

 

M. Fara (1342) da solo con la neve di Marzo

La dorsale Jouf-Fara a sud della forcella di Pala Barzana è l’ultima propaggine affacciata sulla pianura del gruppo Raut-Resettum. La forcella la Croce (756m, la Crous nell’idioma locale) prima dell’apertura della strada della Valcellina era il miglior collegamento con il maniaghese. Cose d’altri tempi. Il giorno precedente era transitata una veloce perturbazione primaverile che aveva fatto desistere gli amici, tutti rinunciatari per le fosche previsioni meteo riguardanti il giorno seguente. Il mattino dopo invece, alla faccia dei pessimisti, il clima era esemplare e sarebbe stato un delitto rimanere a casa e parto da solo. Da Maniago proseguo sulla vecchia strada fino a qualche centinaio di metri prima del ponte di Ravedis parcheggiando all’inizio della mulattiera lastricata che sale alla detta forcella (segn.967 con indicazioni, circa 300m). Una spolverata di neve che non riesce a nascondere i fiorellini contrasta con un cielo che più blu non si può. I vecchi pascoli sono invasi dalla vegetazione pioniera, noccioli e altre piante alle quali non so dare il nome. Si transita da una cappella (San Antonio? ) sovrastati dal Raut che incombe a NE fino a raggiungere la sella. Dalle mie letture apprendo che la croce risale al 1794, qui lascio l’itinerario principale per inoltrarmi sulla cresta NNE con il segnavia 983 fra i dirupi a sinistra e la faggeta dal versante opposto aprendomi la strada nella neve incontaminata. I faggi resistono anche in vetta ma spostandosi qualche metro più in basso il panorama è fantastico arrivando, oltre che sulla pianura, le Dolomiti Friulane e le lontane Giulie si spazia fino ai monti del Cadore. Tre ore per i poco più di 1000 metri di salita. Discesa per la stessa strada.

P.S. Questo dovrebbe essere il 600° dei miei scadenti scritti.

Monte Citta (o Zitta, 2191m) dalla val Zemola

febbraio 12, 2017 Lascia un commento

Il Duranno domina la Val Zemola, dalla sua cima si diramano verso Sud due creste di minore quota che offrono parecchi vassalli interessanti, su quella occidentale si trova la cima in questione. Da Erto una strada consente in buona stagione di arrivare fino al parcheggio a quasi 1200m, in questa occasione per l’innevamento ci dobbiamo fermare prima cioè nei pressi di una grande curva e nonostante fuoristrada e pilota. La notte o il giorno precedente c’è stata una leggera nevicata che ha imbiancato la vegetazione lasciando lo strascico di qualche banco di nebbia in dissolvimento che lascia ben sperare. Continuando lungamente sulla strada di servizio alla cava di marmo la abbandoniamo un poco prima della galleria in prossimità di una svolta. Inutile cercare segni o altro, il versante Sud, verde in estate, ora è ricoperto dalla coltre bianca. Al momento attuale farei dietrofront per rifugiarmi in qualche osteria, ai tempi non c’era il bollettino delle valanghe e dal momento che nessuno si rifiuta bisogna proseguire, nel primo tratto si risale erti pendii alternandosi a battere la pista. Mirando alla cresta Sud lasciamo un poco più a destra la casera Bedin (nessuno propone di andarci). Raggiunto il filo ci si affaccia sui precipizi della valle del Piave nei pressi della forcella di Citta ci sentiamo forse a torto più tranquilli, comunque il paesaggio è fantastico, procediamo tenendoci a rispettosa distanza dalla cornice senza più problemi di orientamento. Della vetusta croce di vetta affiora solo la punta e parte dei rami, ben cinque sono le ore impiegate per circa 1200 metri di dislivello. Al ritorno ricalchiamo le nostre orme ma nonostante il successo nessuno ha voglia di troppe chiacchiere, con la temperatura sono aumentate anche le preoccupazioni per le slavine. Il sospiro di sollievo lo tiriamo solo quando mettiamo i piedi sulla rotabile. Con Gigi, Eliana, Mauro, Fausto e Adriano.

28 Gennaio 2001.

1-sulla-strada-della-val-zemola

2-il-duranno

3-la-rotabile-che-risale-la-vallata

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15-discesa-di-fronte-al-gruppo-del-col-nudo

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Monte Dassa da Casasola, un anello a E del Raut

Assenza o quasi di neve e bello stabile sono le caratteristiche di questo inverno che fa quasi rimpiangere una sana perturbazione. Vado allora a rievocare questa salita, la prima del 2012 addì 4 Gennaio. La colossale muraglia del Raut-Resettum si affaccia sulla pianura del pordenonese fra il Meduna e il Cellina, già salite le cime principali ora tocca passare ai dettagli che sono poi i rilievi più orientali. Da Meduno saliamo verso la val Tramontina, al bivio segnalato si svolta a sinistra in direzione di Frisanco e Poffabro, dopo Navarons  con un’ulteriore svolta a destra si arriva al paesino di Casasola, alla fine dell’abitato si trova il nostro punto di partenza, 430m, qui ha inizio il sentiero 973 che sale verso le creste. Il clima non è molto invitante con la caligine che vela il paesaggio ma bisogna essere ottimisti. Non stiamo molto sul solco segnalato, da un’ancona poco più in alto ci inoltriamo nell’ignoto verso destra seguendo una esile traccia. Che conduce al Rugo dei Martellins, un canalazzo in gran parte roccioso che bisogna rimontare stando sul suo margine destro. La parvenza di sentiero sale alquanto ripidamente, è abbastanza riconoscibile anche perché non ci sono alternative. In alto ne usciamo verso Ovest, nella faggeta la pista scompare e non resta che alzarsi alla cieca verso la cresta, a Sud i precipizi e a N la faggeta, in compenso fa la sua comparsa la neve a complicare le cose. Guadagniamo la dorsale alberata lasciando il monte Rossa (nostra meta primaria, in cima c’è anche un’antenna) poco  più in basso a Est. Proseguiamo invece dall’opposto punto cardinale, solo un risalto roccioso verticale deve essere aggirato in versante Nord, quando ritorniamo sulla cresta facciamo la pausa pranzo allietati dall’ambiente ovattato che crea la galaverna. Poi proseguiamo a oltranza e superata la cima del Dassa (1309m) i luoghi sono più riconoscibili e alla sella del Moltrin, di poco meno elevata, riagguantiamo il segnavia 973. Seguendo i segni ci caliamo con innumerevoli svolte nel rugo omonimo (intanto la nebbia si è parzialmente diradata) che  riporta al punto di partenza. Cinque ore in totale.  Cosa dire, nonostante le quote basse l’ambiente è assai selvatico e bisogna sapersi un poco destreggiare con la solita logica alpinistica. Con Gigi, Sandro, Saro e Oscar (tutti pensionati). La gita ha un seguito culturale, omaggiata la lapide a Novella Cantarutti , scrittrice di Casasola, a Navarons visitiamo il museo dedicato al risorgimentale Antonio Andreuzzi, medico e patriota.

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4-cengia-sulla-sin-del-rugo

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7-sorrisi-a-denti-stretti-allarrivo-in-cresta

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Dosso Nadei (1709m) e Cima Mora (1862m) dalla Val Cimoliana

dicembre 10, 2016 1 commento

In val Cimoliana le cime raggiungibili senza difficoltà non abbondano, specialmente se si incappa in una tipica e uggiosa giornata di novembre non c’è poi molto da scegliere. Le due sommità in questione sono situate all’estremità di una cresta secondaria a Est della Cima dei Preti, separate da questa dall’inesplorata forcella Ciadinut. Da Cimolais ci alziamo allora sulla rotabile, dapprima perfino asfaltata, fino a dove e dopo una discesa, si arriva alla confluenza da Ovest con la val Frassin in località Pian Fontana 920m, nodo di sentieri per varie remunerative destinazioni con ampie possibilità di parcheggio. Guadato senza difficoltà il torrente un dapprima largo sentiero sale sulla destra orografica nel bel bosco autunnale, non mancano le esitazioni che svaniscono quando troviamo una tabella che fra le varie indicazioni (la principale porta a Laghet de Sora) indica anche quella designata che sale a sinistra. Dapprima a lunghi tornanti poi più ripida e anche meno evidente riesce infine all’aerea selletta fra le due cime da dove ci si affaccia agli insondabili precipizi dello sciol di Tarsia. Verso NO su una esile traccia sul filo della cresta fra i Baranci (ottimi per la sicurezza) e l’abisso porta alla Cima Mora. Non ci dilunghiamo, tornati all’intaglio e continuando in cresta si arriva più comodamente al Dosso Nadei, deturpato da una piattaforma di cemento che sostiene una monumentale antenna, d’altronde questo è il progresso. 4 ore per le due cime, soste comprese. Torniamo a valle ricalcando i nostri passi. Con Sandro e Mauro, 2 novembre 2016.

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2-poca-acqua-nel-guado

3-bosco-autunnale

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C’ero già stato in precedenza con Ermanno e Mauro nel Dicembre del 93 con un cospicuo innevamento ma con una eclatante visibilità. Con lo stesso percorso, ma raggiunta solo la Cima Mora, ricordo lo svolazzare di un elicottero a recuperare uno scialpinista travolto da valanga nella Busa dei Vidiei a N del Lodina, ma anche l’adrenalinica salita in valle con la strada innevata dove la Skoda e il pilota, specie al ritorno, hanno dato il meglio di sè nonostante il panico serpeggiasse fra i passeggeri.

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