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Archive for the ‘Dolomiti Orientali’ Category

Sulla Croda del Becco (2810m) dal Lago di Braies

Nella  valle di Braies in alta Pusteria è stata ambientato lo sceneggiato della RAI “A due passi dal Cielo” dove una guardia forestale risolveva improbabili casi polizieschi accaduti nei più che tranquilli paeselli. La mia prima visita è antecedente nonché solitaria ma non voglio annoiare i lettori con la descrizione del lungo avvicinamento in auto che prevede la salita al passo di Monte Croce Comelico e la discesa nell’opposto versante della Val Pusteria fino al bivio che a sinistra risale l’amena vallata fino al parcheggio a 1489m presso le rive dell’incantevole specchio d’acqua. Il sentiero ne costeggia la riva sinistra e ridotto a traccia si infila in un canale  di rocce rossastre (lavina rossa di fuori) che  si alza con innumerevoli svolte fino alla forcella (Porta sora il Forn, 2327m), fino a qui non si patisce certo l’affollamento, non incontro nessuno. Dalla forcella senza perdere quota  si prosegue verso destra (O) costeggiando le rocce del versante S della cima. Invertendo il senso di marcia si rimonta la facile dorsale SO che oppone un unico passaggio un poco più impegnativo (Comunque assicurato con un cavo metallico) e in breve si giunge in vetta. Vista la vicinanza del rifugio e la zona non si può certo pretendere la solitudine, per contro il panorama è strepitoso, oltre al altopiano sottostante si spazia su gran parte delle Dolomiti, i monti austriaci e la cresta carnica O ecc, ecc. Poco più in basso si trova il  rifugio Biella meta di un incessante andirivieni, ma non mi piace bere da solo e rimando la sua visita a quando e se ritornerò. Il ritorno avviene per lo stessa via, sei ore e mezza soste comprese  nel settembre 2007 (altrettante e forse più in auto). Tempo splendido, la guida dice Primo grado.

 

La Punta dell’Agnello (2736m),una solitaria in Dolomiti

settembre 4, 2019 Lascia un commento

Non ho mai gradito le solitarie anche se qualche rara volta ci sono stato costretto  come in questo caso. Una decina di anni fa stavo chiudendo per raggiunti limiti di età e non senza rimpianti la piccola azienda artigiana di cui ero titolare. Era stata fondata da mio padre nel primo dopoguerra e  vi  avevo trascorso tutta la mia vita lavorativa passandovi da adolescente prima le vacanze scolastiche e in seguito come  collaboratore e infine da titolare. Trovandomi improvvisamente con troppo tempo libero a disposizione. I  miei consueti compagni d’avventura erano già partiti da tempo per  altre destinazioni e così la mattina di quel ferragosto sono  partito da solo verso la val d’Ansiei. La via più conveniente passa da Sappada, segue  la discesa a Santo Stefano di Cadore e Auronzo continuando poi fino  alle tabelle sulla destra (già adocchiate in precedenza)  invitanti alla Val Marzon. La cima è situata a SO della Croda dei Toni, il gruppo del quale fa parte. Si può salire ancora brevemente in auto  fino a uno spiazzo dove si parcheggia a circa 1100m di quota. Qui ha inizio Il sentiero segnalato con il n. 106, trattasi di una ex mulattiera militare che si alza dapprima un po’ noiosamente nel bosco per proseguire più in alto lungo un canale in ambiente più roccioso fino a fuoriuscire alla forca dell’Agnello (2567m) dove si trova il rosso bivacco De Toni (tipo fondazione Berti). Dalla forcella seguendo la cresta verso destra con facili passaggi rocciosi si guadagna la vetta. Ci troviamo negli avancorpi a Sud della cima principale e il paesaggio oltre che sui torrioni adiacenti spazia a Est sulle più casalinghe Carniche.Più vicine restano le Dolomiti di Sesto, incombe la cima più alta, poco più avanti le Tre Cime mentre oltre l’Ansiei spiccano le Marmarole. Non ci sono alternative per il ritorno, bisogna tornare sui propri passi. A Interrompere e confortare le mie solitarie meditazioni giungono pure un paio di altri visitatori locali. 1600m il dislivello, qualche passo di primo grado. Bel tempo, 3 ore e un quarto in salita e poco più di sei totali che si raddoppiano con il percorso stradale.

 

 

 

 

Cima della Busazza (2884m) la via comune da Listolade

Anche l’avvicinamento automobilistico (se la gita, come in questo caso, è giornaliera) è micidiale, da Udine bisogna raggiungere Belluno poi risalire ad Agordo e la valle del Cordevole fino a Listolade. Una deviazione secondaria sulla destra porta in val Corpassa ed è transitabile fino alla Capanna Trieste (1135m) dove parcheggiamo. Ora si prosegue con un sentiero segnalato lasciando sulla sin. il sentiero del rif. Vazzoler per proseguire alti sull’anfiteatro del Van delle Sasse. Dopo il passaggio sotto l’ardita vetta della Torre Trieste si risale il circo detritico a Ovest seguendo gli ometti, una breve deviazione per prati aggiunge al carnet anche il Castelletto (2407m). Poi per gradoni rocciosi che si alternano ai detriti con difficoltà discontinue di primo e secondo grado arriviamo sulla elegante sommità affacciandoci alla parete Est che precipita sulla valle dei Cantoni per mille metri (riservata ai forti). Quattro ore e mezzo per circa 1700 metri di dislivello, ero ancora gagliardo. Ci troviamo al centro delle Dolomiti su un punto privilegiato di osservazione (primeggia la Civetta) ma nonostante questo possiamo godercelo in solitudine. In discesa rifacciamo più o meno lo stesso percorso. Il totale in tutto è di otto ore e trenta di cammino + la trasferta, con Claudio M. e Claudio Avv. La guida del CAI (al tempo non disponibile) è “Civetta” di Ivo Rabanser.

19 Agosto 2007

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Cresta Sud di S. Sebastiano, la cima centrale (2420m)

settembre 24, 2017 Lascia un commento

Osservando la carta stradale la strada più corta per il passo Duran (1601m) partendo da Udine è la Valcellina con i suoi numerosi Autovelox, dal passo di S. Osvaldo si scende poi a Longarone da dove si imbocca la Val di Zoldo fino a Villa dove si svolta a sin. per salire al valico. Un giorno non sarebbe sufficiente per la visita ai molti graziosi paeselli che la costellano ma si sa che noi rudi alpinisti siamo refrattari a queste lusinghe, sempre troppo presto al mattino e tardi alla sera . Ci basta breve sosta per il caffè a Forno e via verso le crode, ci sono ancora numerose e curve e tornanti da superare sulla stretta rotabile prima del parcheggio. Il valico è il più corto collegamento con l’agordino ma per la quota abbastanza elevata costituisce un anche ottimo punto di partenza  sia per gite nel gruppo del Civetta (piuttosto lunghe) come per il Tamer-San Sebastiano situato a SE che sono più alla portata. In questa direzione ci incamminiamo nel bosco seguendo un sentiero segnalato  che prima di riuscire nel Van o Vant (nome locale dei circhi detritici) di Caleda offre un passaggio un poco esposto sotto il Sasso omonimo, che è poi una fotogenica cengia a soffitto. Poi si esce nell’anfiteatro, la cresta che ci interessa con le sue varie elevazioni ha i suoi limiti alle forcelle di San Sebastiano e la Porta (confine con i Tamer). L’obiettivo è la quota più alta che si trova circa al centro. Rimontiamo tutto il vallone faticosamente per ghiaie e detriti seguendo incerte tracce. Siamo perplessi, vediamo solo pareti  ma da più vicino adocchiamo un canale che sale verso l’alto, diventa  via via più stretto fino all’intaglio, c’è anche qualche traccia di passaggio e ci arriviamo senza difficoltà. La forcella (senza nome ma quota 2383m) consente l’affaccio a N alla remota  val Malisia, che non ci interessa più di tanto. La cima resta sulla destra ma non è raggiungibile direttamente, ci si deve calare qualche metro nel versante del suddetto vallone e quindi  traversare a destra (Sud) qualche decina di metri prima di tornare sul filo della cresta SE. Sottile ma non difficile conduce alla vetta. Il panorama comprende vari colossi delle Dolomiti, le Pale e le Dolomiti Friulane ecc. Da qui ci si potrebbe anche sbizzarrire su qualche altra quota ma la maggiore ci basta, per di più uno dei compagni si è portato il figlio che per l’età potrebbe rivolgersi al tribunale dei minori. Tornando alla base ci facciamo una bella scivolata sul ghiaione, quindi rintracciamo un sentierino che attraversa il dosso al centro del vant, dopo questo (sempre segnalato) optiamo per un simpatico percorso che segue dalla sorgente il bel corso roccioso del Rù di Caleda. Con qualche attenzione arriviamo sull’asfalto al tornante in versante agordino un centinaio di metri più in basso e a un km mezzo dal Duran.

Settembre 2013, Ermanno, Federico e Lorenzo.

Cima Grande di Lavaredo (2999m), alpinismo fai da te sulla normale

Della Piccola e della Ovest ho già malamente pubblicato qualcosa anche se il primo oggetto del desiderio è stata naturalmente la salita della più alta che per un solo metro (forse con la Croce ci arriva) non raggiunge i 3000 metri. Il solito Paul Grohmann accompagnato dalle guide Innerkofler Salcher si aggiudicò la prima assoluta già nel 1869 per la via poi diventata la normale. Ora le cose sono cambiate e la strada a pedaggio, anche se onerosa, dal lago di Misurina porta comodamente al rifugio Auronzo (2330m), in pratica fino all’attacco delle pareti Sud. Criticata dai puristi e osannata dai villeggianti alla fine è usata da tutti. Da un bel po’ di tempo non ci vado, ormai guarito per motivi anagrafici dalla peste arrampicatoria. Una volta sola ho pure pernottato in rifugio, purtroppo inutilmente, il mattino seguente pioveva a dirotto. Per questa gita d’antan (si parla dell’87) invece il tempo è stato bellissimo. L’altro capocordata di nome fa Amorino che abbreviato diventa il mio nome. Due parole sui due sconsiderati compagni, uno si chiamava Gigi detto il mestri per la sua professione, da qualche anno ormai passato nel mondo dei più, che da appassionato escursionista ambiva alla vetta. Coinvolgo nell’impresa anche Adriano, per motivi ignoti da sempre chiamato Bubine che fornisce anche l’auto, l’unico collegamento con la montagna era sua mamma nativa di Timau. Il quinto protagonista è mia moglie, oltre a fungere da pilota di riserva in caso di inconvenienti andrà a cercare soccorso in caso di inconvenienti. Dal rifugio ci incamminiamo sul sentiero che porta al Locatelli dove non si soffre certo la solitudine, arrivati sotto la Grande una traccia di sentiero sale all’attacco nei pressi della forcella con la Piccola. Spetta ai due esperti (poco) il compito di spiegare in 5 minuti tutte le manovre di assicurazione prima di partire. La via ha un dislivello di 450m con difficoltà che arrivano fino al III, segnalata con bollini rossi ha anche le soste attrezzate. Per un po’ le cose vanno abbastanza bene fino a un camino dove Adriano, l’unico senza casco, si prende un sasso in testa con copioso sanguinamento. Non è un danno irreparabile, gli cedo il mio provvedendo alla sicurezza con un berretto di lana. Ci mettiamo un’infinità ma alla fine la meta viene raggiunta, purtroppo le facce dei due novizi non sono molto allegre alla vista dei precipizi che ci circondano. Bisogna ripartire calando l’amico infortunato, il problema è il maestro che non si fida della cavezza per le calate e cerca di arrampicare in discesa procurandosi varie sbucciature a gomiti e ginocchia. Cala anche la nebbia.  Al termine della Via Crucis manca un’ultima doppia che naturalmente rimane incastrata, a forza di tira e molla viene, quando mettiamo i piedi sulla stradina è ormai il crepuscolo. La mia compagna in ansia stava per allarmare il soccorso, la tranquillizziamo. Arriviamo a casa alle ore piccole.

Per la relazione: la Guida del Berti (CAI-TCI) Dol. Orientali, Buscaini le 100 più Belle (Zanichelli)

 

2° Campanile di Popera (2657m), la normale dal rifugio Berti

luglio 19, 2017 5 commenti

Prima di tutto un ringraziamento ai lettori, qualche giorno fa il sito ha superato le 300.000 visite che per un dilettante come rappresentano un traguardo considerevole. Dal rifugio dedicato ad Antonio Berti, romantico cantore delle Dolomiti di Sesto e autore della guida grigia della zona, ero già passato agli inizi della mia poco luminosa carriera in occasione dell’anello delle ferrate. Partendo come in questo articolo dal Rifugio Lunelli (1568m) raggiungibile in auto dai Bagni di Valgrande in val Comelico con una rotabile dove si parcheggia. Da qui un comodo sentiero con segn. 101 s alza a supera sulla sinistra una barra rocciosa con cascatelle ed esce quindi al vallon Popera, un bell’anfiteatro fra le crode dove si annida il frequentato edificio (1958m), a S lo sfondo comprende anche le aguzze guglie dei campanili fra i quali svetta per eleganza e quota l’oggetto dell’articolo. La relazione oltre che nel volume “Dol. Orientali parte II” citato sopra è inserito anche nella guida di Buscaini-Metzeltin  “Dolomiti, il grande libro delle vie Normali”. Per l’attacco si seguono dapprima i segni della via ferrata Roghel che si abbandonano per salire i ghiaioni che scendono dalla cresta.  Vista da vicino la guglia fa una certa impressione, ci bardiamo di tutto punto per affrontare la parete d’accesso alla forcella dei Campanili assicurandoci alle soste di calata. La forcella è una sottile cresta che si segue verso sin. anche per cenge sotto il 3° campanile e complicazioni varie fino a sotto la vetta che si raggiunge arrampicando in parete Sud con difficoltà di II e III su roccia nel complesso buona. Il tempo non aiuta, il cielo resta nuvoloso e solo al pomeriggio tende a migliorare. La discesa nei tratti più ripidi si fa tutta a corda doppia. La via è stata aperta nei primi decenni del secolo scorso dai pionieri dell’alpinismo dolomitico italiani e tedeschi.  Gli orari: partendo alle 5 da Udine alle 8.45 cominciamo a salire arrivando in cima alle 12.30 e al parcheggio verso le quattro P.M. Due le cordate, io con Paolo e Sandrone con Sandro M. La frequentazione è scarsa, troppo facile per i Top Climbers e irraggiungibile ai comuni escursionisti.

 

Cima NE di Marcoira (2422m) dal Passo Tre Croci

Per questo giro (e parecchi altri ultimamente) profittiamo della meritevole guida “111 cime attorno a Cortina” dei presumo indigeni Caldini-Ciri-Majoni che propongono oltre a mete più di moda parecchie cime secondarie ma non per questo meno interessanti specie per noi villici provenienti dagli italici confini orientali.  Il passo  Tre Croci 1809m,  fra Misurina e Cortina è il punto di partenza abbastanza elevato di questo itinerario, arrivarci non è la strada dell’orto, Sappada e poi la Valle dell’Ansiei, prima di Misurina si svolta a sinistra e in breve lo si raggiunge parcheggiando ai bordi della statale. Non senza qualche difficoltà che il posto, fra il gruppo del Cristallo a N e il Sorapis a S è parecchio trafficato. Seguendo le indicazioni percorriamo una strada bianca poi sentiero con segnavia 213 fino a un bivio dove prendiamo a sinistra fino a sotto un canale ghiaioso gradinato con delle assi di legno che fuoriesce alla forcella Marcoira 2307m. Qui si tralascia il sentiero segnalato iniziando a traversare per tracce sempre più scarse verso Est. Qui non c’è più nessuno, per verdi e detriti passiamo prima a mezzacosta sotto la Cima Ovest più arcigna finendo ad affacciarci alla forcella fra le due.  Si continua poi sullo stesso tipo di terreno dove fanno la comparsa le stelle alpine, sono di dimensioni piuttosto piccole ma fanno sempre piacere. Ora si sale più ripidamente fino a meritare la simpatica cimetta, la croce di legno è ricavata presumibilmente da resti bellici. Sostiamo  in solitudine poi riprendiamo il cammino, il prato visto dall’alto appare più impiccato ma ce la facciamo senza ruzzolare a valle. Però non ci caliamo dalla forcella ma continuiamo a traversare verso O in ambiente simpaticamente roccioso incontrando anche un tratto attrezzato con cavi metallici fuoriuscendo  alla forcella Ciadin (segn. 223, 2378m) che scavalchiamo tornando sul versante del passo. Incontriamo un paio di escursioniste teutoniche, anche loro della terza età, una delle due passando sotto un tetto da una bella zuccata, la prognosi non è comunque infausta. Passiamo prima sotto le Cime del Laudo e continuando riagguantiamo il percorso fatto in salita. In questa parte l’apparecchio fotografico dà misteriosamente forfait  e mancano le prove. Con Sandro e Saro nel Luglio 2015, senza fretta in circa sei ore.

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Pala del Belia (2295m), via Penasa-Lise, III-IV, in ricordo di un amico

Andare ad arrampicare in giornata nel sottogruppo della Moiazza, fra ore di guida, avvicinamento e salita è una discreta sfaticata, viene comunque scelta per svariare l’uscita finale del corso di Alpinismo dalle solite Carniche e Giulie. Il passo Duran, 1601m, quindi abbastanza in alto, fra le valli di Zoldo e Cordevole è il punto di partenza . Dal passo verso NO l’appoggio è il rifugio Carestiato (1834m) raggiungibile in meno di un’ora con un comodo sentiero. Il ricovero è sovrastato dalle propaggini minori della Moiazza, le loro pareti offrono un buon numero di scalate di media difficoltà che si prestano alla bisogna. I capicordata più forti si aggiudicano le vie più dure (ma più brevi) sulle torri minori, resta da coprire la Pala del Belia, una piramide proprio sopra al rifugio. La via Penasa-Lise in parete Sud, 400m di III e IV, viene affidata ai tre rimanenti, impersonati da Nevio, Sandro e il sottoscritto. Abbiamo un solo allievo a testa al posto della solita coppia, per fortuna oggi non c’è carenza di istruttori. Si attacca in un diedro, poi ci si alza per pareti intervallate da verdi cenge, verso l’uscita si sfrutta un lungo camino. La via non è obbligata, trovando quella giusta si trovano le soste attrezzate e qualche chiodo di passaggi. La qualità della roccia è buona, attaccando alle dieci alle tre del pomeriggio  usciamo in vetta. In discesa con un traverso a sinistra ci si collega all’impegnativa ferrata Costantini che riporta direttamente al passo. Il tempo è variabile, dei momenti soleggiati ma anche dei banchi nebbia vaganti. Al parcheggio dobbiamo attendere a lungo l’arrivo dei migliori che devono avere avuto qualche disguido, alla fine ci siamo tutti e riprendiamo la lunga via per la magione, a mezzanotte ci siamo. Un cenno sugli allievi, c’erano due Massimo, uno in seguito è diventato istruttore di scialpinismo, ma voglio qui ricordare il terzo, un simpatico ragazzo di Ragogna, sportivo di bici, camminatore e promettente alpinista.  Poco tempo dopo una normale giornata si coricò per non più risvegliarsi per uno di quei malori inspiegabili che talvolta colpiscono le persone in piena salute. Il suo nome era Luca, quando il destino chiama…

30 Maggio 1993

La guida? Primi passi da capocordata della Sezione del CAI di Mestre.

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Pilastro del Bandiarac (2446m), lo spigolo Sud, D

ottobre 27, 2016 2 commenti

Dagli anni dell’arrampicata rispolvero questa salita fatta nel lontano Ottobre del 94 per ricordare uno dei compagni, Mauro Stafuzza, scomparso l’anno seguente in una tragica scalata nel gruppo del Gran Paradiso. Di norma con le prime nevicate cessava l’attività alpinistica ma in quell’autunno la neve latitava ancora e decidiamo di fare un’ultima puntata in Dolomiti, oltre al compianto dell’esigua compagine e a garanzia del risultato faceva parte anche, e chi se no, il solito Maurino. Forti di ben due relazioni (quelle del Berti e di Buscaini) affrontiamo la lunga trasferta via Cortina e passo Falzarego, da questo scendiamo in val Badia fino alla diramazione a destra che porta in Val Sarè. Che è percorribile per un breve tratto in auto, poi si continua a piedi su una carreggiabile che termina nei pressi della Capanna Alpina (1726m) senza dislivelli particolari ma in un bellissimo ambiente pastorale. Ci fermiamo qualche centinaio di metri prima proprio sotto la nostra cima.  Il Pilastro si trova nel tormentato e complesso versante Sud del  Cunturines , separato da questo a circa metà altezza da un’amabile cengione  ghiaioso e a mughi percorribile senza difficoltà a parte la mancanza di segni, si trova comunque qualche ometto. Il nome locale è Bandiarac che rimane poi il nostro traguardo. La via, esposta a Sud, è quella del pilastro più evidente, aperta  da Cazzaniga e Dell’Oglio nel 1953, le difficoltà sono di III e IV con un passo di V- per un dislivello di 380m di scalata più l’attacco. Per quest’ultimo si rimonta un canalino di ghiaie, roccette e mughi che in ¾ d’ora esce alla base della parete. All’inizio della scalata si sale non senza qualche esitazione in un versante piuttosto largo dove inevitabilmente si sbaglia qualcosa. Proseguendo ci si porta sullo spigolo dove la via è obbligata ma con roccia più solida. Ciascuno vuole fare la sua parte e ci alterniamo al comando lasciando al Maurino l’onere del passo più difficile. Per la puntuale relazione rimando agli autori citati anche se per la verità dopo partiti non è che li abbiamo consultati più di tanto. Con questo clima è un piacere arrampicare e in tre ore arriviamo sul Bandiarac. La cengia ora si segue in discesa verso Ovest, il percorso è spettacolare con vari saliscendi, tratti a soffittati si alternano a canalini, mughi e ghiaie conducono al sentiero segnato  che dalla Capanna Alpina sale al rifugio Fanes. ¾ d’ora per l’attacco e tre ore per la via. Nessun altro in circolazione.

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3-il-pilastro-del-bandiarac-al-sole-del-mattino

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La Cima dei Colli Alti (2542m) un panoramico anello dalla Valle di Braies

settembre 26, 2016 Lascia un commento

Le montagne a Sud della val Pusteria allineate da E a O fra la valle di Braies e il Plan de Corones denominate dei Colli Alti sono piuttosto anomale rispetto alle Dolomiti Orientali di cui fanno parte, i versanti meridionali sono per lo più erbosi mentre quello a Nord è sì roccioso ma sconsigliato agli arrampicatori per la dubbia solidità. Alieni ormai per motivi anagrafici da queste velleità nonchè resi  edotti dalla meritevole guida “111 cime attorno a Cortina” (la guida del Berti liquida il gruppo in poche pagine) decidiamo di farvi una visita, l’obiettivo è la cima omonima che è poi quella più orientale che quota 2542m. Per questa come per altre gite il punto di partenza  è l’albergo sulla riva del lago di Braies. L’avvicinamento è lungo e poco incoraggiante visto che in Carnia il cielo è nuvoloso. Dopo Sappada si scende a Santo Stefano da dove si sale al passo di Monte Croce (Comelico) poi giù a Sesto e per la Pusteria si scende a Dobbiaco e Villabassa. Dopo quest’ultima località si  svolta a sinistra in Val di Braies per parcheggiare sulla riva N del lago, 1493m, che di primo mattino non è ancora affollata dai villeggianti, e siamo a 1493m. Le ecologiche tabelle in legno con i segnavie 10 e 61 ci indirizzano dapprima su una strada bianca che sale fra gli abeti passando da un paio di simpatici masi. Dopo il secondo il viottolo si riduce a sentiero anche abbastanza ripido fra verdi mughi e detriti che esce alla forcella di Braies, 2225m che è delimitata stranamente da un muro a secco di pietra. Da qui si vede la nostra destinazione, a parte la lunghezza non pare ci siano difficoltà. Segnalata con paline la traccia si alza per pendii erbosi e transitando da un’anticima fino alla vetta che è contrassegnata da una notevole Croce, due ore e 40’ in assenza di concorrenti.  Fa piuttosto fresco ma la visuale è a giro d’orizzonte, verso N  sulla valle con suoi paeselli da cartolina incombono le innevate vette delle Alpi Aurine e dei Tauri, in controluce nel versante opposto le Dolomiti. Dopo la doverosa sosta si fa vivo il solito spiritello, per scendere la scelta cade sulla cresta Est, passiamo prima dalla sommità poco accennata del Kaserkopf  e quindi da un ulteriore intaglio dove troviamo minacciose indicazioni che sconsigliano ai malcapitati la ferrata del versante Nord non citata sulla guida e assente pure sulla cartografia. E’ un invito a nozze, anche se non abbiamo in dotazione un minimo cordino ci impegniamo su di essa. La roccia non è malvagia e cavi e attrezzature ci guidano senza troppo impegno in diagonale alla verde forcella con il cimotto detto Prà della Vacca dove riprendiamo il sentiero con i bollini. Meno di sei ore in tutto, con i compagni Gianni, Saro e Sandro. Fine settembre 2014.

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Due dei tre amici ma una sola bottiglia

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