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Archive for giugno 2011

Cima di San Francesco 2254m, la disertata normale dalla Val Senons

Al centro la Cima di S. Francesco il mese seguenteOra che la stradina sterrata che saliva al rifugio Pussa 930 m è interrotta sine die a causa della grande frana scesa dalle Pale di Cione restano precluse tutte le possibilità di approccio alle più belle cime del gruppo Caserine-Cornaget. In attesa di una riapertura, naturalmente dopo attento monitoraggio e conseguente messa in sicurezza, per dirla in politichese, e visti i tempi biblici di esecuzione delle opere pubbliche con i conseguenti costi,  non rimane altro che ricordare qualche salita dei tempi andati, fra queste le più recenti risalgono all’autunno di due anni or sono. Oltre al rifugio già citato, gli unici altri due punti di appoggio sono il bivacco a semibotte Anita  Goitan a 1810 m con un ripidissimo sentiero di accesso e la più agevole casera Senons a 1328 m ristrutturata a bivacco, raggiunta da una stradella forestale (con divieto), testimone di una gloriosa marronata con conseguente discesa al chiaro di luna. Tuttavia i percorsi si possono anche fare in giornata da casa, come d’altronde è sempre stato fatto.

28 Ottobre 2009

Si risale la Valcellina, poi verso Claut e prima di arrivarci (subito dopo il ponte sul torrente Settimana) si prende a sinistra e in 12 km, con bel percorso alternativamente sui due lati del torrente con sulla sin. orografica le lastronate del gruppo in questione e sulla destra le cime del gruppo del Pramaggiore si arriva all’amena radura con sorgenti e ruscelli, con il rifugio oltre il torrente e dove si parcheggia. Senza passare dall’ostello già detto ci si incammina lungo la forestale arrivando in circa un’oretta alla malga Senons. Pace assoluta e completa immersione nei colori autunnali. Continuando ora su sentiero verso Sud ci sono due possibilità, è preferibile quella di destra, comunque entrambe portano in direzione della visibile forcella del Pedole, fra il Caserine Alte e il Chiarescons. Quando il bosco misto diventa a larici e mughi si abbandona anche il sentiero mirando a una forcella fra il caratteristico Corno di Senons e la nostra cima, richiedendo un po’ di esercizi ginnici fra massi mugaie e erbe alte. Fine della vegetazione, ora si deve risalire un micidiale canale di ghiaie poi una rampa con dei facili passi su roccette costeggiante i precipizi rossastri SE del S.Francesco sulla destra arrivando provati alla cresta spartiacque fra la valle di salita e il versante Sud da cui ci si potrebbe calare alla casera Podestine, quindi all’alta Valcellina. Qui si abbandona parecchio peso, ci si veste da alpinisti con imbrago e ammennicoli vari più una mezza corda. La quota è di 2100 metri. Avanti ora a destra su una cengia fino a un canale roccioso che arriva a un intaglio. L’ultimo tratto, una parete piuttosto ripida non ha passaggi obbligati e in breve ci si trova su una meritevole quanto solitaria vetta . La nitida atmosfera autunnale, con i monti più alti già bianchi di neve, permette di spaziare con la vista a giro d’orizzonte e i due anziani alpinisti quasi si commuovono. In discesa, visto che la corda è  finora rimasta inoperosa, fanno anche una breve doppia in un saltino nel canale, e poi si lasciano scivolare agevolmente sull’ora amico ghiaione che tanti sudori era costato all’andata.
Tracce umane zero, secondo grado dai 2100  metri alla cima.

Cima Emilia 2369 m, Spalti di Toro

Dopo più di tre mesi e mezzo di riposo forzato a causa di un lavoretto chirurgico alla spalla l’amico M. decide di riprendere la via dei monti dando allo scrivente la scelta che cade sulla val Settimana, una cima senza difficoltà (a detta del Fradeloni), su per il Ciol de Sass. Da Claut saliamo in valle ignorando subito un divieto di accesso, ma dopo neanche un km dobbiamo ricrederci, la frana esiste veramente da circa un anno, scesa dalle placche di destra. Ridiscendiamo tristemente, urge ripensare qualcosa di alternativo. Sprovvisti come siamo di guide e materiali capisco che mi toccherà ripetere una cima già fatta in passato. Parecchi anni fa in un weekend al seguito del coro degli alpini di Passons in quel di Claut si scalò il sabato il Campanile di Val Montanaia e il giorno seguente dopo i festeggiamenti, Cima Both e in discesa traversammo alla Cima Emilia che ricordavo facile: propongo quindi quest’ultima al compagno che approva con entusiasmo. Ci trasferiamo quindi a Cimolais e da qui in val Cimoliana al parcheggio del rifugio Pordenone. Bisogna ora salire in val Montanaia al bivacco Perugini, o il sentiero con il passare degli anni diventa sempre più ripido o il sottoscritto comincia a invecchiare. Il compare dice che per andare all’attacco del campanile si sta un’ora e mezzo e in un’ora e tre quarti siamo al bivacco. Dal bellissimo anfiteatro di fronte a noi vediamo il sentiero che prosegue verso forcella Montanaia, a sinistra di questa dopo cima Both e la forcella del Campanile ecco la nostra destinazione. Una breve sosta e indi si prosegue sul sentiero di cui sopra che viene tosto abbandonato per traversare alla forcella su ghiaie e qualche labile traccia. Dalla forcella la nostra via traversa su una cengia tutto il versante rivolto al bivacco per aggirare il monte, poi traversa sul lato opposto verso il Cadore, qui dapprima per un canale e poi per roccette alla cima. Ora ci spostiamo verso la cengia superando un paio di gendarmi con dei facili passaggi di arrampicata e vediamo che l’inizio del traverso è ancora innevato. Il primo tratto dà su un ghiaione, quindi non ci sono problemi, ma poi prosegue sotto dei tetti e lo spiovente della neve precipita con un bel salto sui sassi della Val Montanaia. La piccozza ci sarebbe molto utile, comunque proseguiamo sulle uova piantando le mani al suo posto e ove possibile cercando qualche appiglio sul tetto sovrastante, al termine di questo ci spostiamo sulle paretine sopra la neve. Il tratto seguente, sgombro di neve, non ci crea più problemi. Al cambio di versante il canale, che ricordavo ghiaioso, è oggi una specie di  ripida goulotte innevata chiusa alla fine  da un masso incastrato. La saliamo all’inizio con i piedi al freddo e le mani sulle  roccette e poi usciamo a destra arrampicando sul friabile. Dopo il sasso un ometto di sassi ci conferma  che siamo nel giusto, ancora una trentina di metri che la guida descrive come passaggio più difficile, in realtà oggi viene da noi salito in scioltezza su un pilastrino di dolomia piuttosto solido. In cima il compare estrae il solito mezzo di rosso ma mi rifiuto di brindare rimandando i festeggiamenti a quando rimetterò piede sulle morbide ghiaie. Ripercorriamo le nostre orme e quando incomincia a piovigginare siamo fuori dai pericoli. Al bivacco, aspettando che spiova, liquidiamo i conti in sospeso con il mezzo litro di rosso del M. e quando entriamo al rifugio il sole risplende di nuovo.

22 Maggio 2011- Via Danelon-Boz-Scaramuzza – I-II

Piccole Dolomiti

giugno 5, 2011 2 commenti

Per noi villici abitanti dell’estremo nordest della penisola la trasferta per visitare questi monti non è breve nè sbrigativa. Per arrivarci in autostrada via Mestre-Vicenza-Valdastico si arriva presso Schio, con le intasate statali Pontebbana-Asolana, più breve, in pratica non ci si arriva più. Sull’altro piatto della bilancia poniamo la scoperta di un posto sconosciuto ricco di guglie pareti spigoli altopiani sentieri vaj rifugi. Di tutte le prealpi venete questo è il gruppo che offre di più sia dal punto di vista escursionistico che alpinistico e in quasi tutte le stagioni. D’altra parte per gli innamorati della montagna non esistono cime che non diano una qualche soddisfazione.

P.sso Campogrosso, Rif. Giuriolo e il gruppo del Carega

Il Carega in veste primaverileLa Guglia GEI 1765 m – Via Menato-Pomato con uscita diretta III+, 1 pass. V- sottogruppo del Fumante, 120 m

Da Valli del Pasubio saliamo al Passo del Pian delle Fugazze a 1160 m e da qui traversiamo per la strada del Re (6 km) al passo di Campogrosso cui si doveva salire da Recoaro ma troviamo la strada interrotta, come pure il collegamento a N. La giornata non è partita bene, abbiamo perso tre compagni in Friuli per un guasto meccanico all’auto, ora questa lunga scarpinata. La giornata primaverile è piuttosto fresca ma il sole allieta l’avvicinamento. C’è ancora parecchia neve in giro (siamo a N) e il terzetto superstite sale seguendo i segni e sprofondando abbondantemente alla sella del Rotolon e indi alla base della nostra meta che subitamente scompare nella nebbia. Sono contento di avere ai piedi gli scarponi, i miei compagni con le pedule si godono l’umidità. Largo ai giovani, oggi faccio da secondo. Si parte su una placca (il bagnato non favorisce l’aderenza), non capiamo bene se la roccia sia solida o fraida, comunque dopo il primo tiro procediamo alacremente, ricordo un bel camino. Nel frattempo la nebbia si modifica in nere nuvole minacciose. Siamo sotto lo strapiombo della variante di quinto, l’alternativa è un traverso più facile, e per la visibilità ridotta a pochi metri saliamo dritti sbucando in cima. Bisogna scendere alla svelta. Non conoscendo la via normale, anche se è abbastanza facile (II)  preferiamo calarci a corde doppie lungo la via di salita. Quando arriviamo su terreno più o meno orizzontale incomincia a piovere, la prendiamo con rassegnazione. Qui mi sovviene la sentenza fattaci dal mio istruttore: se non volete bagnarvi non andate in montagna!!

Verso la Guglia GEI mentre scompare tra le nuvole

Primo tiro sulla GEIIl Fumante

A SE del gruppo del Carega, dalla forcella del Fumante appunto si eleva questo piccolo sottogruppo molto frastagliato (di cui fa parte anche la cima di cui sopra) molto pittoresco per i numerosi torrioni e gendarmi che lo compongono, il luogo nonostante le vicissitudini passate era apparso meritevole e un mese dopo si decide una nuova visita ma con mire più escursionistiche. Si riparte in quattro (due dei quali parte dell’equipaggio dell’auto costretta al pit-stop) e si sale al passo di Campogrosso 1452 m, poco dopo il rifugio Giuriolo. Nel frattempo è scoppiata la primavera, i prati sono una distesa di crochi e la neve resiste solo nei canali a N. Pestandone un pò ricalchiamo il percorso verso la Guglia Gei,  poi si continua a salire su sentiero segnato a una forcella e con una breve ma interessante digressione a sinistra e per facili roccette scaliamo l’ardita Punta Lovaraste 1942 a picco sulla valle dell’Agno, con una spendida vista sulle colline, la pianura e monti vicini e lontani.Torniamo sui nostri passi a riprendere il sentiero che conduce facilmente sulla Cima Centrale 1983m, culmine del gruppo. Il 50% della compagnia si sente soddisfatto della gita e dichiara “vonde par vuè!” Ia coppia rimanente decide altrimenti. Abbiamo con noi i soliti 20 m di cordino e nei pressi si vede una moltitudine di torri e campanili e, guida alla mano, il più attraente porta il nome di Castello degli Angeli 1973 m, con una normale di primo grado superiore. La troviamo ma la qualità della roccia non è per niente celeste, anzi decisamente friabile, saliamo cautamente per una cengia canalini e caminetti (in un tratto adoperiamo pure la cavezza, smentendo i calunniatori che ci accusano di portarla solo per zavorrare lo zaino) arrivando con soddisfazione in cima. Nel frattempo le solite nuvole pomeridiane ci circondano ma oggi non prendiamo una goccia d’acqua, anzi rispunta il sole. Ridiscesi al passo e a valle il resto del pomeriggio cerchiamo invano una trattoria dove degustare il baccalà alla vicentina, vero motivo della gita, ripiegando infine sulla bisata in umido a Bugnins di Camino al Tagliamento.

Vista su Schio e le colline

Primavera al passo di CampogrossoIl Sengio Alto, Baffelan via Vicenza-Verona, III-IV

Fra il Pian delle Fugazze e la sella di Campogrosso si eleva questa cresta con andamento Nord-Sud che presenta solo qualche breve diramazione  poco importante verso il primo passo suddetto. Se a Ovest, che dà sulla Vallarsa e il Trentino, presenta un versante boscoso e a mughi con dirupi poco interessante, è nel lato opposto che offre le più belle pareti di tutte le Piccole Dolomiti con delle viste impressionanti dai paesi sottostanti. Sulla Sisilla, il Baffelan, gli Apostoli e il Cornetto si sono cimentati i più forti alpinisti veneti, fra cui Soldà e Casarotto. Arriviamo alle Fugazze ai primi di novembre per trascorrere un paio di giorni alpinistici muniti  di qualche genere di conforto per rallegrare l’unico pernottamento, purtroppo siamo in numero dispari, quindi ci toccherà fare una cordata di tre. Prenotato l’alloggio partiamo subito verso il Baffelan , il più famoso scoglio roccioso di tutto il gruppo che con le sue belle pareti offre vie di salita di ogni difficoltà. La nostra scelta cade su un collage fra il primo tratto della via Vicenza uscendo poi per la via Verona: le difficoltà sono di III e IV grado, la lunghezza di circa 200m. Ci incamminiamo sulla strada del Re, rotabile con divieto alla base delle pareti. L’attacco si trova oltre una briglia di un canalone che si supera con l’aiuto di una catena. Il pallido sole autunnale non riesce a riscaldare il gelido versante nord su cui saliamo e in breve ho i piedi semicongelati anche per merito delle strette scarpette e la collaborazione di un paio di sottilissimi calzini di cotone. L’arrampicata è molto varia e su dolomia piuttosto solida, fra paretine camini e fessure, un diedro entusiasmante e in due ore e mezza siamo in vetta: le nuvole alte oltre ai monti circostanti ci permettono di spaziare fino alle alpi centrali. La discesa ha un breve tratto di primo poi si incrocia il sentiero di arroccamento, una  opera bellica della prima guerra notevole, scavata nella roccia, con tratti in galleria e che attraversa, in versante E tenendosi defilata dal tiro nemico, tutto in gruppo. Scendiamo per il detto sentiero verso Sud fino al rifugio Giuriolo al passo di Campogrosso.

Il Baffelan da SO

La Strada del Re dal BaffelanSecondo Giorno: Il Primo Apostolo 1738 m, spigolo E, via Faccio-Smichelotto, 130m, IV un pass. V

Dopo i bagordi della sera precedente, il menù per oggi prevede questa breve ma più tosta salita. Dopo il Baffelan, la cresta seguita verso N si rialza con i tre Apostoli che in versante est hanno delle belle pareti: anche oggi seguiamo la strada del Re e per dirupi varii arriviamo alla base dello spigolo, visto dal basso il nostro Apostolo preferito è un obelisco impressionante. Memore dei patimenti del giorno prima calzo i pedalini di lana a protezione delle mie preziose estremità. La salita è subito impegnativa e lo strapiombo pur se con un paio di chiodi è tosto mentre la facile crestina finale si rivela molto fotogenica. Scendiamo come il giorno precedente al sentiero di arroccamento, qui il gruppo si divide, i due più forti se ne vanno all’ impegnativa parete S della Sisilla (dove peraltro riusciranno a alzarsi solo di qualche metro), i tre scalzacani rimasti imboccano il sentiero in direzione opposta e con percorso strepitoso si meritano anche la cima del Cornetto, la più alta del gruppo; non ancora paghi, prima del Pian delle Fugazze, si infilano nel vaio Stretto, un sentiero attrezzato che con percorso quasi speleologico in uno stretto budello li riporta finalmente alla strada.

Per le relazioni: ed. CAI-TCI – Piccole Dolomiti e Pasubio di G. Pieropan

Il Primo Apostolo

Il passaggio chiave dell

Molta aria sulla crestina finale dell

Sul sentiero di arroccamento

Galleria sul sentiero di arroccamento

In cima al Cornetto con il Baffelan in secondo piano

Cornetto, disc., sotto il monumento ai caduti della grande guerra

Discesa nel vaio Stretto