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Archive for gennaio 2017

Pal Grande (1809m) con la buona e la cattiva sorte

La prima volta, 2 Febbraio 1992

Il passo di Monte Croce Carnico è il limite occidentale della cresta carnica E di confine, ora come nella grande guerra, fra l’Austria e l’Italia, tutte le montagne conservano ancora numerosi resti di trincee, mulattiere e sentieri che costituiscono ancora oggi il migliore approccio per le salite. Le cime più accessibili e vicine sono le un po’ tozze propaggini a O della Creta di Timau, il Pal Piccolo (nonostante il nome la più elevata), il Freikofel e il Pal Grande che costituisce poi l’oggetto di questa gita. Segue dopo un salto di un duecento metri la più alta Creta di Timau, dalla quale prende nome il sottogruppo montuoso. Il pretesto è offerto dalla recente, all’epoca, ristrutturazione a bivacco della Casera Pal Grande di sopra a cura della sottosezione di Codroipo (SAF di Udine). Al terzetto di compaesani, amici dai tempi del asilo, si aggiunge il solito Mauro che stavolta è accompagnato dal meno impetuoso fratello minore. Da Tolmezzo risaliamo la statale per il passo, dopo Timau e superato il bivio per i laghetti sulla destra si diparte a destra la nostra mulattiera (circa 900m), segn. 410 e 402a. Che passa dal ricovero Pal Grande di Sotto nei pressi una cappella dedicata ai caduti, fino ad uscire al pianoro della casera. Prima il dovere, saliamo senza difficoltà per verdi in parte innevati alla sommità che offre belle visioni sulla Carinzia e i suoi monti e d’infilata sul gruppo del Coglians. Ridiscesi alla casera vediamo cosa offre, per la gran parte serrata rimane accessibile solo il locale invernale è sprovvisto di stoviglie ma non ci perdiamo d’animo per questo, la vaschetta laterale dell’acqua si presta alla cottura degli spaghetti, ne esce un blocco a forma di parallelepipedo che con un po’ di buona volontà è commestibile, per le bevande ci siamo premuniti e dagli zaini escono parecchie bottiglie. Per evitare carichi inutili consumiamo il tutto. Poi ci stendiamo a digerire al tiepido sole del pomeriggio sul tetto della stalla. Il rientro avviene per lo stesso itinerario abbastanza tranquillamente nonostante le libagioni.

1-un-casale-ben-conservato

2-ponticello-su-un-rigagnolo

3-cappella-alla-casera-di-sotto

4-la-legna-che-portiamo-al-ricovero

5-risalita-del-vallone

6-in-vista-della-casera

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8-prima-il-dovere-eccoci-sul-pal-grande

9-i-cuochi-improvvisat-sorvegliano-la-cottura

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La gelida ripetizione del 4 Febbraio 2016

Freddo e vento sono il benvenuto della montagna in questa ulteriore visita con i soliti pensionati, ripetiamo l’itinerario precedente, il ravanatore è purtroppo sofferente per una nevralgia al volto ed è tentato di abbandonare la compagnia. Alla fine resiste in parte per dignità e anche per l’ambiente fascinoso, gli arbusti sono corazzati dal ghiaccio e la limpida atmosfera consente di apprezzare appieno il paesaggio invernale. Anche se non si vede l’ora di tornare al calduccio di qualche osteria.

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900 metri il dislivello, tutto su mulattiere e sentieri segnalati fino alla casera, in cima si sale ovunque seguendo le proprie inclinazioni.

 

 

Ciglione Rosso (Rudeci Rob), un giro in val Lusnizza

il-ciglione-rosso

Come tutti i principianti all’inizio della carriera ho visitato le cime più rinomate tipo Coglians e Montasio poi l’inclinazione mi ha portato verso mete meno affollate, questa è una delle tante. Dalla strada in sinistra Isonzo fra Caporetto e Tolmino una stretta rotabile comunque asfaltata arriva fino a poco sopra il borgo di Krn, 865m, simpatico paesello che ha lo stesso nome della montagna che lo sovrasta e che nel italico linguaggio è stato tradotto abbastanza approssimativamente in Monte Nero. Da qui si diparte il più sbrigativo approccio alla frequentatissima cima maggiore già visitata in varie stagioni che non è l’obiettivo odierno. In una delle gite eravamo scesi a SE passando prima dalla Batognica (Monte Rosso) per la pensile Val Lusnizza e il suo laghetto mentre un’ulteriore salita per lo stesso itinerario non era andata a buon fine a causa del maltempo. Era quindi giunta l’ora di rimediare a queste carenze. Traversiamo l’altopiano toccando delle malghe seguendo il sentiero segnalato che in ultimo si alza sulla destra del canale uscendo in un piccolo circo fra le creste innevate. Saliamo a Est fino a una evidente selletta, proseguendo in cresta verso destra si giunge sulla cima del Rudeci Rob (Ciglione Rosso, 1916m), il toponimo è dovuto alla colorazione delle rocce. Il panorama, grazie alla nitidezza invernale è veramente fantastico e arriva fino al mare. Tutto qui? Non sia mai, tornati dalla sella proseguiamo verso la cresta che limita a NE il vallone toccando in sequenza anche le sommità del Maselnik (1906m) e dello Skofic 2013m da dove la vista è ancora più ampia specie verso le Giulie Orientali. Dopo lunghe meditazioni per non rifare la pur facile cresta adocchiamo un pendio di neve abbastanza ripido, non senza qualche esitazione ci caliamo per esso, alla fine risulta la scelta migliore e senz’altro più sbrigativa. Giunti nella vallecola seguendo le nostre orme torniamo al parcheggio senza ulteriori difficoltà mentre le cime si arrossano alle luci del tramonto. Non resta che cercare un luogo di ristoro, impresa non difficile visto che tutte le trattorie fanno orario continuato. Fine Dicembre 2003, Eliana, Gigi, Andrea e Claudio.

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2-verso-la-soglia-del-val-lusnizza

3-val-lusnizza

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7-giulie-orientali-in-evidenza-il-tricorno

8-la-cresta-del-maselnik

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Creta Grauzaria (2065m), estate e inverno sulla via normale

gennaio 24, 2017 3 commenti

Sernio-Grauzaria e Zuc dal Boor sono i gruppi rocciosi più meridionali delle Alpi Carniche e la Val Aupa che da Moggio sale fino a forcella Cereschiatis è il migliore approccio. Malfamati per la friabilità della roccia (ma non è sempre così) sono stati il teatro delle mie prime imprese, sul Sernio ero già stato con mia moglie. Ora voglio ricordare le due prime salite alla più complessa Creta Grauzaria. Dal capoluogo si percorre la valle per una decina di km fino a Bevorchians dove si prende a sin. (tabelle) una rotabile che si alza fino a uno spiazzo dove si parcheggia a circa 700m. Qui ha inizio il piacevole  sentiero 437 che sale nel pineto passando da una sorgente fino ai resti e alla radura, invasa dalle ortiche, della diruta casera Flop. Segue un tratto nel bosco di faggi dopo di che si riesce in terreno più aperto fra la bassa vegetazione dove prevalgono i mughi. A sinistra incombono le verticali pareti della Grauzaria e si avvista anche il rifugio, guadato il ruscello si esce sul piazzale dell’edificio, un’ora e mezza.

Al rifugio (1250m) e al Foran da la Gjaline (1560 m)

Ci sono voluti alcuni anni di apprendistato prima di mirare alla vetta, ricordo una spedizione di un giorno e mezzo con alcuni amici e i rispettivi figli, compresa una bisbetica cagnetta i partecipanti saranno stati una decina, ora il rifugio è stato ampliato ed è gestito in stagione, ai tempi ci si arrangiava, l’acqua era fornita da una fontana all’esterno. Il mattino seguente arriva il CAI di Moggio a bruciare le coperte, mi era parso che fossero troppo morbide… La mattinata è per altro splendida, dopo aver assistito al levare del sole ci alziamo fra i fiori fino alla forcella Foràn de la Gjaline 1503 da dove ci affaccia al Sernio. In una successiva visita in abbigliamento cittadino troviamo un po’ di neve ma la giornata è piuttosto uggiosa, nonostante i piedi bagnati non subiamo conseguenze.

1-notturno-al-rifugio

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3-le-pareti-al-mattino

4-la-spa-del-rifugio

5-il-rifugio

6-al-foran-da-la-gjaline

7-il-sernio-dal-foran

8-sosta-alla-sorgente-al-ritorno

9-al-parcheggio-si-consumano-gli-ultimi-viveri

10-al-rifugio-con-la-neve-notare-labbigliamento-tecnico

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Un infausto tentativo e finalmente il successo

Una targa poco a valle del rifugio ricorda una signora triestina perita nel tentativo di guadare il rio sottostante, ebbene in quel giorno stavamo salendo al rifugio con l’obiettivo della cima principale quando si è messo a diluviare, in pochi minuti il sentiero è diventato un torrente e siamo riusciti a battere in ritirata imboscandoci poi nella baita di Diego a Monte Prat. Ai primi di Giugno del 83 ritorniamo, dal rifugio si ridiscende a guadare il ruscello, il sentiero sale ripido sul lato opposto a rimontare il canalone detritico roccioso del Portonat, la sella (1860m, segn. 444) fra la Grauzaria e la Cima dei Gjai. Si scala a sin. una serie di fessure (è il passaggio più impegnativo, II) per proseguire poi seguendo i bolli rossi della cresta O per cenge, saltini rocciosi e tracce fino all’affilata crestina della vetta. Dove si trova una Madonnina in pietra, uno dei  più gradevoli simboli di vetta dei nostri monti. Quattro ore per i 1300m di dislivello ci stanno tutte, discesa lungo lo stesso percorso.

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La nebbiosa invernale del 3 Gennaio 1988

Qualche giorno prima avevo conosciuto casualmente sulla vetta del Plauris l’entusiasta Nino Lucardi da Montenars, visto che la salita era andata bene decidiamo per la più ambiziosa vetta della Grauzaria. Sole in pianura e, contrariamente alle aspettative, nebbia in val Aupa. Già neve dura salendo al rifugio tanto che il terzo partecipante decide di fermarsi qui. Saliamo velocemente con piccozza e ramponi il canalone del Portonat in un entusiasmante ambiente glaciale, sul primo passaggio l’amico si toglie i ramponi ma io li tengo fino in cima. Con la fortuna degli sprovveduti utilizziamo le tracce di alpinisti saliti in vetta a capodanno (oggi è il tre), l’immagine della Vergine ha la criniera di ghiaccio… Questa è una delle più belle invernali del mio palmarès. L’estate seguente il compagno perde la vita su uno dei tremila dell’Alto Adige… Mandi Nino.

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Dovska Baba (o Frauenkogel, 1892m) una ciaspolata al 50%

gennaio 11, 2017 2 commenti

Nel precedente post (cancellato) ho impulsivamente espresso dei giudizi su recenti avvenimenti, se ho offeso qualcuno mi dispiace e chiedo scusa, non ho nessun titolo per sentenziare.

Curiosando fra i programmi delle gite con le ciaspole delle varie associazioni e in mancanza di idee e voglia di audaci imprese plagiamo questa cima che si trova nelle Caravanche, la catena al confine fra Austria e Slovenia a Est del più importante Mittagskofel-Kepa. Da Tarvisio si supera il valico di Fusine per scendere poi la valle della Sava fino a Dovje/Mojstrana all’imbocco della Vrata, l’amata valle del Tricorno, la seconda località a monte della statale è il punto di partenza dell’itinerario, 703m. Si inizia a oriente del paesello percorrendo una forestale che si abbandona poco dopo (la ritroveremo più in alto) alzandosi lungo una battutissima traccia nel bosco reso magico dalla galaverna. Mentre la nebbia indugia sulle valli in alto troviamo un sole pallido che non arriva a mitigare il gelo, traversiamo ancora una volta la strada prima di mettere piede sulla facile dorsale SO che porta in cima. Come isole emergono dalle nuvole le alte vette delle Giulie nel continuo viavai degli escursionisti al quale non siamo per la verità abituati in pieno inverno. Ci abbassiamo allora a un cocuzzolo non troppo distante privilegiato da un simbolo di vetta stando su una cresta in direzione SO, è il momento di usare le racchette e per una volta sghignazzo a vedere il Maurino che arranca non avendole in possesso, la sommità ha un ancona dedicata a S. Isidoro e non ha traccia di precedenti visitatori, dovrebbe comunque trattarsi del Hruski Vrh 1777m. Poi soddisfatti traversiamo faticosamente il pendio fino a riprendere il percorso di salita. Gita abbastanza faticosa (1200m il dislivello con la neve non sono pochi) ma facile e appagante. Quasi sette ore soste comprese, gennaio 2010.

1-una-baita-nel-bosco

2-il-partner

3-galaverna

4-ambiente-glaciale

5-la-pista-e-battuta

6-il-rifugio-e-la-cima

7-la-dorsale-so

8-quasi-in-meta

9-in-vetta-non-si-soffre-la-solitudine

10-la-cresta-delle-caravanche

11-il-mittagskogel-o-kepa-in-sloveno

12-dalla-nebbiosa-valle-emergono-le-giulie-orientali

13-la-cima-dalla-cresta-per-s-isidoro

14-licona-recintata

15-tornando-a-valle

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Monte Dassa da Casasola, un anello a E del Raut

Assenza o quasi di neve e bello stabile sono le caratteristiche di questo inverno che fa quasi rimpiangere una sana perturbazione. Vado allora a rievocare questa salita, la prima del 2012 addì 4 Gennaio. La colossale muraglia del Raut-Resettum si affaccia sulla pianura del pordenonese fra il Meduna e il Cellina, già salite le cime principali ora tocca passare ai dettagli che sono poi i rilievi più orientali. Da Meduno saliamo verso la val Tramontina, al bivio segnalato si svolta a sinistra in direzione di Frisanco e Poffabro, dopo Navarons  con un’ulteriore svolta a destra si arriva al paesino di Casasola, alla fine dell’abitato si trova il nostro punto di partenza, 430m, qui ha inizio il sentiero 973 che sale verso le creste. Il clima non è molto invitante con la caligine che vela il paesaggio ma bisogna essere ottimisti. Non stiamo molto sul solco segnalato, da un’ancona poco più in alto ci inoltriamo nell’ignoto verso destra seguendo una esile traccia. Che conduce al Rugo dei Martellins, un canalazzo in gran parte roccioso che bisogna rimontare stando sul suo margine destro. La parvenza di sentiero sale alquanto ripidamente, è abbastanza riconoscibile anche perché non ci sono alternative. In alto ne usciamo verso Ovest, nella faggeta la pista scompare e non resta che alzarsi alla cieca verso la cresta, a Sud i precipizi e a N la faggeta, in compenso fa la sua comparsa la neve a complicare le cose. Guadagniamo la dorsale alberata lasciando il monte Rossa (nostra meta primaria, in cima c’è anche un’antenna) poco  più in basso a Est. Proseguiamo invece dall’opposto punto cardinale, solo un risalto roccioso verticale deve essere aggirato in versante Nord, quando ritorniamo sulla cresta facciamo la pausa pranzo allietati dall’ambiente ovattato che crea la galaverna. Poi proseguiamo a oltranza e superata la cima del Dassa (1309m) i luoghi sono più riconoscibili e alla sella del Moltrin, di poco meno elevata, riagguantiamo il segnavia 973. Seguendo i segni ci caliamo con innumerevoli svolte nel rugo omonimo (intanto la nebbia si è parzialmente diradata) che  riporta al punto di partenza. Cinque ore in totale.  Cosa dire, nonostante le quote basse l’ambiente è assai selvatico e bisogna sapersi un poco destreggiare con la solita logica alpinistica. Con Gigi, Sandro, Saro e Oscar (tutti pensionati). La gita ha un seguito culturale, omaggiata la lapide a Novella Cantarutti , scrittrice di Casasola, a Navarons visitiamo il museo dedicato al risorgimentale Antonio Andreuzzi, medico e patriota.

1-casasola

2-sentiero-segnato-allinizio

3-alla-cappella-si-devia-a-destra

4-cengia-sulla-sin-del-rugo

5-per-tracce-sempre-piu-esili

6-bellambiente-rupestre

7-sorrisi-a-denti-stretti-allarrivo-in-cresta

8-sulla-dorsale-sincontra-la-neve

12-un-risalto-roccioso-si-evita-sulla-destra

9-ghiaccio-sui-rami

10-perseguitati-dalla-nebbia

11-la-quota-piu-alta-e-il-dassa

13-alla-sella-del-moltrin-si-incrocia-il-sentiero-segnato14-come-appaiono-le-creste-dalla-discesa

15-arbusti-congelati

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