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Monte Sernio per lo spigolo NNO, un’antica salita

Maggio 13, 2017 4 commenti

Il meteo (e gli anni) non danno tregua in questo Maggio piovoso, non resta che sfogliare l’album dei ricordi… Con due abituali compagni del tempo, Gigi Cecutti (el mestri) scomparso da tempo e il Bepi Candoni si decide per questa gita facilitata dall’allora fresca segnaletica dell’alta via d’Incaroio. Da Tolmezzo  si prosegue sulla statale risalendo la Valle del But, dopo Imponzo si svolta a destra in direzione di Paularo fino al bivio con la stretta asfaltata che porta alla borgata di Lovea. Oltre questa si può ancora andare avanti fino agli stavoli Ciampees, 800m dove si lascia l’auto. Qui inizia il nostro sent. 416 che sale nel bosco fino all’accogliente ricovero Monte Sernio, acqua, 1419m. Verso N il sentiero si alza fino a una sella sulla mugosa cresta delle Crete  di Mezzodì dalla dove, perdendo un 300m di quota si arriva alla Casera del Mestri, allora un rudere. Attualmente c’è un grazioso bivacco in legno, per noi invece inizia una specie di via crucis, ci perdiamo fra i detriti e la vegetazione, e decidiamo di tornare alla base. La fortuna dei principianti ci viene in aiuto con la ricomparsa dei segni che ci portano verso sinistra all’attacco. Se non altro siamo ben attrezzati, in dotazione c’è una corda da 45 m, l’imbragatura e qualche altra cianfrusaglia. Siamo quindi pronti all’audace impresa, anche se tutto il materiale rimarrà nello zaino. La vernice ci guida sullo spigolo, paretine e canalini di roccia solida (max. difficoltà II) portano alla cresta sommitale a Ovest della vetta che da questa si tocca camminando. Scendiamo per la conosciuta normale della cresta Est, ci attende la dura risalita alla selletta e il ritorno alla base di partenza. Se fatta in un giorno è una lunga sfacchinata,  la relazione dettagliata si trova sul primo volume della guida CAI-TCI, sul Gaberscik ma anche sul Web, tutti al tempo non disponibili.

Giaidet (1084m), quando non si poteva fare di più

La gita in questione, giusto per precisare, è antecedente alla descrizione particolareggiata che si trova nel primo meritevole volume delle guide “Sentieri Natura” di Ivo Pecile e Sandra Tubaro. Veniamo alla nostra camminata. Alla coppia inseparabile Gigi ed Eliana si aggiunge l’allora giovane Alessio, quindi come Attilio Regolo mi trovo in una botte di ferro. Da Tolmezzo si prosegue lungo la valle del But o canale di S. Pietro fino a Imponzo, circa 400m, che si trova sulla destra (sin. orografica) poco prima del bivio per Paularo. Devo dire che questo plumbeo giorno di metà Marzo con il fondo valle imbiancato fa rimpiangere il calduccio del letto coniugale furtivamente abbandonato, ma purtroppo le leggi dell’alpe sono queste. Dal paesello si comincia a salire nel bosco ancora spoglio sulla mulattiera che lo attraversa, i segni non abbondano e si può andare dovunque, la spalla dove ci troviamo all’inizio è piuttosto ampia e non mancano le incertezze. Resiste ancora un po’ di neve in alto che dà un poco di sapore alla salita, quando la dorsale si restringe cominciamo a nutrire la speranza di uscire da qualche parte. La crestina finale a verdi e roccette risulta affilata e esposta e richiede, specie se come oggi è innevata, passo sicuro (attualmente pare sia stata attrezzata con cavi metallici), a consolazione c’è il panorama sui paesini carnici che sembra un presepio e sulla conca di Tolmezzo coronata da una cerchia di monti . In discesa proseguiamo la traversata sul filo della dorsale fino al colle della storica Pieve di S. Floriano poco a monte di Illegio che purtroppo è chiusa. Dalla chiesa un buon sentiero segnalato con un lungo traverso fra i faggi riporta al punto di partenza passando accanto alla  cospicua chiesa con facciata in pietra di Imponzo. Purtroppo si stanno celebrando i vesperi e ci diamo solo un’occhiata dal portale. 700 m il dislivello, l’attendibile guida citata mette 4 ore e mezza, nei miei appunti ho scritto solo i nomi di compagni e cima.

Creta Grauzaria (2065m), estate e inverno sulla via normale

gennaio 24, 2017 3 commenti

Sernio-Grauzaria e Zuc dal Boor sono i gruppi rocciosi più meridionali delle Alpi Carniche e la Val Aupa che da Moggio sale fino a forcella Cereschiatis è il migliore approccio. Malfamati per la friabilità della roccia (ma non è sempre così) sono stati il teatro delle mie prime imprese, sul Sernio ero già stato con mia moglie. Ora voglio ricordare le due prime salite alla più complessa Creta Grauzaria. Dal capoluogo si percorre la valle per una decina di km fino a Bevorchians dove si prende a sin. (tabelle) una rotabile che si alza fino a uno spiazzo dove si parcheggia a circa 700m. Qui ha inizio il piacevole  sentiero 437 che sale nel pineto passando da una sorgente fino ai resti e alla radura, invasa dalle ortiche, della diruta casera Flop. Segue un tratto nel bosco di faggi dopo di che si riesce in terreno più aperto fra la bassa vegetazione dove prevalgono i mughi. A sinistra incombono le verticali pareti della Grauzaria e si avvista anche il rifugio, guadato il ruscello si esce sul piazzale dell’edificio, un’ora e mezza.

Al rifugio (1250m) e al Foran da la Gjaline (1560 m)

Ci sono voluti alcuni anni di apprendistato prima di mirare alla vetta, ricordo una spedizione di un giorno e mezzo con alcuni amici e i rispettivi figli, compresa una bisbetica cagnetta i partecipanti saranno stati una decina, ora il rifugio è stato ampliato ed è gestito in stagione, ai tempi ci si arrangiava, l’acqua era fornita da una fontana all’esterno. Il mattino seguente arriva il CAI di Moggio a bruciare le coperte, mi era parso che fossero troppo morbide… La mattinata è per altro splendida, dopo aver assistito al levare del sole ci alziamo fra i fiori fino alla forcella Foràn de la Gjaline 1503 da dove ci affaccia al Sernio. In una successiva visita in abbigliamento cittadino troviamo un po’ di neve ma la giornata è piuttosto uggiosa, nonostante i piedi bagnati non subiamo conseguenze.

1-notturno-al-rifugio

2-il-primo-sole

3-le-pareti-al-mattino

4-la-spa-del-rifugio

5-il-rifugio

6-al-foran-da-la-gjaline

7-il-sernio-dal-foran

8-sosta-alla-sorgente-al-ritorno

9-al-parcheggio-si-consumano-gli-ultimi-viveri

10-al-rifugio-con-la-neve-notare-labbigliamento-tecnico

11-rifugio-grauzaria

12-il-canale-del-portonat

 

Un infausto tentativo e finalmente il successo

Una targa poco a valle del rifugio ricorda una signora triestina perita nel tentativo di guadare il rio sottostante, ebbene in quel giorno stavamo salendo al rifugio con l’obiettivo della cima principale quando si è messo a diluviare, in pochi minuti il sentiero è diventato un torrente e siamo riusciti a battere in ritirata imboscandoci poi nella baita di Diego a Monte Prat. Ai primi di Giugno del 83 ritorniamo, dal rifugio si ridiscende a guadare il ruscello, il sentiero sale ripido sul lato opposto a rimontare il canalone detritico roccioso del Portonat, la sella (1860m, segn. 444) fra la Grauzaria e la Cima dei Gjai. Si scala a sin. una serie di fessure (è il passaggio più impegnativo, II) per proseguire poi seguendo i bolli rossi della cresta O per cenge, saltini rocciosi e tracce fino all’affilata crestina della vetta. Dove si trova una Madonnina in pietra, uno dei  più gradevoli simboli di vetta dei nostri monti. Quattro ore per i 1300m di dislivello ci stanno tutte, discesa lungo lo stesso percorso.

13-fiori-allinizio-del-canale

14-salendo-al-portonat

15-nel-canalone

16-portonat

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18-lingue-di-neve-sulla-normale

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La nebbiosa invernale del 3 Gennaio 1988

Qualche giorno prima avevo conosciuto casualmente sulla vetta del Plauris l’entusiasta Nino Lucardi da Montenars, visto che la salita era andata bene decidiamo per la più ambiziosa vetta della Grauzaria. Sole in pianura e, contrariamente alle aspettative, nebbia in val Aupa. Già neve dura salendo al rifugio tanto che il terzo partecipante decide di fermarsi qui. Saliamo velocemente con piccozza e ramponi il canalone del Portonat in un entusiasmante ambiente glaciale, sul primo passaggio l’amico si toglie i ramponi ma io li tengo fino in cima. Con la fortuna degli sprovveduti utilizziamo le tracce di alpinisti saliti in vetta a capodanno (oggi è il tre), l’immagine della Vergine ha la criniera di ghiaccio… Questa è una delle più belle invernali del mio palmarès. L’estate seguente il compagno perde la vita su uno dei tremila dell’Alto Adige… Mandi Nino.

25-al-portonat-in-gennaio

26-la-cengia-sopra-il-primo-salto

27-la-s-vergine-con-la-criniera

28-lamico-in-cima

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30-tramonto-fiammeggiante-verso-la-pianura

M. Flop (1972m) profittando di una castagnata al rif. Grauzaria

novembre 1, 2016 1 commento

Tutto è cominciato in Val Aupa dove ne abbiamo combinate di tutti i colori a partire dalla Festa della Montagna al rifugio Grauzaria che si tiene in Agosto. La prima volta portandoci come razione di sopravvivenza un bottiglione di vino e chissà perché un’anguria messa in fresco nel provvidenziale ruscello. Fra le varie disavventure ricordo anche una tragica spedizione di un giorno e mezzo con pernottamento in tenda all’inizio del sentiero coinvolgendo nell’impresa mogli , la prole e un cagnetto trovatello dal pessimo carattere battezzato Danguard (dal manga che in quegli anni faceva furore alla TV). Così mi è rimasto negli anni un certo rapporto affettivo con questi monti che fra l’altro sono i più vicini a noi gente di pianura. Un paio di decenni dopo propongo lo stesso rifugio per la consueta marronata di novembre. Quindi da Carnia continuiamo per la S. S. Pontebbana fino alla deviazione a sin. per Moggio continuando a risalire la Val Aupa fino alle tabelle che indirizzano sulla ancora a sin. al ricovero, si parcheggia alla fine dell’asfalto a 730m presso i casolari Nanghetz. Si segue ora il sentiero 437 con percorso vario, prima nel pineto quindi si transita da una sorgente. Segue un tratto fra i faggi e si continua fra i mughi, a sinistra incombono le chiare rocce della Creta Grauzaria. Pochi metri sopra un ruscello si arriva infine al rifugetto, attualmente ampliato e perfino gestito in stagione da un appassionato, non si fanno certo qui i soldi. La prima nevicata e le nuvole basse creano un ambiente incantevole, mentre alcuni partecipanti si dedicano alle arti culinarie i soliti più arditi si defilano. Decidendo di salire al Monte Flop, duplice e poco frequentata quanto facile montagna a Nord del rifugio. Ci alziamo quindi sul sentiero che passando dietro al rifugio va a raggiungere l’ampia insellatura chiamata Foran de la Gjaline, 1668m, al confine con Paularo. La meta resta a destra e si raggiunge per una traccia segnalata che percorre la cresta Est di mughi ed erba, per non sbagliare ne tocchiamo anche l’anticima favoriti anche dal sole lasciando la caligine più in basso. La Cima viene conquistata anche dal candido pastore maremmano Kira. Discesa per la stessa via, a seguire gozzoviglie al rifugio con problematica discesa notturna. Novembre 2000.

1-vegetazione-imbiancata

2-sul-sentiero

3-dalla-nebbia-emergono-le-creste

4-paesaggio-incantato

5-calpestando-la-prima-neve

6-le-creste-della-grauzaria

7-il-dorso-della-normale

8-sole-inatteso-in-cima-con-vista-sul-cavallo

9-il-monte-sernio

10-il-rifugio-grauzaria

11-tramonto-sullo-zuc-dal-boor

12-ultime-luci-sulla-grauzaria

13-i-festeggiamenti

14-qualche-partecipante

M. Cimadors Alto (1639m), un anello in Val Aupa

Ho un po’ trascurato il gruppo Sernio-Grauzaria, il più meridionale e vicino delle Alpi Carniche dove si trovano itinerari per tutti gusti, dalle facili escursioni alle vie di arrampicata. Qui ho fatto le mie prime esperienze nei primi anni ottanta, parecchie sono censurabili anche se si “podarès scrivi un libri”. A Sud della Creta Grauzaria dopo il selvatico intaglio della Forcja (intransitabile) la più importante elevazione è il nostro Cimadors Alto che insiste a Sud sulla lunga insellatura di Monticello che quota circa 800 e dove si trovano i tre ameni villaggi allineati (Badiuz, Poldos Durs e Morolz) in gran parte danneggiati dal sisma del ’76 anche se l’abbandono era precedente. Sull’altro versante si trova ancora l’elevazione del Monticello e la forcella omonima. Veniamo al dunque, l’itinerario ha inizio a Grauzaria paese in val Aupa (da Carnia si segue la Pontebbana, alle indicazioni si svolta a sin. valicando il fiume Fella si arriva a Moggio, capoluogo del comune. Volendo chiudere l’anello qui bisogna predisporre una vettura, altrimenti bisogna fidare in qualche samaritano. Si continua per qualche km sulla strada di fondovalle, poco sotto il paese si trova ampia possibilità di parcheggio a circa 500m di quota. Non ricordo se ai tempi c’era già la strada (comunque sterrata e con divieto), al presente è asfaltata e consentirebbe di risparmiare un 300m, rischiando di costare un pedaggio molto oneroso. La rotabile porta alla sella di Monticello e a Badiuz, il primo paese, si continua ancora con la stradina fino al secondo, Poldos (ai tempi di queste salite era una mulattiera), 838m dove a destra si imbocca il sentiero con il n. 418a. Ci si alza fra i muri a secco che la delimitano,uscendo su un costone che costeggia dei dirupi con bella vista sullo Zuc dal Boor, quindi si prosegue nel bosco di pini fino ad uscire alla spaziosa radura dell’ex Casera Cimadors, riattata a bivacco dal CAI di Moggio, 1360m. Dietro la casera si continua alzandosi ancora dallo stesso lato (poco evidente all’inizio) entrando in una bellissima faggeta, al suo termine si sale fra i mughi affacciandosi al selvatico vallone della forca (c’è anche un’indicazione, ma è tutto da sperimentare). Destreggiandosi fra la vegetazione e i simpatici affioramenti  di bianchissimo calcare si guadagna la meta. La discesa obbligatoria si fa per la via di salita fino a Monticello da dove si torna al parcheggio. Molto più interessante è la discesa con il sentiero 420 al borgo Travasans di Moggio che dal paesino centrale risale alla Forca del Monticello (un centinaio di m) da dove ci si abbassa con percorso molto piacevole al capoluogo. La prima gita risale all’Aprile del 1983, fra la decina di partecipanti annoveriamo Mario Forabosco, scomparso da parecchi anni e moggese di origine che ci fa da guida. Purtroppo il tempo non è dei migliori e fa piuttosto freddo deliziandoci con una fastidiosa pioggerellina e le cime di Sernio e Grauzaria spariscono nelle nuvole, a confortarci al ritorno esce da una delle case un conoscente di Mario che ci offre un bicchiere di autentico Sidro.

1 Monticello, il primo borgo

2 La cappella all'inizio della salita

3 Dal costone

4 Casera Cimadors

5 Dalla cima la Grauzaria non vuole svelarsi

6 Esibizionisti

7 Alla Casera il sole fa una fugace apparizione

8 In uno dei Paeselli ci viene offerto del Sidro

9 Ritemprati saliamo alla Forca di Monticello

La gita era stata comunque gratificante tanto che due anni dopo era stata messa in calendario dall’UOEI e fatta in corriera ai primi di giugno. Bel tempo, ambiente verdissimo e ricche fioriture hanno favorito i gitanti in questa ripetizione. 1200m il dislivello, circa tre ore in salita e più o meno lo stesso tempo per la discesa a Moggio.

10 A Monticello nel rigoglio di Primavera

11 I fiori ingentiscono le vecchie case

12 Dalla dorsale verso le selvagge creste dello Zuc dal Boor

13 Nel bosco di Faggi

14 Dal finale vista sulle Prealpi Giulie

15 Affollamento in vetta

16 Il Gruppo Sernio-Grauzaria

17 La radura di casera Cimadors

18 Una pausa è d'obbligo

19 Botton d'Oro a Monticello

20 Monticello

21 Orchidee

22 Nella pineta si scende a Moggio

Per ulteriori notizie sulla cima del Monticello e la discesa ho già pubblicato uno dei miei laboriosi compiti a casa.

Pala dei Laris 1914 m, nel selvaggio ambiente delle Crete di Palasecca

Una lunga cresta frastagliata in selvaggi risalti e torrioni dal Sernio scende a SSO in direzione dell’Amariana è denominata Crete di Palasecca, una sola è cima abbastanza frequentata, il Palevierte, che ha la via segnata nonché inserita nel sito escursionistico più importante della regione. L’itinerario alla cima più alta, la nostra Palasecca o Cima dei Laris è  ben descritta nella guida del Gaberscik che la sconsiglia rendendola così appetibile alle sensibili orecchie dell’autore di queste note. Al primo tentativo, salendo da sopra Lovea verso il Rifugio Monte Sernio, facciamo cilecca, il bivio per la ex Casera Palasecca di mezzo non era segnato e finiamo sulle Crete del Mezzodì. Identico risultato otteniamo la seconda volta, in questa occasione dal rifugio citato imbocchiamo la traccia dell’attacco allo spigolo NO, da qui si potrebbe traversare alla base delle pareti per terreno detritico abbastanza impervio, i compagni oppongono un netto rifiuto, anche per la giornata incerta e discendiamo l’opposto versante alla Casera del Mestri ben ristrutturata, dei benefattori hanno lasciato due bottiglie di vino, ci appropriamo di quella di Refosco dividendola con due sloveni reduci dallo spigolo prima di risalire in disordine di nuovo alla Creta di Mezzodì. 25 Maggio 2014, cambiamo punto di partenza, anziché da Lovea ci avviciniamo da Illegio (Tolmezzo), a monte dell’abitato una strada sistemata recentemente sale a Pra di Lunze, 920 m, una larga sella. Proseguendo ci si cala all’alveo di un rio subito dopo a destra è l’inizio del sentiero 455, ora ben segnalato. Ha parecchi saliscendi, torna di nuovo a una forestale, traversa un bel torrente, alla fine passa dal malmesso ricovero forestale (ex Casera Palasecca di Mezzo), poco oltre si arriva alla fiumana detritica che scende dal Sernio, fine della ricreazione, qui si abbandonano i segni. Scordavo di nominare il compagno, chi se non il Maurin poteva assistermi in questo selvatico mondo? Cominciamo a salire faticosamente verso destra, più in alto sfruttiamo anche delle lingue di neve, un terzetto di camosci attraversano sorpresi poco sopra, in alto la neve aumenta, svoltiamo ancora a destra verso la stretta forcella di Pra Daneit, 1720 m, ci arriviamo con un sinuoso canale nevoso piuttosto ripido, da qui si vede la meta predestinata anch’essa abbondantemente innevata (si sale da N) e l’amico non si è portata la piccozza. La traversata verso l’attacco, parte in cresta parte a Est offre tutte le soddisfazioni dei baranci, qualche risalto di roccia solida permette di tirare fiato, ma a metà percorso un Mauro che non conosco propone la ritirata per mancanza di attrezzature, qualche anno fa avrei proseguito da solo. In discesa ci spostiamo a sin. del canale, i radi mughi alternati ai verdi non ci ostacolano e solo verso la fine all’aumento vegetale ci spostiamo sui sassi. 7 giorni dopo la rivincita, è ora di finirla questa salita. Tutti dotati di piccozza e ramponi rifacciamo lo stesso percorso, oggi siamo in cinque, evitando il canale saliamo sulla destra per verdi e mughi, verso la forcella un po’ di neve se ne è andata. Arrivati a metà della cresta mugosa i tre nuovi adepti rinunciano (anche a noi era capitato lo stesso domenica scorsa), proseguo con Mauro, un quinto tentativo sarebbe vergognoso, una discesa ci porta finalmente in terreno aperto. Il canale fra cima ed anticima è alquanto inclinato però la neve buona non richiede i ramponi che la picca è sufficiente. Stranamente sulla carta l’anticima di sinistra è indicata come Pala dei Laris (1906 m) e la vetta non è neanche quotata, superati i 200 m nevosi usciamo alla forcella, una cresta rocciosa di I conduce alla sospirata vetta, sotto l’ometto troviamo anche il libro, non sfogliabile perché totalmente bagnato. Diamo fondo al solito ½ litro di pessimo rosso che non manca mai alla dotazione del compagno prima di ridiscendere. 4 ore e mezza la salita, sosta di mezz’ora, in discesa altre faticose 3 ½, primo Giugno 2014.

1 Pra di Lunze

2 Le Crete dai ghiaioni

3 Le verdi vallate carniche

4 Camoscio in fuga

5 Forca di Pra Daneit

6 Salita alla Forca

7 Torre di Pra Daneit

8 Pala dai Laris dalla cresta di mughi

9 Al sole la cima del Sernio

10 Le Crete di Palasecca

11 Il Tersadia, sullo sfondo il Coglians

12 L'imbuto detritico in discesa

13 Il rifugio forestale (ex Casera Palaecca di Mezzo)

14 Monte Sernio

15 Il sentiero fra i faggi

16 Si esce dall'alveo del torrente

17 Salita alla forca di Pra Daneit

18 Sulla cresta a volte si esce dai mughi

19 Il canale di salita

20 La sella fra le due cime

21 L'ultimo tratto è roccioso

22 La cresta finale

23 L'ometto di vetta, le Crete e l'Amariana

24 I due protagonisti

25 A E la Grauzaria e le Giulie Occ.

26 Discesa sulla stessa via

26a Nell'intrico dei mughi

27 Ultimo sguardo alla Cima

28 Discesa dalla forca

29 Fioritura sui ghiaioni

30 I Mughetti fioriscono in ambiente più rilassante

Monticello (La Mont, 1362m), salita per le borgate e discesa per il costone SSE

L’amata Creta Grauzaria ha una diramazione verso Sud che dopo la Forcje offre ancora un paio di cime minori di interesse essenzialmente panoramico oltre a vari rilievi boscosi coperti da vegetazione, la più elevata è il Cimadors Alto, separato da questo dall’insellatura del Monticello si trova appunto a Est di questa la vetta omonima, in friulano La Mont. Correva l’ann 1981 quando ero al debutto nel mondo dei montanari da autodidatta ma con l’entusiasmo dei giovani anche se stavo entrando negli ‘anta con famiglia a carico e l’onere della conduzione di una piccola azienda, le prime camminate le ho fatte proprio a Moggio e in val Aupa, erano gli anni della ricostruzione dopo il disastroso terremoto. Coinvolgo in una di queste prime imprese la mia compagna e la figlia maggiore di otto anni, da Moggio Alto alla forca e poi per Moggessa di qua e di là distrutte dal sisma all’altopiano di Monticello, con la prima  borgata rasa al suolo e le altre due risparmiate. Scendiamo poi a Grauzaria ai tempi ancora viva, c’era pure un’osteria, e da qui torniamo con il poco dispendioso mezzo del pollice alzato alla base di partenza, portando a termine in autonomia una delle traversate primaverili più gettonate dalle gite sociali di quei ormai lontani giorni.

La Forca di Moggessa

Il vecchio Mulino

Trent’anni dopo carico di anni ed esperienze propongo ad alcuni dei soliti amici più o meno coetanei comunque anziani la salita alla cima del Monticello anche se ci ero già stato da solo e nella stagione invernale, tanto ormai le ripetizioni sulle montagne di casa stanno diventando una costante, optando come di consueto per la strada più lunga e faticosa. Da Moggio Alto  ci alziamo per asfalto nel  vallone del Rio di Palis dove parcheggiamo nei pressi di un bivio, circa 400m. Una mulattiera con segnavia 418 prosegue nel bosco fino alla forca di Moggessa 665m costeggiando il torrente sui due lati, veniamo superati da un educato indigeno moto alpinista (orrore per gli integralisti dell’ambiente) che ritroveremo oltre la sella intento a rifare la traccia nel tratto dirupato detto la Ruvis con l’attrezzo leggero della naja nella Ruvis. Dalla sella si perdono  160 m per arrivare al ponte sul torrente per salire in breve al borgo di Moggessa di Qua dove contrariamente alle aspettative troviamo parecchie case ristrutturate e fervono i lavori negli orti, dopo i viottoli del paesello la via ci fa perdere ancora una cinquantina di metri scendendo al ponte del Rio Molino (chissà dov’è finito il mulino che ricordavo), dopo averlo valicato in breve mettiamo piede a Moggessa di Là anch’essa popolata, sulla piazzetta facciamo una sosta fra la chiesetta e la fontana. Continuando la nostra gita ci viene svelato il mistero di tanto movimento, poco sopra al paesello arriva una strada sterrata percorribile dalle auto. La seguiamo in salita senza entusiasmi, alti sul corso del rio Molino fino a Morolz (855 m) il primo paese dell’amena valle di Monticello che ne conta tre allineati fra la cima omonima e il monte Cimadors, anche qui fervono le attività e gli abitanti sono cordiali, incontriamo anche tre carnici con la bici di monte che vanno in senso inverso. Proseguiamo ancora fino al Borgo di Mezzo (Poldos-Durs) dove tralasciamo la strada per la mulattiera che scende a destra (segnavia 420) e dopo un’ulteriore perdita di quota di una cinquantina di m si alza alla Forca del Monticello, 922 m, cappella. L’itinerario principale scende a Moggio Alto, a sinistra una mulattiera militare in parte invasa dalla vegetazione si alza verso la nostra meta prevalentemente a Ovest della dorsale passando da due insellature, a volte appare da qualche schiarita nel bosco la Creta Grauzaria, fino a una caverna, da qui si sale per tracce alla vetta. Paesaggio molto bello sulle Prealpi, lo Zuc dal Boor e i vicini Sernio e Grauzaria, lo condividiamo con altri due ospiti. Poi ci spostiamo fra le betulle verso N anche sulla seconda cima senza alcuna fretta che la giornata rimane gradevole come clima. Seguendo i consigli di “Sentieri Naura” scendiamo verso Sud lungo la cresta delle betulle, non segnata ma ci sono le tracce, che richiede un minimo di attenzione in qualche passaggio. La dorsale si esaurisce all’ultima delle selle che avevamo traversato in salita dove si incontra un bivio (tabella, segn. 421), verso sinistra il sentiero compie un traverso sopra i dirupi in direzione NE (qui avevo sofferto nella mia precedente solitaria gita invernale) per poi abbassarsi ripidamente ai ruderi dello stavolo Borghi. Si continua più tranquillamente nel bosco fino a incontrare una forestale che scende a Travasans, in ultimo sgradevole cemento. Al paese chiediamo lumi a un abitante per evitare tortuosi giri, ci indica una scorciatoia fra i prati appena sfalciati che ci riporta al nostro parcheggio.

 Il Plauris da Moggio Alto

 Incontro con un educato motoalpinista

 La Forca di Moggessa

 La ruvis dopo la forca

Moggessa di quà

 Fra i viottoli di Moggessa

 Il rio Molino

 La chiesetta di Moggessa di là

9 Fioriture primaverili

 In sosta sulla strada per Monticello

 Morolz

 La Forca di Monticello

 La mulattiera per la cima

Erica sopra le caverne

Sernio e Grauzaria dalla dorsale

In Cima

 Dall'anticima N verso Monticello

 In discesa sulla cresta delle Betulle

La cresta delle Betulle

 Fiorellini sulla cresta

 Allo stavolo Borghi

 Il tratto cementato

 L'Abbazia di Moggio Alto

29 Aprile 2012, per il giro, comprese le numerose soste, circa otto ore, più di 1200 m di dislivello. Naturalmente l’approccio più comodo è quello da Grauzaria in val Aupa, ora l’asfalto arriva fino alla sella del Monticello riducendo il dislivello a circa 500m.

M. Amariana (1905 m), salita da Sud con discesa per la cresta Est

novembre 12, 2013 1 commento

Qualche anno addietro i 1700 m di dislivello della cresta Est non mi avrebbero certo intimidito. Al presente i 4 pensionati ultrassessantacinquenni + 1 cassintegrato ricorrono alla stratagemma di lasciare una vettura poco dopo il ponte del rio Favarins  e il sottopasso dell’autostrada sulla via per Campiolo appena oltre il Fella, 268 m la quota, con l’altra salgono da Amaro alla Forca del Cristo 979 m per la ex strada militare ora asfaltata. Il monte Amariana incombe sul suddetto paese credo sia la cima che annovera il maggiore numero di visite del gruppo del Sernio dovuto anche al fatto che la Madonnina posta in vetta è un simbolo per la Carnia, a ferragosto e l’otto di Dicembre vi viene celebrata una S. Messa con numerosi partecipanti. Non è la mia prima salita, c’ero stato in primavera partendo dalla polveriera di Pissebus e in due altre occasioni d’inverno. Qualche metro prima della Forca si trova l’imbocco del sentiero 414 che sale a svolte nella rigogliosa vegetazione esce in seguito in terreno erboso ma più aperto, da qui ci si alza verso un canalone roccioso-erboso munito di cavi metallici non strettamente necessari, qui veniamo superati da un paio di somari (somari team.it), ma c’è abbastanza traffico nonostante la giornata feriale. Il canale termina a una sella 1850 m fra l’anteriore Est e la Vetta che rimane a destra. Si prosegue per mughi e roccette, ancora funi, poi la dorsale diventa erbosa e senza ulteriori problemi si arriva allo spazioso culmine dal rinomato panorama. Ci mettiamo qualche minuto in meno del tempo indicato, 2h 30’. Parlando con i due di cui sopra riveliamo sconsideratamente il nostro progetto, se portiamo l’autista a recuperare l’auto sarebbero felici di discendere con noi la desiata cresta, fra colleghi non ci può rifiutare, dopo ¾ d’ora ripartiamo tutti assieme. Dalla sella saliamo su erbai abbastanza ripidi all’anticima Est 1877 m da dove la dorsale si percorre sul filo per un buon tratto, è anche segnata e per lo più erbosa non lasciandoci distrarre da una tabella che vorrebbe portarci nel versante settentrionale (nei pressi della casera Plan d’Ajars di sopra). Dove la pendenza aumenta ci si sposta ora sì a sinistra per calarsi per facili saltini a roccette e mughi fino al una larga insellatura con subito a nord il ricovero Plan d’Ajars di Sotto, non ci andiamo, proseguendo evitiamo il primo cocuzzolo a destra, ne seguono altri quindi il segnavia si sposta in versante Nord abbassandosi discretamente nella faggeta, la traccia è ricoperta di foglie bagnate, qualche scivolata è inevitabile come qualche acrobazia per oltrepassare qualche notevole faggio schiantato. Con un traverso in falsopiano si arriva al ripristinato ricovero Forcella 1098 m. Dopo il poco piacevole rimboschimento di abeti si arriva alle latifoglie vestite degli sgargianti colori dell’autunno che risplendono al sole, alla sella successiva si passa nei pressi dello stavolo Valaconin, ormai siamo sulla mulattiera e dopo l’ulteriore stavolo Amariana (tutti e due in buone condizioni) scendiamo fra i pini alla piazzola del parcheggio. Nessuna conseguenza salvo a uno degli amici che da tre mesi non si muoveva e ha risentito indolenzimento ai muscoli delle cosce. Sentiero n 415, tre ore e dieci. Restano le manovre per il recupero dei mezzi meccanici dei dispersi, e poi la ricerca di un luogo per ritemprarci, due tentativi infruttuosi in loco ci convincono a divallare a Savorgnano da Gjambate, verduzzo per aperitivo, soppressa e porchetta annaffiate da un refosco eccellente vanno a pennello. Novembre 2013, forse 1° grado.

1 Cavazzo e le prealpi

2 Vegetazione rigogliosa all'inizio

3 Placche a lato del sentiero

4 Bacche di rosa canina

5 Alte erbe prima del canale

6 Vista verso Sud

7 Confluenza Fella-Tagliamento

8 Primo passaggio roccioso

9 All'ingresso del canale

10 Attrezzature nel canale erboso-roccioso

11 La forcella con l'anticima Est

12 La cresta finale

13 La Madonnina dell'Amariana

14 Verso Est le Alpi Giulie

15 L'anticima Est

16 Risalita all'anticima

17 Ripidi erbai

18 Anticima Est

19 L'Amariana da Est

20 La cresta Est

21 La cresta Est

22 Nel tratto più ripido ci si sposta a Nord

23 Vista sulla cresta

24 Sernio e Grauzaria

25 Sotto il Cuel di Spirual

26 Sopra le nebbie il Plauris

27 Schianto di faggi nel versante N

28 Ricovero Forcella

29 Stavolo Valaconin

30 Colori d'autunno

31 Gli stavoli Amariana di Sotto

32 Un tratto fotogenico della mulattiera

Sulla Cima dai Gjai a febbraio

febbraio 25, 2013 Lascia un commento

Tre vecchie volpi più il gatto Mauro per questa salita, l’avvicinamento è in comune con quello alla vicina Grauzaria, dalla Val Aupa si sale dapprima al rifugio, dirimpetto a questo è visibile il canalone del Portonat, accesso alle due normali, di primo grado per la più elevata Creta, di 2° per la nostra meta alta 1916 m. Già alla partenza il terreno è ben innevato ma si procede bene, arriviamo al rifugio senza problemi. Mi ero scordato di citare il quinto componente, la moglie di Gigi che a questo punto ci manda a quel paese, se ne andrà verso il Foran da la Gjaline mentre il resto della compagnia si avvia verso il dirimpettaio canale, detritico e faticoso d’estate più agevole con la neve e l’attrezzature giusti. Non è il massimo oggi, a volte la crosta si rompe, poco prima dell’insellatura ne usciamo verso destra per un canalino innevato piuttosto ripido (d’estate 2°), dal sommo ci appare la cima e con una breve traversata ci portiamo alla base delle rocce. All’attacco si trovano le maggiori difficoltà, saliamo all’inizio per canalini innevati fra i mughi poi per rocce di buona qualità dove riteniamo superflua la corda fino ad arrivare a una rampa innevata piuttosto ripida con a sinistra delle pareti verticali, per fortuna la neve è affidabile, alla fine si appoggia e poco oltre arriviamo in vetta. Dopo la meritevole sosta ci prepariamo alla discesa, chi lo ha mette l’imbrago, personalmente mi arrangio con un cordino, quindi iniziamo la discesa, la rampa di neve risulta il  più insidioso, tocca scendere faccia al pendio con attenzione. Il tratto di roccia richiede due doppie di una ventina metri di cui più o meno tutti approfittiamo (anche se non tutti, il Maurin le disdegna). Anche l’accesso al Portonat ha una pendenza notevole, nel canalone la neve ha mollato e scendiamo allegramente, al rifugio l’amico riabbraccia la dolce metà che avrebbe più volte potuto ottenere il divorzio per crudeltà mentale, ma nonostante l’età rimane ancora innamorata del suo Vigjut anche se lo accusa di essere un bastardo.

 Il canalone del Portonat

 Salita al Portonat

Un'altra immgine nel canale

 Ancora nel canale del Portonat

 All'uscita del canale

 La Cima dai Gjai

 L'attacco

 Le paretine all'inizio della salita

 In seguito la salita è tutta su neve

 Sulle rampe nevose

 Sotto le pareti

 Il Mauro sul tratto più ripido

Verso la fine le pendenze si attenuano

 Dalla Cima verso la Grauzaria

 Zuc dal Boor e Montasio

 Si incomincia la discesa

 Faccia a monte sui pendii più ripidi

 La Creta Grauzaria

 Corda doppia sul salto iniziale

 Il ravanatore

 L'amico Gigi è soddisfatto dell'impresa

 Sandro all'ingresso del Portonat

Monte Sernio, l’inverno di una volta

dicembre 26, 2012 Lascia un commento

La normale del Sernio m 2187 è quotata di 1°, non ha passaggi esposti ma è comunque piuttosto faticosa, considerando le pur modeste perdite di quota dal Foran da la Gjaline e da Forca Nuviernulis il dislivello è di 1500 m, la mia prima salita di trent’anni l’ho fatta assieme alla mia compagna di vita con l’entusiasmo dei neofiti, stupendoci per le fioriture e il panorama. Qualche anno dopo e nel pieno delle forze decido con l’amico Nino di provarci fra Natale e Capodanno, niente di meglio per smaltire grassi e trigliceridi accumulati nei bagordi natalizi, in auto da Moggio lungo la val’Aupa saliamo a Bevorchians, qui a sin. fino al parcheggio delle case Nanghez a circa 700 m. Il giorno non è dei migliori, un pallido sole velato ci accompagnerà durante la gita, poco dopo la partenza incontriamo la prima neve che non ci disturba fino al rifugio Grauzaria, poi sono dolori, salendo al Foran da la Gjaline ci alterniamo al comando sprofondando abbondantemente. Arrivati alla forcella in luogo della Forca Nuviernulis miriamo a quella fra la Torre omonima e la Torre Ivano illudendoci di risparmiare un poco di dislivello, dopo inani lotte ci arriviamo, poco sotto passa la via normale, qui la qualità del manto nevoso è migliore, forse ce lo diciamo a conforto reciproco, anche se i segni appaiono solo a tratti riusciamo a rintracciarla, per di più avvistiamo più in basso un altro sconsiderato alpinista, il che ci galvanizza, non siamo più soli. Per arrivare in vetta ci mettiamo quattro ore e tre quarti, poco lontani dal tempo estivo, dopo una frettolosa sosta ripartiamo, un saluto al nostro inseguitore , in discesa passiamo dalla Forca Nuviernulis e arrancando penosamente risaliamo a quella della Gjaline, ora è tutto in discesa. Da questa tiriamo diritto, il sentiero, ai tempi poco segnato non si vede, riusciamo a passare dalle parti del rifugio senza neanche vederlo e solo più in basso ritroviamo il sentiero. Alla casera Flop il cielo si è fatto sereno offrendoci un tramonto rosseggiante sul Cavallo di Pontebba e alle scarse luci del crepuscolo ritroviamo la vettura. 28 Dicembre 1987, con lo scomparso Nino Lucardi.

1 Il vallone del rifugio Grauzaria

2 La Creta Grauzaria e la Cima dai Gjai

3 Il Sernio dal Foran da la Gjaline

4 Il Gruppo dello Zuc dal Boor dal Foran

5 Torri Nuviernulis e Ivano, fra di esse il canale della salita

6 Salita alla forcella

7 Nino in forcella

8 Verso S il Tagliamento

9 La via normale

10 La via normale

11 La via normale

12 In alto la vista si apre

13 Ultime fatiche

14 Ormai è fatta

15 In Cima

16 Le Giulie Occidentali

17 Ultime luci a casera Flop

18 Tramonto sul Cavallo da casera Flop