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Archive for the ‘Prealpi Giulie Occ.’ Category

Cuel di Lanis e Postoucicco, due piccole ma belle invernali

Cuel di Lanis, 1629 m

Due salite nello stesso luogo a distanza di tre giorni! La fantasia e la voglia di partenze a ore improbabili sono in ribasso. Da Tarcento risaliamo la valle del Torre fino alle sorgenti, da qui svoltiamo a sinistra ai due bivi vicini (è la strada di Forcella Tacia). Alla prima biforcazione parcheggiamo l’auto (800 m circa la quota) per proseguire a piedi sulla sterrata con divieto fino a dove si stacca il sentiero che sale nella faggeta, ora facendo  equilibrismo sul ghiaccio di cui è rivestito, in seguito la neve con la quota aumenta e alle casere Tasaoro bisogna fare la traccia nel manto ancora vergine. Poco sopra di queste si trova la tabella, a sinistra per la forcella Dolina e Cesaris, nonché punto di partenza per la normale al Postoucicco, nostra meta odierna, diritti verso il Cuel di Lanis. La solita fretta ci abbaglia ancora una volta facendoci optare per la via di mezzo e perdiamo il segnavia che ritroviamo più avanti quando ormai stiamo sprofondando abbondantemente, peccato sia quello della seconda cima, ultima dell’ Alta Via di Gemona, da me visitata giusto un anno fa, e anche in tale occasione avevamo avuto problemi a reperire l’inizio del malefico sentiero. Una cima è una cima, comincio a salire alacremente il pendio, che con la neve non ha una via obbligata, mentre l’amico si attarda e il bianco manto diventa insidioso, a momenti si affonda mentre dove ha preso più sole è gelato e sono costretto a mettere mano alla piccozza, i ramponi pur utili li lascio nel sacco, passo alla base di un roccione, poi per crestina sono in breve sulla sommità dove, oltre al bel panorama, mi accoglie il vento gelido e abbrevio la sosta, visto che il compagno pare non abbia alcuna voglia di venire a farmi compagnia. Lo ritrovo alla base del pendio in panciolle, calma di vento e allietato dal sole. Per la salita meno di tre ore, 8 gennaio 2012.

Postucicco, 1611 m

Questa è la cima più orientale della catena e tre giorni dopo ci riprovo con il club del mercoledì (tutti pensionati, naturalmente), a rifare lo stesso percorso fino alle casere ma poco oltre il bivio ci sguinzagliamo alla ricerca del sentiero nascosto dalle neve e riesco personalmente a individuare il primo segno, poco in evidenza su un piccolo faggio, il resto ci viene facile e in traverso tra i faggi quindi nei mughi arriviamo alla forcella. Qui ci cauteliamo con i ramponi, si sale a destra sul filo di cresta indi una rampa piuttosto ripida esce sull’anticima. Da questa si scende sempre sul filo alla selletta con la quota più alta, mughi a N e precipizi sul versante opposto, si continua poi in salita sempre in discreta esposizione per sortire in breve sulla bella cima, c’è anche il libro di vetta e la permanenza è piacevole, lo zero termico è risalito a 1700 m e questa è la prima visita che il monte riceve quest’anno, addì 11 gennaio 2012. In discesa ricalchiamo le nostre orme e all’auto l’amico medico ci propone a rimedio dei nostri acciacchi un Soave del Garda che afferma essere più efficace del Voltaren (nol fas mal, nol fas ben).

Alta via del CAI di Gemona

Era già più di un mese che l’amico Mauro detto Maurin mi scassava gli zebedei per andare a fare d’inverno questa temibile, per la lunghezza, traversata. Dopo vari tentennamenti, mi sono detto ora o mai più: è passato parecchio tempo dall’ultima nevicata, le previsioni danno bello stabile, il versante sud si è ripulito dal bianco manto e mi decido incautamente a assentire all’insana proposta, dal lontano inverno del 1988 non metto piede sul Cjampon, quando vi salii in solitaria lungo la rampa Est, un attraente scivolo di neve, se in condizioni buone, come trovai all’epoca. La via originale prevede la partenza da sopra Gemona e l’arrivo a Musi nell’alta valle del Torre, che scartiamo immediatamente per i problemi logistici che comporta per il recupero dell’auto:  decidiamo quindi di partire da E, con due auto di cui la prima viene lasciata a Cesaris e con l’altra si prosegue fino a Pers: partiamo alle sei e sono le sette quando alle prime luci ci incamminiamo alla volta del Foredor, la sella che divide Cjampon e Cuarnan, poi per la via normale arriviamo sul detto Cjampon dopo tre ore.

1 Verso forc. Foredor

Il primo sole arrossa il CjamponSono contento di aver portato i ramponi: le poche chiazze di neve che abbiamo incontrato in salita sono ghiacciate, il mio compagno li ha lasciati in auto, ma lui è come un felino, non cade mai. Nella salita facciamo un tratto assieme a un altro anziano (come me…) alpinista della bassa salito da Gemona, che conoscevo di vista e con cui parlo per un po’ delle comuni conoscenze e esperienze, poi lo lasciamo, la sua meta è la cima principale, la nostra è molto più in là. In cima facciamo una breve sosta poi ripartiamo, la cresta, in linea d’aria da qui alla forcella Dolina è lunga più di cinque Km, quindi ne abbiamo di strada da fare. Come previsto il versanti N sono innevati mentre quelli opposti puliti: il Maurino parte e subito si accorge che i ramponi erano necessari, la neve varia da dura a ghiacciata, estraiamo la picca riponendo gli ormai inutili bastoncini mentre io metto anche i ramponi procedendo abbastanza agevolmente sul filo nevoso, intanto il mio compagno sfoggia le sue già ben note doti di equilibrismo. La cresta è subito affilata e tortuosa con  innumerevoli risalti da attraversare, vergine di tracce quanto entusiasmante per l’ambiente e i panorami a giro di orizzonte, facciamo una breve sosta sul Faeit, la prima cima certificata, proseguiamo alla volta della seconda, l’Ambruseit senza difficoltà di rilievo, la discesa di quest’ultimo per roccette, prevede un ultimo saltino esposto dove troviamo tre  fittoni, con un resto di corda non più affidabile che non ci sentiamo di collaudare, e con il loro aiuto ci caliamo lasciando la nostra ben custodita nello zaino(tratto più impegnativo). Avanti alla volta della cima seguente, la Siroche Dolegne che ancora attraversiamo. Dopo questa si passa sotto la Siroche Gjaline, l’unica cima che viene trascurata dal percorso, dove si affronta disagevolmente una scivolosa discesa in versante sud fra arbusti di piccole ginestre senza una traccia definita; si risale alla cresta dal lato opposto, il Cuel di Lanis comincia a avvicinarsi, in un’ultima traverso incontriamo cinque metri di provvidenziale di cavo fisso. Il Maurin non è più lui e accusa qualche crampetto mentre le mie gambe pur notevolmente acciaiate tengono ancora. Arriviamo sotto il Cuel di Lanis difeso sul nostro versante da ripidissime pale erbose e ci chiediamo da dove diavolo dovremo salirlo, ma il percorso ci invita astutamente a S da dove la china è meno ripida e qui festeggiamo liquidando il mezzo litro di nero che al mio socio non manca mai nel sacco, tengo solo ancora due sorsi del mio tè di riserva. Altre sei ore.

7 Il Cjampon dalla cresta, andando verso il FaeitSu questa cima qualcuno ha messo piede di recente e scendiamo su tracce nei nevai a nord del Postoucicco fino al bivio con il sentiero che risale alla forcella Dolina, siamo praticamente cotti e ci tocca anche fare la traccia  nella neve ma alle quattro del pomeriggio ci arriviamo e diamo fondo agli ultimi liquidi rimasti prima di divallare nel ripido canalone, non senza aver riposto le picozze per fare un pò di nordic walking con i bastoni. Dopo questo incontriamo il sentiero per Cesaris che con innumerevoli tornanti e basse pendenze ci deposita al paese cremati alle sei di sera, non senza aver goduto di un magnifico tramonto. L’auto del Maurino giace oramai solitaria sulla piazzetta dell’ameno paesello, ma un’ultima sorpresa ci attende: le chiavi dell’auto sono scordate in quella parcheggiata a Pers, depositiamo gli zaini e il resto (la vecchia Tipo del mio compare rimane sempre aperta)  e partiamo rassegnati e assetati a prenderla, questi ultimi tre chilometri sono quanto ci vuole per rilassare i muscoli e in tre quarti d’ora ci siamo: ore 18.45. Al primo bar una birra per me, mezzo di minerale all’amico e i saluti, una telefonata per rassicurare i familiari e la storia finisce. 11ore e 45 minuti, domenica 6 febbraio 2011, e questi sono i festeggiamenti del XXIII anniversario, se pur con un mese di ritardo, del connubio alpinistico con il compagno odierno, conosciuto durante una storica salita del gennaio 1988 al Canin.

Retrospettiva sulla crestaUn breve commento: la stagione e il giorno sono stati scelti giustamente, con un maggiore innevamento la fatica, i problemi e i tempi sarebbero stati ben maggiori, in primavera e estate il caldo e l’incontro con amabili animaletti tipo vipere e zecche sono più che probabili, il tardo autunno forse sarebbe consigliabile. La via, salvo il detto, è libera da attrezzature e i segnavia o i paletti biancorossi guidano, nei rari casi in cui si abbandona il filo, intelligentemente al percorso migliore. Una volta iniziata la traversata eventuali vie di fuga non ce ne sono, come mancano punti di appoggio, discese lungo i ripidissimi versanti sud sono sconsigliabili, il versante opposto, più boscoso, dà sulla val Venzonassa…quindi le incognite sono troppe. E’ consigliabile quindi una partenza antelucana per disporre del tempo necessario per rimediare a eventuali disguidi.