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A Palcoda per la gola del Chiarzò

Nelle parallele valli prealpine dell’Arzino e Tramontina molti sono i borghi isolati che negli ultimi decenni sono rimasti deserti  per varie cause che non spetta a me indagare. Uno di questi è Palcoda, a N della strada che passando per Campone collega le due vallate. Da qui in località Barzanai dopo il ponte sul torrente Chiarzò accanto al mulino (una dia del paese è svanita negli anfratti dell’archivio) inizia sulla sin. idrografica il nostro itinerario che pur segnalato a bolli blu non rientra fra i sentieri omologati dal CAI. I compagni sono il Maurino e una signora (ho cancellato i suoi lineamenti per non incorrere in querele o altri inconvenienti del genere). Quasi subito ci si cala nella gola del torrente che si risale fra rapide e cascatelle guadandolo più volte e saltando fra i massi con grave rischio di un bagno fuori stagione (siamo a febbraio). Un tratto in cengia risulta anche esposto ma il percorso risulta molto appagante. Quando il letto è interrotto da una cascata se ne esce a destra, poi la valle si apre fino ad uscire, senza più problemi, al paesello. Che aveva in passato un centinaio di abitanti dediti, oltre che alle attività pastorali e agricole alla fabbricazione di cappelli (almeno questo afferma la guida). Rimane il campanile pericolante (attualmente ricostruito) e i muri di qualche abitazione anche di cospicue dimensioni il tutto invaso ormai dalla vegetazione. Salendo ancora si conquisterebbe la forchia di Negardaia, ma non c’è sentiero e ci accontentiamo. Quindi scendiamo per la stessa strada che ora è gradevolmente soleggiata. Gita da sfaticati, ben 200 metri di dislivello, dai 436 m di Barzanai ai 628 di Palcoda.

1-il-chiarzo

2-un-guado

4-lacqua-e-limpidissima

5-neve-sulle-rive

6-una-cengia

7-la-cascata

8-il-salto-si-evita-sulla-destra

9-palcoda-invasa-dalla-vegetazione

10-un-edificio-imponente

11-il-campanile

12-pausa-pranzo

13-erosione

14-vista-sulla-solitaria-vallata

15-al-sole-del-pomeriggio

16-sullo-sfondo-le-case-di-barzanai

 

 

 

Monte Brusò (1215 m) – l’anello (e la Cima) in senso antiorario

Il giro proposto dal solito Miniutti nella guida “Ator pe Valada”, salita per la Valle del Chiarchia da Tramonti di Mezzo con ritorno a Tramonti di Sotto con l’opzione alla cima del Brusò era già da qualche tempo vagheggiato, da forca Zuviel ero già passato mi pare tre volte, la prima parecchi anni or sono per salire al Sciara Grande, in altra occasione avevamo fatto la traversata fino al Monte Rossa con discesa al Piano di Gerchia seguito da un fortunoso rientro in autostop. L’anno scorso dopo una nevicata notturna seguita da un’umidissima quanto fitta nebbia si scese nel Canal di Cuna fino al paese abbandonato di San Vincenzo. Ci riproviamo domenica scorsa con l’apporto di forze fresche, tre compaesani cui si aggiunge il fido Ermanno. Decidiamo di partire da Tramonti di Sotto e percorrere l’anello in senso antiorario evitando il noioso asfalto della strada per Forcella Zuviel (più comoda in caso di un eventuale ritorno notturno). Dal paese saliamo in auto alla località Comesta 370, rintracciabile con l’olfatto per la presenza di un allevamento suino. Clima freddo ma cielo sereno, ci affrettiamo a partire seguendo la rotabile che risale il torrente Tarcenò che si guada un paio di volte, in breve diventa un sentiero (931 bis) che si alza in ambiente selvaggio nonostante la quota sia modesta, in una rupe a destra con un poca di fantasia si può riconoscere la testa di un leone, fino a un intaglio, 663 m e bivio a destra per Tamar. Proseguiamo diritti perdendo un centinaio di metri sull’opposto versante fino al rio di Palcoda e alla mulattiera che si dirige al paese dallo stesso nome abbandonato da molti decenni. Chiesa e campanile sono stati ricostruiti, nuovo è un bel bivacco in legno sempre aperto mentre gli altri edifici stanno andando in rovina anche se meriterebbero sorte migliore per la loro sapiente architettura in pietra. Il sentiero passa fra le case e si inoltra nel bosco a pini e mughi devastato da un incendio l’anno scorso. Salendo entriamo in una vasta faggeta, qui incontriamo la neve che è cedevole quel tanto che basta per camminare senza patemi. Arriviamo alla forcella di Nagardaia 1039 m, è al sole ma anche esposta al vento, qui il segnavia è il 931 che va seguito con attenzione verso sinistra costeggiando il versante Est dello Zuc di Santins. Dopo una salita a 1120 m (ruderi di una stalla) si perde quota di nuovo, poi a saliscendi e lungamente aggira dei costoni, Ermanno comincia a protestare, un breve tratto è anche assicurato con una catena quindi più agevolmente mettiamo piede sulla strada di Forchia Zuviel, 890 m. Dalla forcella sono più di 300 m da superare per il Brusò. Va bene, sono tentato di lasciare qui lo zaino, un mio paesano si preoccupa per il mio portafogli (più per le chiavi dell’auto), in conclusione me lo porto. Saliamo la dorsale a faggi proprio sopra il valico, con questa neve si va avanti meglio che sull’erba, i tre giovani hanno un passo sostenuto e perdo terreno, nonostante le minacce di ritirata si accoda anche il prode Hermann, usciamo sulla cresta alberata, verso destra c’è un primo cocuzzolo abbastanza sgombro, più in là un altro più alto e raggiungiamo anche quello. Il panorama è vasto, anche il vento si è chetato lasciandoci godere la vetta, la cresta continua con altre elevazioni più alberate ma resta difficile stabilire la maggiore e allora diamo per scontato che questa sia la vetta. Torniamo velocemente alla sella, qui facciamo merenda per poi avviarci verso Tramonti di Mezzo, solo una scorciatoia taglia un tratto di strada, quindi più di due km mancano al parcheggio, ci arriviamo al crepuscolo. Veniamo al dunque, la guida del Fradeloni dice 3 h 1/2 per la forcella Nagardaia, 1 1/4 il traverso a Nord, 3/4 d’0ra per la cima (stimo io) più la discesa e il ritorno al punto di partenza. Noi ci  abbiamo messo in tutto otto ore soste comprese, è il primo Dicembre 2013, con Andrea Giacomo e Maurizio più il già citato e lo scrivente.

 Nella valle del Tarcenò

 Una cascatella

 I dirupi del Brusò

 Salita alla forcelletta senza nome

 Ancona prima di Palcoda

 Rù di Palcoda

 Chiesa e Campanile rimessi a nuovo

 Al bivacco di Palcoda

 Scheletri di case

 I vecchi archi resistono ancora

 Fornace di calce

 Salita alla sella

 Forcella Agardaia

 Perdendo quota con vista sul Verzegnis

 Traverso a forchia Zuviel

 Sciara Grande e Cuesta Spioleit

 Forchia Zuviel

 Salita alla cresta

 Il Zuc di Santins

 La Cima dalla prima quota

 Dalla Cresta Verzegnis Sernio e Piombada

 In Cima

 Verso le Giulie

 Il resto della compagnia

Caserine e Cjarescons

 In discesa

 Il look dei giovani

 La strada di Forcella Zuviel

Chiare fresche e dolci acque del Chiarchia

 Cappella quasi bizantina a Tramonti di Mezzo

San Vincenzo e l’anello del Vencjar

Visita a S. Vincenzo 580 m

Fine Dicembre 2012, ieri è stata una pessima giornata umida e nebbiosa, oggi Domenica non è migliorata di molto, si stava bene anche sotto il calduccio delle coperte. I due amici sono puntuali all’appuntamento, decidiamo per la Valle di Tramonti, dopo il caffè a Meduno già alla diga di Chievolis la strada è coperta da un modesto strato di neve, anche questa volta niente eroiche imprese. La scelta cade sull’abbandonato borgo di S. Vincenzo  nel Canale di Cuna percorso dal torrente Comugna per cui saliamo in auto fino alle prime case di Tramonti di Mezzo da dove una stretta rotabile lunga 6 km, asfaltata fino ai ruderi delle stalle di Selvapiana 720 m, s’inoltra a destra nella vallata del Chiarchia per poi inerpicarsi fino a forcella Zuviel 890 m. Il fondo è ghiacciato, ci fermiamo subito dopo il ponte sul torrente, circa 400 m, d’altronde il divieto è poco oltre (alla prima visita, con destinazione la Sciara Grande siamo arrivati fino al termine dell’asfalto mentre in seguito, per la traversata al Rossa con discesa ai Piani di Gerchia con un fortunoso rientro a pollice alzato, c’era già il limite, anche se non capisco a che serva, non siamo mica in Val Gardena!!). La strada ha resa impercorribile la vecchia mulattiera, solo dalle stalle di cui sopra si può salire per il vecchio percorso deviando a sinistra a una tabella. Non lo facciamo e continuiamo sullo sterrato in terreno un po’ più aperto, prima della sella diventa, a causa di qualche frana, praticamente impercorribile anche per i fuoristrada. Alla forcella fra le solite rovine c’è un quadrivio di sentieri, per S. Vincenzo si prosegue diritti scendendo una dorsale a pini sulla vecchia ben conservata mulattiera che costituiva l’accesso normale al borgo. In basso sulla sinistra i ripiani dei vecchi orti ormai invasi dalla vegetazione con a destra il torrente, una” maina” dedicata alla Madonna ne indica la prossimità. Prima di un ponte appare il borgo con il campanile e la chiesetta ristrutturati recentemente, il resto è in condizioni spettrali, e pensare  che qui abitavano prima della metà del secolo scorso quasi 150 persone, c’era anche una scuola (unico edificio in blocchi di cemento, i resti a lato della chiesa), in una agreste economia di sopravvivenza, l’ultimo abitante se ne è andato verso il 1950. Il (o la) Comugna scorre sulla destra, sarebbe molto bello continuare la traversata fino a S. Francesco nella valle dell’Arzino, ma bisognerebbe predisporre un mezzo colà, non resta che risalire, l’unica variante che facciamo  in discesa è dalla sella alle case di Selvapiana per la mulattiera.

1 Cascatelle di un affluente del Chiarchia

2 La strada asfaltata

3 Forcella Zuviel

4 La bella mulattiera che scende alla borgata

5 Il capitello prima del paese

6 Arrivo a San Vincenzo

7 La Chiesa

8 L'Altare rimesso a nuovo

10 Discesa dalla forcella per la scorciatoia

L’anello del Vencjar

La gita di più di 25 anni fa proposta dal CAI di Udine prevedeva il periplo della modesta cima alberata  compresa fra i torrenti Comugna, Arzino e sella Giaf. L’inizio del segnavia 810 è un paio di km a valle di S. Francesco 380 m, qui si valica l’Arzino su un ponte per entrare nella gola del Comugna che si percorre dapprima alzandosi sulla sinistra idrografica del torrente fino a 700 m di quota in ambiente selvatico con tratti anche esposti muniti di spartane attrezzature. Le visioni sul canyon sono spettacolari, si vede anche la confluenza del Rossa prima di riscendere nell’alveo con ulteriore ginnastica fra sassi e laghetti e un traverso a pelo d’acqua (la scivolata, innocua di per sè, come unica conseguenza avrebbe un bagno gradevole nei mesi estivi). Alla confluenza con il Rio Plan di Rep da destra si costeggia questo fino alle case Piedigiaf dove si devia a destra sulla mulattiera che sale a Forcella Giaf  960 m. Attualmente una casa già esistente ma malconcia all’epoca è stata ristrutturata a bivacco. Dalla sella erbosa la mulattiera scende comodamente all’Arzino che costeggiato in riva destra (asfalto) passando dalla frazione Valentins riporta alla partenza concludendo così l’anello. Pare che attuamente il sentiero sia stato dismesso, il che non vuol dire molto, non è detto che sia impercorribile.

11 Sul greto del torrente

12 Il selvaggio versante O del Vencjar

13 Il Canyon della Comugna

14 Un affluente in riva destra

15 Un passaggio esposto

16 Nel letto del torrente

17 Risalendo il corso

18 Traversata

19 Case Piè di Giaf

20 In vista di Forcella Giaf

21 Forcella Giaf

22 Una rilassante pausa

Pizzo Lovet 1269 m

gennaio 2, 2012 4 commenti

A conclusione di una annata disastrosa per il modesto portafoglio di un pensionato, con previsioni fosche per l’anno prossimo visto che il nostro amato governo continuerà a svuotarci le tasche con tasse di ogni genere visto che non ne hanno mai abbastanza, mi sembra stonato continuare a parlare di facezie in questi frangenti… ma d’altra parte cosa possiamo fare noi servi della gleba contro imperatori, feudatari vassalli valvassini  e valvassori che godono di ogni sorta di prebende e privilegi?

Con la montagna è andata meglio, con un record personale  irripetibile di  97 cime raggiunte, avrei voluto arrivare a cento, purtoppo in un infortunio domestico ai primi di dicembre mi sono scassato un ginocchio e ho dovuto dare forfait per quindici giorni, maledetta vecchiaia!

E’ il mattino dell’ultimo dell’anno e il traffico è scarso quando ci fermiamo a Meduno per il caffè, proseguiamo poi verso la valle di Tramonti, alla diga di Redona svoltiamo a destra per Chievolis e oltre fino a Inglagna, 360 m,
grazioso paesello semiabbandonato e parcheggiamo a uno slargo sotto le ultime case a Ovest. Ora saliamo a piedi passando fra le ultime case risalendo poi il corso del Rio dei Romanui fra vasche e cascatelle di acqua limpidissime, attraversandolo più volte, radi segni rossi garantiscono l’orientamento. Quando lo si abbandona si continua ripidamente nel bosco fino a una larga sella dove incontriamo la neve, che si apre verso la val Meduna e il lago del Ciul, e la cima, non visibile dal punto di partenza si offre ai nostri sguardi coronata da una coppia di camosci che ci osservano. Bella vista già da qui verso il Raut, il Caserine e il Frascola con la sua Aquila.

Si prosegue ora verso destra costeggiando alla base le pareti verticali di un gendarme di cresta, un compagno si ferma qui, e oltre questo su verdi ripidi abbastanza esposti a riportarsi sulla dorsale e con un ultimo tratto nella faggeta alla solitaria cima mettendo in fuga gli ungulati e dalla quale  il panorama si estende fino alle Giulie, vicinissimo il roccioso spigolo O del Col della Luna. Dopo una breve sosta l’anziano pensionato redattore delle note e i due gagliardi giovani che lo accudiscono ridiscendono alla bella cengia a ricongiurgersi al quarto partecipante e per festeggiare estraggono dallo zaino una bottiglia di spumante che viene tracannata in un lampo.

In discesa, per variare il percorso, sotto la forcella a un ometto di sassi prendiamo a sinistra un sentiero abbastanza evidente e scendiamo nella valle del rio del Boschit uscendo dal bosco presso le poche case di Clez dalle quali su asfalto rientriamo a Inglagna. Ora partiamo invano alla ricerca di una osteria dove gustare le prelibatezze della valle tipo pitina e formadi salat: tutte in chiusura pomeridiana, sono passate da poco le tre, ripieghiamo alla frasca del nostro paese per consumare il cenone di capodanno a base di trigliceridi e grassi saturi e insaturi consistente in bruade e muset, frico e fasui accompagnati dal rosso di casa, costo pro capite 9 euro tondi, caffè e digestivo a casa mia, poi a nanna evitando così di ascoltare la consueta predica dell’inquilino del colle.

31-12-2011 – Bibl. Atoor pa’ la Valada di Renato Miniutti

Col de la Luna in Val Tramontina, 1422 m

Maggio 22, 2011 2 commenti

Un giovedì sera, giorno d’incontro per alpinisti e escursionisti nella vetusta sede della Società Alpina Friulana, casualmente entro in una delle sale e assisto a una presentazione di un volumetto di itinerari in Val Tramontina con proiezione di foto molto belle (Ator pà la valada, di Renato Miniutti ed. esaExpo) che acquisto al modico prezzo di euro dieci. Un’occhiata al libro e una alla carta mi bastano per proporre a un paio di buongustai questa cima dal bellissimo nome  facendo gli scongiuri perché la sua salita lo sia altrettanto. Questa valle è a torto malfamata per gli eserciti di zecche che a detta dei menagrami attendono fameliche l’incauto passante, mentre nei miei pellegrinaggi in realtà ne ho prese, equamente divise, due in pianura e due fra i monti. In realtà il simpatico animaletto si trova ovunque ci sia dell’erba, come ho imparato a mie spese. All’inizio del lago di Redona svoltiamo a sinistra verso Chievolis che attraversiamo, ora a destra (a sin. si andrebbe verso il lago di Cà Selva) in direzione del bel paesino di Inglagna. Non ci arriviamo ma scendiamo ancora a destra e con un ponte passiamo sopra le limpide acque del Rio dei Gamberi, poi la strada diventa sterrata e piuttosto stretta, a destra le rocce e a sinistra, dopo un considerevole salto il torrente: mi auguro vivamente di non incrociare qualcuno, una retromarcia mi costerebbe parecchi fastidi. Passiamo il borgo abbandonato di Chiampei e alla fine della strada Posplata, un paio di case ristrutturate e, come dice il cartello, abitanti 0, Alt. M 412. Ci incamminiamo costeggiando il torrente fra belle fioriture cascatelle e pozze d’acqua dal colore smeraldino sulla ex mulattiera ben segnalata che ci condurrà a forcella Spessa a 1062 m, con davanti a noi costantemente le pareti verticali della nostra meta. Ci alziamo anche ripidamente alle diroccate stalle Coleiba, circondate da terrazzamenti con muri di pietre a secco. E’ incredibile l’isolamento in cui vivevano gli abitanti di queste vallate secondarie con un’economia di stretta sopravvivenza. Alla forcella, aperta in bel bosco di faggi è d’uopo abbandonare il segnavie: traversiamo su esili tracce verso sinistra perdendo anche qualche metro di dislivello ci appare un ometto che ci conferma che siamo nel giusto sbucando poi nel ripido canalone alberato che risaliamo faticosamente. A un certo punto lo abbandoniamo astutamente per salire una rampa a rocciosa/erbosa e a alberelli sulla destra, stimando che la nostra cima sia in questa direzione. Qui in nostro dottore comincia a parlottare fra sé, come fa sempre quando le rogne aumentano. Ne usciamo e percorrendo una facile cresta ritornaniamo verso sinistra dove  miracolosamente rinveniamo un altro mucchio di sassi: è lo sbocco del canale abbandonato in precedenza, ora siamo di nuovo sulla retta via, su una specie di altopiano tutto a faggeta con moltissimi avvallamenti carsici, ci portiamo sull’orlo dei dirupi a Sud e in salita li costeggiamo alla fine arriviamo a una tabella che ci informa che la meta è stata guadagnata: panorama molto bello sul versante dei precipizi, un po’ limitata dagli alberi sugli altri. Una brevissima sosta, nel frattempo comincia a piovere e cominciamo la discesa, sudiamo parecchio per ritrovare l’ometto alla fine del canalone. Dopo un po’ il tempo migliora ed è tempo di pensare al formaggio salato che degusteremo all’osteria del lago.

Murales a PosplataSalita appagante se fatta nei mesi primaverili o autunnali.
28 Aprile 2011