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Posts Tagged ‘Sernio-Grauzaria’

Cima dal Lavinal, escursione nebbiosa ma interessante

Questa modesta cima (1850 m di quota) si trova subito a Est della Forca Nuviernulis, dirimpetto alla Torre Nuviernulis e piuttosto lontana dal fondovalle. Per questa camminata decidiamo di partire dalla valle d’Incaroio per il semplice motivo che nessuno del folto gruppo ha mai percorso questo sentiero, da Tolmezzo si procede in direzione di Arta fino al Bivio a destra per Paularo fino alle prime abitazioni, qui ancora a destra una strada sale a Dierico proseguendo poi fino agli stavoli di Dior, 750 m circa, parcheggio e inizio del sentiero 437. Non è la giornata ideale per una escursione di metà dicembre, una grigia cappa di nuvole grava su di noi limitando la visibilità, dei monti circostanti sappiamo solo che ci sono, ci muoviamo alacremente anche per riscaldarci. Dopo un’ora circa passiamo dal bivacco Fuarmi a circa 1000 m (era uno dei motivi della scelta, volevamo appurare le possibilità di farci una marronata), la nostra prima meta è la forca Nuviernulis m 1732, a un primo bivio andiamo a sinistra e a quello dopo a destra con il segnavie 419 fino a uscire alla sella, fino qui 1000 m di dislivello. Ora ci alziamo in direzione Est tenendoci il più possibile sul filo della cresta, l’ovattato ambiente nevoso è per altro affascinante, verso la fine ci caliamo qualche metro in versante Sud per evitare un saltino, la cima è poco oltre. Scendendo si vede qualcosa di più anche se il tempo non cambia. Nove i partecipanti, circa quattro ore per la salita, il 15 Dicembre 2002.

1 Merletti di neve sugli arbusti

2 Da forcella Nuviernulis alla cieca

3 Fra la nebbia si intravede la Torre Niviernulis

3 Sulla dorsale a mughi

 

5 In vista della cima

6 L'ultimo passaggio

7 Tutta la compagnia in cima

8 In discesa sul passaggio più impegnatvo

9 La cresta in discesa

10 Qualche baruffa con i mughi

11 Groviglio di mughi innevati

12 Ora la Torre Nuviernulis si distingue un poco di più

13 La Torre dai pressi della forcella Nuviernulis

14 Cima del Lavinal, Torri Nuviernulis e Ivano

15 Sul sentiero

16 Anche il Sernio fa la sua comparsa

Creta Grauzaria e Cima senza Nome per la Direttissima

Creta Grauzaria, 2065 m, invernale per la direttissima, 30 Novembre 1989

Sono da poco passate le sei  e al buio arriviamo al piccolo parcheggio presso le Case dei Nanghez in val Aupa, poco più di 700m di quota, dove inizia il sentiero per il rifugio Grauzaria in compagnia del forte Denel e di Nevio. All’uscita della faggeta oltre i ruderi di casera Flop abbandoniamo l’itinerario principale per seguire a sinistra una traccia fra i mughi che va a intersecare il sentiero attrezzato Ferrucci che collega il rifugio con il Bivacco Feruglio 1740 m, nel circo sud della Cima. Assistiamo all’arrossamento delle pareti mentre il sole si leva, e nel caratteristico passaggio fra le quinte rocciose ci affacciamo al circo, lo attraversiamo per ravani vari poi  arriviamo al Bivacco, è una giornata eccezionale come visibilità e temperatura e di neve finora ne abbiamo vista poca, dopo una breve sosta saliamo all’attacco che si trova in una ombrosa rientranza della parete, sono trascorse poco più di tre ore. Visto che è il più forte a Daniele toccherà fare da primo. Si inizia con una rampa che poi si trasforma in una stretta galleria a causa di un grosso masso, qui dobbiamo fare attenzione a non finire sul poco ghiaccio presente, abbiamo tutti e tre gli scarponi, all’uscita del tunnel con una traversata verso sinistra si supera la parete delle Fessurette, dopo queste un camino verticale abbastanza breve porrebbe fine alle difficoltà maggiori. Non avevamo fatto i conti con il nostro capocordata, fanatico delle vie nuove, che si impegna sulla parete di destra per “aprire” una variante e ci mette un sacco di tempo, ne esce, noi seguiamo disciplinatamente, la roccia non è delle migliori e occorre stare attenti ai sassi, le difficoltà da lui valutate IV. Usciamo sui terrazzi superiori, ci sleghiamo proseguendo verso NO, attraversiamo lungamente, anche su neve ma senza difficoltà di rilievo fino a una cengia sotto la vetta non risparmiandoci neanche il friabilissimo camino finale, III, forse il ghiaccio lo teneva assieme, che è evitabile con un traverso a sinistra, e arriviamo alla bella statuetta di pietra rossa della Madonnina. Mezzogiorno e mezzo. La discesa sulla via normale ci richiede l’uso dei ramponi, anche se la neve è poca bisogna stare attenti, la discesa dal Portonat, ben innevato è quasi più veloce che d’estate, arriviamo all’auto con la luce, sono le quattro del pomeriggio.

La Cima Senza Nome 1930 m, 20 maggio 2007

Era da parecchio che si stava ruminando questa meta, delle varie possibili vie, il canalone S (che ho già fallito due volte), il Rio della Forchia alla fine a prevalere è ancora la Direttissima. Come nella salita di quasi vent’anni fa torniamo al Feruglio con un numero doppio di partecipanti dove si formano le cordate, io sono con Alberto, un giovane arrampicatore, Claudio e la morosa Silvia, per finire il Maurin, di cui questa volta mi sono liberato, si lega con Gigi che rappresenta assieme a me la quota anziani. Faccio il primo tiro e mi trovo un po’ spaesato, ora su queste difficoltà si va in scarpette mentre noi siamo tutti con gli scarponi, per fortuna trovo un chiodaccio a metà tiro, dopo la galleria tocca al compagno sulle fessurette e il camino, poi slegati saliamo diritti a un terrazzo detritico dove ci affacciamo a sinistra al canalone Sud. Attrezziamo una doppia da 50 m e ci caliamo sul fondo, scendendo vediamo che era probabilmente arrampicabile. Ora saliamo sul fondo su terreno abbastanza friabile e vola pure qualche sasso, l’uscita è sbarrata da un intrico di mughi, dopo una dura lotta li superiamo, anche la prosecuzione verso sinistra è nella mugaia ma perseveriamo finchè lasciano il posto a roccette che senza altre complicazioni ci accompagnano sulla solitaria cima. In discesa torniamo verso l’uscita del canalone riuscendo però a viaggiare su terreno privo del fastidioso vegetale ricollegandoci alla parte facile della via di Napoleone Cozzi e Tullio Cepich che nel 1900 furono i primi salitori della Direttissima. Sotto la cima principale evitiamo astutamente il fraido camino di III aggirandolo a sinistra. La Madonnina è stata spostata appena sotto sul versante della Normale per dove scenderemo all’auto (dieci ore il tempo impiegato), indi al Leon Bianco di Moggio si terranno  gli adeguati festeggiamenti.

 

Per le relazioni, Alpi Carniche vol. I di De Rovere-Di Gallo ed. CAI-TCI

Cuel Mauron 1814 m – Palevierte 1785 e viceversa

“A ce fa sul Cuel Mauron d’unviar, che d’astat non van su nancje les cjaris” (anonimo carnico)

Dal Sernio si dirama verso SSO in direzione dell’Amariana una dirupata cresta abbastanza lunga che comprende parecchie elevazioni per lo più coperte di mughi delle quali l’unica segnata è il nostro Palevierte, abbinabile con poca fatica al vicino Cuel Mauron. L’avvicinamento   stradale prevede la salita dalla periferia di Tolmezzo (percorrendo l a vecchia strada della polveriera di Pissibus) a Illegio da dove si prosegue su asfalto in pessime condizioni e a proprio rischio fino alla sella di Pra di Lunze (ai tempi qui esisteva pure un’ osteria-rifugio) fino a uno spiazzo con indicazioni sulla destra, 910 metri la quota, parcheggio. Per le cime in questione si deve seguire prima la forestale poi il sentiero che compiono un lungo arco verso destra nella faggeta, si attraversa una zona con enormi massi di un’antica frana, luogo pittoresco. Ora il sentiero sale abbastanza ripido, la faggeta cede il passo ai mughi. Alla base di uno sperone,  un centinaio di metri  sotto la cima segnalata, si vede una scritta in giallo che spedisce a destra  al Cuel Mauron, seguendo la traccia principale sul lato opposto si arriva, con qualche facile passo dove occorre usare anche le mani, sul Palevierte. Per l’altra cima non ci sono segni, si prosegue fra i mughi tagliati fino a una forcelletta con bel panorama all’inizio della crestina che si segue più  o meno sul filo. Questo viene abbandonato traversando a destra sotto un risalto roccioso (primo grado un po’ esposto), pochi metri dopo si arriva in cima, con panorama migliore che dalla cima limitrofa.

29 Febbraio 2012

In Chiavris, ore sette, 20 minuti di dibattito fra i cinque partecipanti  alla fine si parte e in auto vengono ancora sviscerate ulteriori opzioni, alla fine i sacrificati sono il sottoscritto e Vigjut costretti a ripercorrere un itinerario conosciuto. La giornata è buona e il clima clemente, solo sotto le foglie di faggio si cela uno strato di ghiaccio, arrivati al bivio la compagnia si divide, in due vanno sul Palevierte gli altri tre su C.M. Per giungere alla forcelletta si affonda nella neve, per contro la cresta è abbastanza pulita, solo nei tratti rocciosi bisogna fare attenzione a degli spiacevoli passi sul vetrato, mentre i due dissidenti si godono già la brezza sulla loro cima. Anche noi mettiamo piede nel frattempo sulla nostra (tre ore), rimettiamo al suo posto la piccola croce metallica che ricordavo e dopo una breve sosta ci caliamo per poi risalire a ricompattare la squadra sulla minore elevazione fermandoci più di un’ora sotto un sole primaverile. La calata a valle avviene quasi senza problemi, dato che l’amico medico nel bosco scivola per una ventina di metri a causa del terreno gelato procurandosi un bell’ematoma a una gamba ma è comunque deambulante. All’auto abbiamo esauriti i liquidi e la bottiglia di cabernet e il salame che consumiamo non servono certo a calmare la sete, resisteremo stoicamente fino al capoluogo carnico.

1 Aprile 2001

Una decina di anni prima incappammo in una di quelle giornate che raramente capitano all’inizio della primavera, pulito in basso e neve fresca in alto, con un cielo nitidissimo. Il solito M. festeggiava il compleanno e in cima al Palevierte tirò fuori dal sacco una bottiglia di quello buono per i festeggiamenti. Guardandoci in giro l’occhio cadde sulla bella cresta del  Mauron, omonimo del compagno,  all’epoca cima ignota, dovemmo consultare la carta per identificarlo. I mughi si celavano sotto la neve della cresta diventata affilata, al risalto fummo costretti ad adoperare la corda, poi in discesa scendemmo direttamente al sentiero sul ripidissimo pendio sottostante, impraticabile senza neve a causa dell’intrico mugoso.

Torre Nuviernulis 1881 m – Fessura Feruglio IV+, via Degli Amici II

La Torre Nuviernulis da NE

La prima volta che ho salito questa bella torre, satellite del Sernio, fu durante una gita sociale della SAF allo stesso quando ancora facevo parte della squadra corse e assieme a un altro scellerato mentre aspettavamo i comuni mortali per riempire la giornata arrivammo in vetta salendo, non ricordo più se per la Via degli Amici o la normale che hanno più o meno la stessa difficoltà, un secondo grado su roccia molto solida, probabilmente la migliore del gruppo. Ci ritornai qualche anno dopo promosso sul campo a aiuto istruttore del corso di alpinismo da capo cordata con due allievi scalando la fessura Feruglio sul versante E, che dopo un attacco piuttosto ostico entra in un buio camino per uscire infine in cima o per canalini o per uno spigolo (la scelta fu questa) molto più simpatico ma con difficoltà calanti (max. IV+). Per arrivarci, da Moggio si risale la val Aupa fino a Bevorchians da dove a sinistra si prosegue a un piccolo parcheggio (Circa 700 m di quota). Ora a piedi si sale in un’ora e mezza al bel rifugio Grauzaria a circa 1200 m di quota, ottimo punto di appoggio per escursioni e scalate nei monti circostanti,  ristrutturato e attualmente ben gestito da una coppia di appassionati, all’epoca sempre aperto tipo bivacco. Per arrivare ai piedi della nostra torre bisogna scarpinare ancora seguendo un sentiero che porta al Foran da Gjaline, una sella che divide il versante di Moggio da Paularo. Da questa si va a sinistra perdendo qualche metro per poi rimontare alla sella Nuviernulis, 1700 m circa, passaggio obbligato anche per la normale al Sernio. 1984-1989.

9 Aprile 2011
I soliti entusiasti giovincelli mi annunciano tramite SMS che sabato hanno l’intenzione di andare sul Sernio e sono piuttosto perplesso, un pò per la lunghezza, quasi 1500 m di dislivello, come seconda obiezione per la neve che a N è ancora piuttosto abbondante nonostante il precoce caldo di questi giorni e in ultimo ci sono stato già quattro volte, ma alla fine acconsento. Tempo molto bello mentre saliamo al rifugio, facciamo una breve sosta al ruscello per nascondere la bottiglia di Cabernet che si sono portata a conforto del nonnetto al ritorno segnalando con un piccolo ometto il posto, ma avrebbero potuto lasciarla anche sul tavolo del ricovero dato che non vedremo nessuno in tutta la giornata. Già salendo al foran capisco che verseremo molto sudore perchè la neve molle ci fa sprofondare parecchio. Anche la salita alla forcella Nuviernulis ci fa soffrire parecchio oltre che perdere molto tempo. Qui giunti propongo, visto che mancano ancora 400 abbondanti m di dislivello e quasi tutti innevati, di salire la Torre percorrendo la via degli Amici in versante Sud, che ha difficoltà di secondo grado. I giovinastri acconsentono anche se non abbiamo nè il casco e neanche un misero spezzone di corda. D’altra parte si sono iscritti al corso di alpinismo e questa sarà una salita propedeutica allo stesso. Mi metto comunque in testa alla compagnia e seguendo i radi segni comincio a arrampicare sul bel calcare (dò anche una capocciata allo stesso in un momento di distrazione) e superando anche un bel canalino innevato arriviamo sulla esile cima felicemente. In discesa percorriamo con qualche problema di orientamento la via comune e quando arriviamo alla forcella O tiro comunque un bel sospiro di sollievo. Riprendiamo quindi il calvario del ritorno soddisfatti ma con i piedi fradici. Scoliamo l’ottimo liquido precedentemente occultato e così rifocillati divalliamo. Uno dei tre compagni aveva scordato i calzettoni e ha fatto il percorso con due paia di calze di cotone, uno sottile della festa e un acquisto da un ambulante nordafricano, così guida scalzo piazzando astutamente i pedalini fradici sotto i tergicristalli e con l’auto addobbata in tale fatta andiamo a farci una birra al Leon Bianco di Moggio. Arriviamo a casa e i calzetti sono perfettamente asciutti.

Cima dal Lavinal-Cima Dai Gjai, Traversata e Sfinge via Gilberti-Soravito

settembre 3, 2010 Lascia un commento

Traversata cima del Lavinal 1854-Cima dai Gjai 1916 dalla val Aupa, 1 Giugno 2010

4 Farfaraccio

Rododendro

Verso la cimaAvevo già salito in passato queste due vette, la prima d’inverno con la nebbia, la seconda per la via Stabile e poi in invernale, ma a  uno dei soliti compari era venuta l’idea di farne la traversata in senso O-E subito accolta anche da altri due pensionati (in quattro più di due secoli e mezzo cumulativo di anni), anche perchè ripristinata come “Sentiero Marino Bianchi” e con l’occasione di passare dal rinnovato e gestito glorioso Rifugio Grauzaria. Una splendida giornata di primavera vede dunque i nostri quattro arditi vecchietti che passano dal rifugio e su in salita al Foran da Gjaline e alla forca Nuviernulis dove inizia il loro itinerario, ben attrezzati con 12 m dodici di corda, un paio di cordini e moschettoni per fare la discesa verso il Portonat cheha dei passaggi di secondo grado UIA. Passando dalle forcelle dei vistosi quanto pleonastici cartelli ci annunciano la zona è wilderness, anzi lo era prima della posa degli stessi. Il proseguio della salita è facile fino al Lavinal, poi bisogna scendere circa 130 m alla selletta che divide le cime e risalire il versante O della vetta più alta, su roccette alternate a verdi anche con qualche passaggino un pò esposto, ma i nostri ne hanno viste di peggio e arrivano peraltro faticosamente alla solitaria sommità, sempre accompagnati dai vistosi quanto orripilanti bollini rossi. Sono quasi commossi ricordando tutte le scarpinate fatte in questezone negli anni verdi, queste sono state le montagne da noi  più frequentate agli inizi anche con vari pernottamenti, feste della montagna ecc. Dopo essersi rifocillati e ammirato il panorama alquanto familiare e con qualche dissidio sui nomi dellecrode che li circondano i nostri cominciano la discesa, tutto bene fino a quando arrivano sopra il  salto finale che negli ottimistici quanto vaghi e fumosi ricordi era di alcuni metri invece si rivela di lunghezza ben maggiore e i 12 m divisi a metà=6 di corda si rivelano piuttosto insufficienti alla bisogna e devono ricorrere a tutti gli artifizi dell’esperienza per scendere, sacrificando anche piangendo una fettuccia, ancorandola ai mughi e in liberaper il resto, fino alla bramata cengia erbosa che li porta all’ultimo saltino sopra il Portonat, dove su uno spuntone trovano una fettuccia vecchia come Matusalemme che li aiuta a scendere nel canalone del Portonat (e qui la nostra corda è quasi di lunghezza adeguata). Lo scrivente, novella Cassandra, l’aveva detto che era preferibile fare la salita in senso inverso!
Il resto è senza storia: il rifugio è in vista, scendono, approfittano della cucina (e della cantina) del nuovogestore per festeggiare la ritrovanza e lo periglio scorso e se ne scendono rinfrancati a valle.

Cima della Sfinge 1754 per la via classica Gilberti-Soravito, 13 Giugno 2010

2 Sfinge

Il camino iniziale“Gli farò una proposta che non possono rifiutare” (Il Padrino), questo deve aver pensato il caro giovane ravanatore che ogni tanto si trastulla a portare in giro noi due freschi di spirito, un pò meno di anni. Avevo percorso questa via da neofita del corso di alpinismo con un altro pricipiante enon si riusciva a trovare il camino di attacco, che salendo il nevaio ai primi di maggio, avevamo già superato e ce ne tornavamo sconsolati a valle quando per puro culo abbiamo visto un buco eci siamo entrati: era quello giusto e siamo riusciti a cavarcela. In seguito, più esperto avevo fattoil primo tratto della Bizzarro-Simonetti uscendo poi per la rampa finale. La voglia di rimettere lelisce ha prevalso sulla ragione e ci siamo volenterosamente accodati alla nostra guida.La salita,di difficoltà di III+ è ora ben chiodata alle soste, piuttosto lunga (500 m, con quindici tiri di corda) e discesa nel canalone del Portonat I-II. Le impressioni: non mi ricordavo cosi’ stretto ilcamino, con lo zaino abbiamo sofferto qualche pena,speciamente il mio compagno che non è quello che si può dire un fuscello, la cosa positiva la roccia che non ricordavo cosi’ solida per il resto (da secondi!) siamo andati piuttosto bene.Solo il sottoscritto dopo essere passato al rifugio è scivolato sul sentieroprocurandosi una bella grattata sul fianco. La Via deve essere passata di moda che non c’era un cane da quelle parti nonostante la vicinanza, la bellezza del luogo e l’accogliente rifugio. La via è di orientamento piuttosto facile, il camino è obbligato, fino alla cengia si passa ovunque, come sulla rampa, se si è in via tutte le soste sono attrezzate.


Per relazione “Alpi Carniche I Vol., Rovere-Di Gallo, CAI-TCI.