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Rioda 2046 m, due gite con le cjaspe

Costa di Rioda dalla Val Pesarina, 23 marzo 2011

Al solito ritrovo del mercoledì nei pressi di piazzale Chiavris i dipendenti dell’INPS ed enti analoghi partecipanti alla gita sono ben cinque, e la somma totale dei loro anni arriva quasi a tre secoli e mezzo, ma sembrano ragazzini mentre stipano alacremente le masserizie (e loro stessi) in un’unica vettura e se ne partono con meta la val Pesarina e più precisamente al Pian di Casa, 1242 m, punto di partenza per il rifugio De Gasperi al Clap Piccolo. Ivi giunti proseguono per un paio di centinaio di metri e abbandonano l’auto: dopo un breve percorso in discesa ai margini della pista di fondo arrivano alla casera Tamarut dove inizia il sentiero che intendono percorrere. Ai margini del bosco c’è un enorme cumulo di neve: una valanga caduta con l’ultima recente sciroccata. Partono quindi in varie direzioni alla ricerca di un segnavia che viene rintracciato aggirando la slavina e cominciano a salire nella pecceta su neve dura. Dopo un breve tratto sono costretti a attraversare il canale collettore dov’è precipitata la massa nevosa, perdono e ritrovano il sentiero varie volte e il terreno si fa piuttosto ripido tanto che sono costretti a usare i ramponi, riattraversano la slavina poi la pendenza diminuisce e il bianco manto si smolla al sole ed essi, da previdenti quali sono ripongono i ferri da piede per mettere le ciaspe che sprofondano anch’esse nella neve non trasformata. Intanto il sentiero si è misteriosamente dileguato e la casera Rioda si deve essere nascosta da qualche altra parte. Però notano sulla loro destra una specie di cupolone che sembra accessibile lungo una dorsale poco ripida e galvanizzati ripartono verso questa. Quando ci arrivano il mistero si rivela, oltre a notare le numerose valanghe precipitate su tutti i versanti, scoprono che la casera si trova in una valletta al di là e più in basso di dove si trovano, e al di sopra di essa la ormai inacessibile meta della salita: il Monte Rioda. Mettono mano alla carta constatando che il crestone ha un nome, trattasi della Cresta di Rioda, di un centinaio di metri più bassa che si collega al monte omonimo con un arco di cerchio scendendo prima a una forcella (Rioda anch’essa).
Quando arrivano sulla cimetta si ritengono appagati, si mettono a prendere il sole in maniche corte godendosi la magnifica giornata. Il rientro lo fanno più o meno lungo lo stesso itinerario, con la trafila inversa, ciaspe-ramponi-solo scarpone, rientrando (salvo uno con un graffio all’avambraccio) illesi al Pian di Casa, dove festeggiano con una pasta Carnica (Salsiccia, funghi, ricotta) e adeguate bevande.

La Costa di Rioda dalla val Pesarina

Monte Rioda da Sauris, 30 marzo 2011

Non mi piace lasciare cose incompiute e il mercoledi seguente con gli stessi concorrenti decidiamo di riprovarci da un altro versante più breve e solatio, quindi ci rechiamo a Sauris di Sopra 1400 m.
Su stradina innevata ma sulle tracce di ignoti predecessori arriviamo alla forcella Festons a 1860 m di quota, ora disdegnando la bella traccia battuta che sale a destra alla croce del Morgenleit seguiamo sul lato opposto una pista lasciata da uno scialpinista che su neve dura ci porta in breve al monte Festons. Qui finisce la pista ma ci appare intonsa la nostra lunga cresta nevosa. Non ci facciamo intimorire dalle slavine cadute dai due lati della dorsale stessa e proseguiamo rigorosamente sul filo superando faticosamente tutti gli innumerevoli risalti che la costituiscono fino alla cima dell’ Oberkovel. Nel frattempo siamo costretti a calzare le ciaspole e con un ultimo traverso arriviamo infine al desiato Rioda (tre cime in un colpo solo, ottimo risultato per un collezionista come il sottoscritto). Giornata con qualche innocua nuvoletta primaverile ma con uno strepitoso paesaggio. In cima i compagni, sicuri della vittoria, estraggono il necessario per un brindisi, si può anche scegliere fra bianco e rosso. Per la discesa, non volendo rifare i saliscendi dell’andata, ci caliamo verso sud con l’intenzione di attraversare in piano sotto la cresta fino alla stradina, finendo immancabilmente nei soliti casini. Ci arrestiamo infatti sull’orlo della frana che interrompe frequentemente la strada fra Sauris e casera Razzo. Bisogna risalire. A tale notizia un partecipante viene colto da atroci crampi intestinali e si apparta dietro un piccolo larice, dopo questo breve intervallo ripartiamo verso la cresta e le nostre tracce. Dopo lunghe sofferenze, quando riguadagnamo la cima del Festons, dalla quale è tutta discesa, l’indisposto estrae una bottiglia di cabernet religiosamente conservata, che siamo costretti a consumare per alleggerigli lo zaino. Il resto della gita non merita menzione, per il percorso sette ore soste comprese.

La cresta Festons- Oberkovel-Rioda

Ancora sulla cresta

Sulla cresta

La vetta del sospirato monte

Bivera e Clapsavon

Discesa... in salita

Sauris di Sopra

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