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Cima di Riofreddo (2507 m) per la via Comici-Fabjan allo Spigolo NE, III e IV, pass. V-

La carnizza di Zapraha o di Camporosso è una delle meraviglie delle Giulie, un grandioso anfiteatro racchiuso  fra le più alte cime del gruppo dello Jof Fuart con le loro pareti  settentrionali, il punto d’appoggio è il rifugio Pellarini della Società Alpina delle Giulie a 1499 m e qui decidiamo di ritirarci per il Ferragosto. Da Valbruna saliamo in Val Saisera per un paio di km, a un bivio una stradina verso sinistra conduce a uno spiazzo dove si lascia l’auto, 860 m. La strada (con divieto) passa il torrente su un ponte e continua nel bosco fino alla stazione della teleferica poi ridotta a sentiero (il 616) porta in poco più di un’ora e mezza al rifugio. Vi saliamo in un giorno uggioso sotto una leggera pioggerellina che lascia poco spazio alle speranze, il rifugio è semideserto, se cercavamo pace e tranquillità eccoci serviti. La via aperta nel ‘29 dal grande Emilio Comici con G. B. Fabjan segue una serie di camini collegati fra loro da aeree traversate e dopo un tratto aereo sul filo esce alla Cengia degli Dei dove le difficoltà scemano, da qui si sale in cima senza percorso obbligato. Lunga 750 m pur essendo una delle grandi classiche non soffre di una grande frequentazione, come d’altronde tutte le limitrofe, anche a causa del faticoso giro per rientrare al rifugio (per una puntuale relazione “Le Alpi Giulie” di Gino Buscaini ed. CAI-TCI è la guida d’obbligo). Il mattino seguente il cielo resta coperto e le vette sono nascoste dai nuvoloni, ciò nonostante partiamo imperterriti e in un ora arriviamo all’attacco. Con stupore scopriamo che la salita è stata da poco attrezzata con lucenti spit che se non facilitano la progressione la rendono più sicura e veloce, con questo tempo non ci sentiamo proprio di criticare l’opera. Il camino iniziale è di rocce malsicure, si passa anche sotto un masso incastrato, poi migliora, forse le due traversate riservano i passi più difficili anche se il tratto più interessante paesaggisticamente è quello sullo spigolo. Quando mettiamo piede sulla Cengia degli Dei siamo avvolti dal nebbione. Riposte le corde saliamo a tentoni verso la vetta, quando ci arriviamo sono trascorse sei ore e mezza più una per l’attacco, non male per due alpinisti della domenica, la guida ne mette da 6 a 8. Non si vede nulla e non ci dilunghiamo, cominciamo a scendere verso SO in un canale, traversiamo a sinistra una cengia e dopo un ulteriore canalino arriviamo alla cengia e ai segni del sentiero Anita Goitan, la percorriamo verso Est arrivando alla Forcella di Riofreddo. Qui si scende lo stretto canale verso N, prima di arrivare ai ghiaioni un salto è attrezzato con una scaletta, giunti in Val Riofreddo risaliamo  strenuamente alla Forcella del Vallone, poco sotto si avvista il Pellarini. Ora è tutto in discesa, passiamo dal Rifugio quindi giù a valle. Quattro ore e mezza, una birra a Valbruna e alle sette si riparte verso casa. Con Nevio il 14-15 Agosto 1995.

1 Da sinistra Riofreddo, Madri dei Camosci e Jof Fuart a maggio dal Monte Re

2 Il giorno della salita

3 I primo tiri di corda

4 Nel camino, il passaggio sotto il sasso incastrato

5 L'inizio della traversata

6 La traversata

7 Un passaggio della Via

8 Il compagno in sosta

9 Sullo spigolo

10 La Grande Vergine

11 Nebbia in Cima

12 Dalla Normale l'Innominata e le Madri dei Camosci

13 Traversata sul sentiero A. Goitan

14 Il Gruppo del Canin

15 Alla Forcella di Riofreddo

16 Discesa nel vallone di Riofreddo

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