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Musi e Veliki Rop da sella Carnizza

Maggio 24, 2013 2 commenti

22 Maggio 2013, attualmente sono piuttosto impegnato a ospitare gli zii d’America (sette persone), oggi sono libero, i parenti sono andati in Toscana e mi tocca, nonostante le previsioni piuttosto incerte con i soliti temporali pomeridiani più probabili a Est, trarne profitto. Il reparto geriatria è tutto presente al consueto punto di ritrovo  in Chiavris, in totale sono sei i partecipanti che propongono varie opzioni, prevale quella di Vigiut al quale era rimasta indigesta la fallita salita al Veliki (o Viliki) Rop del anno scorso ( Post “Alla cresta dei Musi da N”). Ci trasferiamo quindi in Val di Resia e da questa a Sella Carnizza 1086 m, all’inizio del sentiero n. 737. Risplende il sole alla partenza con varia nuvolaglia sui monti circostanti e ci sono i resti della grandinata del giorno precedente. Il sentiero si alza nella faggeta a larghe svolte, quando incomincia a traversare verso Ovest a saliscendi il terreno è già innevato, all’uscita nella conca con grandi massi alla base della cresta bisogna affidarsi ai segni. Delle rampe nevose via via più ripide ci conducono alla forcella di q. 1787 dove una vistosa scritta sul calcare ci informa che la prosecuzione è riservata agli EEA, la ignoriamo seguendo per qualche decina di metri delicati per la neve i segni,indi li abbandoniamo salendo a sinistra delle balze erbose senza percorso obbligato. Un ometto di sassi e il libro di Vetta in esso custodito ci informa che questa ha nome Musi Rop, ultima visita l’anno scorso, oggi siamo immersi nella nebbia. Dirimpettaio al di là della forcella s’innalza più arcigno il Viliki, Gigi non ha pace, deve a tutti i costi andarci, inghiotte qualcosa frettolosamente e si avvia, non posso fare a meno di seguirlo, lui si arrampica sullo spigolo roccioso, personalmente preferisco salire a destra per cengette erbose con qualche passo su roccia, nel frattempo il sole torna rislplendere. Anche qui sotto il mucchio di sassi in un barattolo forato dal fulmine si trova un quadernetto con il nome, già da qualche anno nessuno ha attestato la sua presenza. Ridiscendiamo cautamente, intanto i nostri compagni sono già impegnati sul nevaio che a parte i primi metri si scende agevolmente a tratti pattinando, solo il nostro medico appoggia qualche volta il sedere mettendo a rischio i propri cabasisi essendo siciliano. Torniamo obbligatoriamente sui nostri passi, alla sella sono trascorse sei ore dalla partenza. Ben due osterie sono qui aperte, ne sorteggiamo una a caso per ritemprare le forze.

1 Sella Carnizza

2 Nella faggeta

3 Placche di calcare scanalate

4 Sui traversi che precedono l'anfiteatro

5 Fra gli enormi massi del circo sotto la cresta

6 In salita fra i massi

7 La cresta dei Musi

8 Erti nevai nella salita alla forcella

9 La forcella

10 La forcella

11 Salita al Musi Rop

12 Dal Musi Rop il Veliki

13 Nuvole in cima

14 La cresta verso Est

15 Il compare mi precede sul Veliki

16 Roccioni sulla cresta del Viliki Rop

17 Il gatto e la volpe sul Veliki Rop

18 Qualche modesta rogna in discesa

19 Pare che neanche gli altri già sul nevaio se la passino molto bene

20 Il bellissimo calcare della cima

21 A Sella Carnizza recuperiamo le forze in trattoria

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Al Veliki Rop 1875 m – da Sud prima dell’età del Ferro e del Minio

La cima più alta dei Musi (1875 m), leggermente spostata a Nord della cresta e di scarsa frequentazione  è raggiungibile sia dalla Val Resia (Sella Carnizza) che in traversata per la cresta Ovest che è stata oggetto di una recente “valorizzazione” con la posa di cavi e verniciature varie per consentirne la traversata dalla Val di Mea sempre con il segnavia 737 agli EEA muniti di casco, dissipatore ecc. ecc. annullandone così il pregio alpinistico. Ma in Friuli, mi domando, non ci sono già varie ferrate di ogni genere che possono soddisfare gli appassionati, contro i quali non nutro nessun astio avendole ai tempi percorse quasi tutte? Ricordo (ai tempi ero consigliere della SAF) che l’insano progetto di attrezzare la cresta fra il Vert e il Jof di Montasio venne bocciata con una levata di scudi. Forse sono io con l’avanzamento dell’età che divento sempre più astioso.

10 Maggio 1998

Assieme all’ amico Gigi (il gatto e la volpe) con sua moglie Eliana come nel Post precedente propedeutico a questo torniamo alla Cima 1866 dalla Val di Mea, solito parcheggio a q. 700.  Qui lasciamo la paziente compagna del socio a custodire gli avanzi dei nostri alleggeriti zaini portandoci dietro 20 m di cordino e qualche ammennicolo per l’eventuale sicurezza, calandoci alla forcella a Est. La traversata si sviluppa (sviluppava) parte in cresta e in parte sui  versanti S e N con traversi abbastanza esposti e con tratti innevati,  si vedono anche delle tracce, non si sa se di ungulati o bipedi, occorre solo un po’ di occhio per scegliere i passaggi migliori, comunque la corda rimane sempre sulle spalle e arriviamo alla forcella a N della cresta, 1787 m (ora qui si trova una tabella che informa il viandante  che proviene da Sella Carnizza che la prosecuzione è EEA). La salita alla Grande Roccia, tale significa il toponimo resiano, presenta anch’essa dei tratti abbastanza aerei ( tuttora non segnata), da percorrersi a scelta o sulla cresta con più roccia o sul lato destro più erba. Dal culmine la cima dirimpettaia in cresta ci pare più alta, al ritorno ci saliamo facilmente per balze erbose, da qui soffriamo l’effetto ottico contrario, quindi possiamo tornare indietro senza rimpianti. La moglie dell’amico quando ci avvista tira un sospiro di sollievo (pensava alla sua discesa, non alla nostra incolumità). Anche questa è fatta e rimane irripetibile dopo il misfatto compiuto, per la cronaca le difficoltà massime si aggiravano attorno al 2°, la gita ha richiesto circa otto ore.

1 Bivacco Brollo

2 Salita alla Q. 1866

3 Sul tratto attrezzato

4 La cresta Ovest

5 Il Bivacco dalla cresta

6 Viliki Rop e Canin

7 Dalla Cima 1866 verso il Gran Monte

8 La traversata

9 La traversata

10 Vista sullo Zaiaur

11 Sul Viliki Rop

12 Verso la cima a S della Forcella

13 La Cresta di rientro

14 Traversata al ritorno

15 Da sin. Cimone, Montasio e Veliki Rop

16 Ripercorrendo la cresta

17 Una delle forcelle

18 Sul filo

19 Eliana in discesa

20 La sorgente del Zalodra

21 Discesa a valle

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Musi q. 1866, due salite dalla Val di Mea

Maggio 23, 2013 2 commenti

Questa è l’unica cima della catena raggiunta da un sentiero segnato, il n. 737, il punto di partenza è un paio di km a monte di Tanataviele sulla strada per il passo di Tanamea a circa 700 m di quota dove conviene parcheggiare anche se una sterrata attraversa le ghiaie del torrente verso sinistra ma conviene non fidarsi troppo. La traccia ben evidente sale facile in ambiente molto pittoresco a destra la gola del rio Zalodra poi si traferisce sul lato opposto, si alza per canaloni fino alla spalla del M. Ruscie 1621 m, dove ha inizio il tratto impegnativo della salita, dapprima si sta sulla cresta, dove diventa impercorribile ci si sposta a destra in un canale prevalentemente erboso piuttosto ripido (e scivoloso se bagnato) che risale con l’aiuto di un cavo metallico, alla fine delle attrezzature facili rocce conducono alla bella cima.

3 novembre 1985

Siamo, come si vede dalla data, praticamente al Paeleolitico. La gita è stata cagione di qualche dissidio familiare, anche il giorno prima mi ero eclissato al sole dei monti, come ben si sa alpinista fa rima con egoista (forse questo l’avrò già detto) ma all’epoca ero proprio assatanato.  Con cinque amici di quei anni lontani arriviamo in vetta in tre ore e mezza senza ostacoli di rilievo a parte i resti di una spolverata di neve che contribuisce a creare una luce affascinante. Non ci sono alternative al rientro, bisogna farlo per la via di salita.

1 I Musi

2 La Valle del Torre

3 Il tratto finale

4 La Cima q. 1866

5 All'inizio della discesa

6 In discesa

7 Sosta con spuntino

8 Traversata del torrente Zalodra

9 Il selvaggio ambiente dei Musi

10 Colori autunnali a fondovalle

1 Maggio 1997

Vado o non vado? Alla fine parto da solo al pomeriggio e sono le tre quando incomincio a camminare, devo essere stato abbastanza allenato per arrivare alla vetta in due ore e un quarto, la via è pulita anche se in giro si vede parecchia neve, la giornata con qualche innocua nuvoletta è magnifica e fresca come si conviene alla stagione, mi fermo anche al nuovo bivacco dedicato a Brollo (Dino, mi pare) un alpinista gemonese recentemente scomparso e di utilità dubbia, anche oggi non si vede anima viva. Con la mezz’ora di sosta in cima  alle sette sono di nuovo alla macchina, attualmente si fa fatica a rispettare i tempi CAI.

11 Genziane

12 Il versante dove si sviluppa il sentiero 737

13 Torrette pinnacoli e barbacani

14 La cima q. 1866

15 Dalla Cima verso ENE, sotto il Canin il Veliki Rop, la cima più elevata della catena

16 La Cresta del Cjampon

17 Verso O lo sguardo spazia fino alle Dolomiti

18 Canin e Veliki Rop

19 Stratificazioni

20 Ritorno alle genziane

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Musi, la cresta fra casera Nischiuarch e la Bocchetta di Zaiaur

La scelta delle gite si fa sempre più complessa e per di più viene quasi sempre rimandata all’ora della partenza, con l’aggravante della sempre più scarsa propensione a uscire dal letto in ore antelucane nelle gelide mattine invernali come pure quella di andare a imbarcarsi in grandi imprese. Per questo ultimo giro del 2012 (siamo arrivati al 30 dicembre) propongo ai soliti compagni Ermanno Gigi e Maurin questa cresta che avevo notato dallo Zaiaur qualche anno fa riponendola poi nel cassetto dei progetti. Niente cime blasonate su questa dorsale lunga in linea d’aria circa tre km, le svariate elevazioni non hanno neanche un nome sulla carta ma solo la quota, il punto di partenza, è il parcheggio prima del ponte sul Riobianco m 826 poco oltre il passo di Tanamea sulla strada che da Tarcento sale a Uccea. Qui ci sbrighiamo a partire, il luogo in ombra e al gelo non ammette indugi, il sentiero segnalato comincia oltre il ponte a sinistra inoltrandosi nel bosco di faggi (oggi ne vedremo una quantità), poco più in alto con il sole tutto diventa più accattivante, ci sono solo un paio di contropendenze per evitare dei dirupi ma alle casere Nischiuarch si arriva comodamente senza pestare neve, e siamo a 1182 m d’altezza, una sosta è d’obbligo, ci sono pure delle panche. Poco sopra a Est si trova il monte omonimo che per oggi non c’interessa, ci avviamo per un paio di tornanti sulla mulattiera diretta a S. Anna di Carnizza fino alla sella sovrastante dove a O attacca il crestone, all’ inizio come larga dorsale alberata (e innevata), dove si restringe il groviglio dei tormentati faggi ci obbliga allo spostamento in versante Nord, la neve diventa dura ma non richiede attrezzi anche se il terreno è abbastanza ripido, ci sono anche dei radi segni sugli alberi e in breve conquistiamo il primo cimotto, m 1339 m, da qui in poi il nostro itinerario segue fedelmente la cresta con a volte dei brevi spostamenti sui ripidi erbai a Sud. Dopo la seconda elevazione 1417 m, perdiamo un compagno che divalla a meridione seguendo una esile traccia che dovrebbe dirigersi ai ruderi di una casera sottostante, il che ci mette in apprensione. Ora che la cresta è spoglia di vegetazione la vista si amplia anche verso le Alpi Carniche, e saliamo in successione le altre quote, 1384, 1517, 1468, di nuovo 1517, 1554 e 1608 fra le quali ogni volta occorre calarsi, ma di poco, alle forcellette intermedie, a volte il percorso richiede un poca di attenzione. Una crestina innevata ci porta all’ultima di esse, per salire la cima di m 1658, la più elevata vedo il Mauro, che fa da apripista, porre mano alla piccozza, difatti la pur poca neve è ghiacciata, sarebbero più comodi i ramponi, ma mettersi a trafficare sul pendio è poco salutare. La vetta è stata visitata salendo dalla sottostante Bocchetta di Zaiaur, anche sulla cima di questo avevamo notato delle presenze. Ora non ci sono più problemi, scendiamo in forcella poi ci lasciamo scivolare verso valle. La mulattiera ha un paio di risalite, alla prima mi viene il crampo classico all’interno coscia destra, al secondo sul lato opposto, poi per fortuna è tutta discesa. Siamo in pensiero per il dissidente, ma ci aspetta semicongelato al parcheggio, la bottiglia di bianco in auto è a temperatura ideale, ci inzuppiamo la pinza del Mauro, un altro paio di soste ci allena lo stomaco per capodanno.

1 Il sentiero per la casera

2 Casera Nischiuarch

3 Sosta alla casera

4 L'inizio è su una docile dorsale

5 La prima quota è alberata

6 Gli amici sulla prima cima senza alberi

7 Lo Zaiaur e il restante tratto di cresta

8 Dal Peralba al Coglians, a sin. Sernio e Grauzaria

9 Una delle tante risalite

10 Pleonastico ometto in cresta

11 Vista sul Canin

12 Verso la penultima cima

13 Un momento della traversata

14 La cima più alta della cresta e lo Zaiaur

15 Calata all'ultima forcelletta della cresta

16 Ghiaccio per la risalita finale

17 Ultimi metri

18 In cima con l'amico Vigjut

19 Lo Zuc dal Boor

20 La bocchetta dello Zaiaur

21 La nostra cima da SO

Il Cadin dei Musi a San Silvestro

dicembre 28, 2012 2 commenti

Per chiudere in bellezza l’annata alpinistica ne sfruttiamo pure l’ultima  giornata, il tempo continua a essere splendido con un clima quasi primaverile e sui versanti Sud delle Prealpi non c’è traccia di neve, ai due storici compagni Ermanno e Maurizio si è aggiunto un biondo ragazzo omonimo del Santo odierno, la meta è la cima più occidentale dei Musi, il Cadin alto 1818 m. Punto di partenza della gita è Tanataviele 627 m, un borgo semi abbandonato a monte delle sorgenti del Torre, lasciata qui l’auto un sentiero segnato arriva dapprima a Plan di Tapou, un altopiano in passato a pascoli e fienili, ora del tutto rinselvatichito, a un bivio lasciamo a sinistra la traccia principale diretta a forcella Musi per proseguire verso Nord al valico della Stilizza, un intaglio da dove i valligiani si recavano in Val Resia. Il sentiero è stato riattato anche con la posa di qualche assicurazione e ci arriviamo senza problemi. La cresta E da percorrere ha un notevole sviluppo con qualche saliscendi è parzialmente innevata, ogni tanto si scende brevemente a Nord e la piccozza risulta necessaria ma il percorso è gradevolmente panoramico e in tre ore copriamo i 1200 m di dislivello che ci separano dalla vetta. In discesa, prima di arrivare alla Stilizza e per dare un po’ di condimento alla gita, adocchiamo un canale che ci sembra acconcio alla bisogna, lo imbocchiamo senza esitazioni e per le solite facili roccette miste a erbe verticali  in breve ci portiamo su terreni meno inclinati, rinvenendo in seguito una antica mulattiera in disuso che scende all’altopiano. Giunti al paese, per festeggiare sia l’onomastico che l’anno uscente, ci siamo portati dolci e spumanti, che consumiamo sotto il tepore del sole calante. La sera vado poi con tutta la famiglia a una festicciola in casa di amici, alle due del mattino crollo addormentandomi sulla sedia, il troppo a un certo punto stroppia. 31-12-1988.

1 La cresta dei Musi ancora in condizioni autunnali

2 Il Cadin dei Musi

3 Indicazioni al bivio

4 Salita alla Stilizza

5 Uscita in cresta

6 Lontano il golfo di Trieste e l'Istria

7 Un tratto roccioso della cresta

8 In cresta

9 La catena dei Musi

10 Controluce

11 Una contropendenza

12 Dalla cima verso il Canin

13 Torniamo sui nostri passi

14 La variante di discesa

15 Qualcuno si esibisce in ampie spaccate

16 Mulattiera desueta nel faggeto

17 Addirittura un viottolo

18 Plan di Tapou

Cima di Campo m 1762, ritorno nella valle della Venzonassa

novembre 28, 2012 2 commenti

A quasi trent’anni fa risale la mia prima volta su questa cima, all’epoca la valle non aveva ancora le strade e i pochi nuclei abitati avevano avuto il colpo di grazia dal terremoto del 76 e la traversata da Tanataviele a Venzone era una classica meta dell’escursionismo primaverile. La gita è stata fatta nel Maggio del 1985 assieme a due amici di quei tempi lontani partendo direttamente dalla periferia di Venzone, quindi da poco più di 200 m d’altezza. Questa montagna divide con il Lavara la palma della distanza affacciandosi sulla Val Resia, il sentiero ha il numero 705 e corre sulla sinistra della vallata (salendo), passando per Borgo Manstrui e la chiesetta di S. Antonio in quell’anno ridotti ancora a macerie, poi sale nella faggeta a Casera Ungarina, da qui prosegue verso la Casera del Confin e la Forca Campidello  m 1532  con il numero 725. Il versante Nord era ancora innevato, non c’erano (e non ci sono attualmente) segni, quindi si salì il pendio ad occhio fino in cresta e per questa in vetta. Ci venne poi la balzana idea di scendere alla Venzonassa verso Sud, una bella scivolata sui nevai fino ai ruderi della Casera di Campo, poi si scese senza sentiero nel bosco finendo in uno schianto di faggi causato da una slavina lavorando parecchio per uscirne, un altro bel tratto fra alberi secolari prima di incontrare qualche traccia e sortire al fondovalle.

8 Dicembre 2011, sulle Prealpi non è ancora arrivata la neve quando saliamo in val Venzonassa, sarà passata una decina di annetti da quando non ci metto piede, questa volta il punto di partenza è la curva del Gran Rio m 525. Il sentiero sale ripidamente fino a un bivio nei pressi della chiesetta di S. Antonio, ora ricostruita, con una breve deviazione andiamo a dargli un’occhiata prima di proseguire verso E sul sentiero n. 702 che scende ad attraversare la forra del Gran Rio per risalire nella faggeta a Casera Ungarina, anch’essa restaurata, qui arriva una strada forestale che obbligatoriamente bisogna percorrere fino alla Casera del Confin ora Agriturismo, nei mesi di apertura ci si può accedere in auto, nel frattempo il segnavie ora è il 726. Nei pressi dell’edificio sosta un mezzo della forestale, forse in agguato di qualche malcapitato che per risparmiare le gambe salga con un mezzo a motore, ma questa è una mia malignità, noi andiamo avanti verso Forca Campidello, valico con la Val Resia e magnifico panorama sulle Giulie Occidentali che sono ben imbiancate. Il versante Nord è tutto in ombra, saliamo senza via obbligata fra le alte erbe con qualche sperone roccioso che si evita nei canali e allietati da un gelido venticello fino alla cresta. Questa è erbosa, va percorsa verso sinistra fino a una anticima, mentre la vetta resta più a Est oltre un’insellatura e della quale non avevo memoria, vuoi vedere che nella visita precedente ci eravamo fermati qui? Giuro che non lo ricordo. Uno dei due compagni ne ha abbastanza, con l’altro proseguo in discesa per rimontare la crestina a mughi e rocce detritiche, lievemente ariosa ci conduce all’ometto finale. Scendendo, fra le due casere un amabile ghiaione scende alla strada sottostante, è un richiamo irresistibile anche se dopo è d’obbligo continuare sulla rotabile che è piuttosto lunghetta ma ci consente la visita dei borghi rimessi a posto di Prabunello e Maieron prima di tornare con una contropendenza al parcheggio. Quattro ore la sola salita.

 

Musi, alla cresta da Nord

Maggio 5, 2012 1 commento

Siamo già in autostrada in direzione Tolmezzo indecisi sul da farsi quando il mio compagno viene folgorato dall’ idea di andare sul Veliki Rop, la cima più alta della catena dei Musi da Nord, ovvero da Sella Carnizza, la relazione ci manca, in compenso cercando nel pacco di cartine ne esce una risalente agli anni ’80 in bianco e nero, l’unico sentiero segnalato è quello della Bocchetta dello Zaiavor, la proposta viene comunque accolta. Saliamo quindi in Val Resia e parcheggiamo l’auto agli Stavoli Gnivizza 1070m, era da parecchi anni che non passavo da queste parti e resto colpito dalle belle ristrutturazioni che sono state eseguite nel frattempo, fra cui anche due punti di ristoro che sono ancora chiusi. Da qui andiamo a sinistra e alla chiesetta di S.Anna imbocchiamo la vecchia mulattiera sopracitata (il numero è il 427) per abbandonarla poco dopo alla prima vallecola in direzione ovest detritica ma con cespugli e alberelli purtroppo senza alcuna traccia di passaggio, dapprima il percorso è alquanto sgradevole e la vegetazione ci passa anche qualche non gradito ospite sugli avambracci (leggi zecche). Perseverando il terreno come il paesaggio migliora diventando più aperto, alla nostra destra una crestina secondaria rocciosa con delle esagerate fioriture di Orecchia D’Orso, dalla catena principale a sinistra siamo separati da placche calcaree incarsite oltre che fitte distese di mughi, indi arriviamo a una simpatica forcella quota 1634 fra un cimotto alto 1703 m verso Nord mentre verso Sud si eleva la cima dei Musi quotata 1798 m, la prima a ponente dello Zaiavor. Sul versante nord l’innevamento è ancora abbondante, valutiamo la salita diretta da qui troppo rognosa, quindi cominciamo a traversare in diagonale ascendente i nevai  oltre la sella arrivando alle placche inclinate che scendono dalla nostra meta, scegliamo lo sperone che ci sembra più articolato, il calcare è di buona qualità, il tratto è  breve e usciamo sulla cresta erbosa, ancora qualche decina di metri verso destra  e arriviamo alla nostra quota. Il tempo è variabile ma non minaccioso, uno sbiadito bollino rosso ci invita a proseguire in discesa alla forcelletta seguente, qualche facile passaggio un pò esposto, saliamo ora per pendii erbosi alla Cima seguente di m 1844, tre ore fino a qui, dove poniamo fine alla nostra traversata, per proseguire in cresta fino al Viliki Rop, la cima più alta che è piuttosto lontana, circa un km, oltre al tempo più stabile servirebbe un minimo di attrezzatura (fra l’altro c’ero già stato parecchi anni fa e con lo stesso compagno, traversando dalla cima 1866 sopra al bivacco Brollo). Torniamo alla forcella e decidiamo di scendere sui nevai fino a una visibile dolina verso N, l’ambiente è di una bellezza selvaggia, tutto a placche lavorate, che dopo qualche peripezia fra mughi e brevi saltini, inghiottitoi e abissi, ci portano al caratteristico canale fra due stipiti rocciosi che avevamo già adocchiato dalla cima che si esaurisce  nella conca. La attraversiamo e con sollievo all’intaglio seguente reperiamo il primo di una serie di sbiaditissimi segni rossi e un ometto semidistrutto (probabilmente di speleologi) che seguiti a saliscendi ci conducono al recente segnavie del CAI che riporta a Sella Carnizza. Due ore per la discesa, agli stavoli stanno lavorando all’osteria Taj, di prossima apertura, ma un paio di birre ci vengono gentilmente concesse. Le difficoltà, oltre alla mancanza assoluta di tracce o segni sono al massimo di II.

3 Maggio 2012

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