Cima Brica (2362 m) – Prima gita dell’anno in Val Cimoliana
Da Cimolais nell’alta Valcellina deviamo a destra sulla strada in gran parte sterrata fino al parcheggio del rifugio Pordenone a Pian Meluzzo (in stagione sono richiesti sei euro di pedaggio) 1163 m, subito prima della sbarra. Ora si continua abbastanza lungamente sulle ghiaie del solco principale dapprima su una sterrata e poi fra i sassi fino a portarsi definitivamente sulla sinistra del torrente uscendo infine alla ex Caseruta dei Pecoli 1363 m, bivio. Qui si devia a destra, passiamo ancora su un ponticello il letto qui in secca del torrente risalendo poi con l’ameno sentiero n. 379 la val di Brica fra macchie di mughi che si alternano al bosco piuttosto vario con un’unica perdita di quota nell’attraversamento di un torrente dopo di che si entra nel lariceto fino ad uscire nella radura del Cason di Brica, una capanna di tronchi in una incantevole radura. Per la media del gruppo i luoghi sono abbastanza frequentati, qualche escursionista lo incontriamo, purtroppo qui il terzo componente dello sparuto gruppo a causa dei postumi di una seria malattia si ferma, proseguiamo allora solo in due. Proseguiamo sull’unico sentiero ma al primo bivio optiamo per quello di destra diretto alla Forcella dell’Inferno, alto valico che mette in comunicazione la nostra valle con la Val di Guerra (e anche dopo un breve traverso alla forc. Fantolina o al Passo del Mus con la Valle di Suola e l’amato rifugio Pacherini), ora il numero della traccia è il 369. La nostra meta fa parte dell’ arcuata costiera che dal passo verso NO comprende le varie elevazioni della Cima Val’D’Inferno, la Cima Brica che con i suoi 2362 rimane la più alta, poi dopo varie elevazioni minori (Torri di Brica) termina a picco sulla Val Meluzzo con il Campanile Gambet. Subito a monte del Mus di Brica, curiosa vetta al centro dell’anfiteatro finisce la ricreazione. Scendiamo una scarpata verso destra, alle ghiaie cominciamo la faticosa traversata senza alcuna traccia tenendoci per quanto possibile alla base delle rocce della Cima Val d’Inferno fino a un canalone che mostra al suo sommo una verde insellatura, arrivarci sul terreno instabile è una cosa micidiale, non siamo tanto sicuri nemmeno che quella alla sua destra sia la giusta vetta. Alla fine ci siamo, è proprio una forcelletta di cresta con un benvenuto ometto eretto al centro, da qui si vede la prosecuzione, un impluvio porta a una ulteriore forcella fra la cima e un vicino cocuzzolo a Est, per arrivarci dopo un breve tratto ancora detritico si sale per verdi abbastanza agevoli alla base delle rocce finali. Guidati dagli ometti si sale per cenge detritiche e saltini rocciosi abbastanza affidabili, in cima si trova anche una umile Croce di Legno, mi guardo subito attorno, non ci sono vette più alte qui vicino, non abbiamo fallita la meta. Paesaggio vasto su tutte le Dolomiti Friulane, Prealpi e Alpi Carniche, non mancano alcuni dei colossi delle Dolomiti. Ci caliamo alla selletta con l’anticima, un attraente ghiaione scende ripido ma senza salti (almeno all’apparenza) verso Nord e la Val Meluzzo, peccato che i nostri zaini siano rimasti all’intaglio più basso… li raggiungiamo, consumiamo i viveri, il Mauro si è portato anche mezzo litro di rosso. Così rianimati, da buoni penitenti risaliamo, la discesa di ghiaioni è o non è una nostra specialità, questo poi che ha praticamente intatta la sua verginità ci consente una veloce se non sicura scivolata. Arrivati in basso traversiamo a destra fra i massi sopra impenetrabili mughete dove alla fine occorre brevemente entrare, il bosco che segue è meno fitto del previsto, inaspettatamente ritroviamo il sentiero segnato pochi metri a valle del Casone, del’amico non c’è traccia, lo riabbracceremo al parcheggio. Sette ore e mezza (soste comprese), primo grado, 1 Agosto 2013.