Monte Siera (2443 m) – Due impegnative traversate
Il Canalone Ovest
La più bella visione della montagna si ha da Cima Sappada, un bel triangolone roccioso affiancato a sinistra dal canalone Nord mentre la Via Normale rimane esattamente nell’opposto versante, per l’avvicinamento ci si sposta ancora verso Est (Bach o Granvilla dove un paio di strade scendono al corso del Piave che si valica su un ponte a 1198 m e dove si parcheggia. Per strada forestale e sentiero (n 316) si sale al passo Siera ( un breve passo con un cavo passamano) 1600 m da dove si sale a sinistra alla sovrastante casera Siera di Sopra. Da questa una traccia sempre a sinistra attraversa il greto di un rio per salire poi abbastanza faticosamente a una costa con larici da dove ci si inoltra nei mughi, a un bivio si lascia sulla destra il sentierino della normale per traversare nel versante opposto fino all’imbocco del canalone (bollini rossi). L’ambiente è all’inizio ristretto e opprimente (sarebbe piuttosto scomodo trovarsi qui in caso di piogge improvvise) anche se la roccia levigata dall’acqua è affidabile, si deve rimontare tutto parte sul fondo parte con opportuni spostamenti sui due lati, in un tratto particolarmente liscio troviamo uno spezzone di corda lungo qualche metro che usiamo senza remore né purismi essendo slegati. Alla fine usciamo in ambiente più aperto e finalmente rivediamo il sole, siamo a una forcella fra l’anticima NO e la vetta. C’è ancora da arrampicare, senza via obbligata procediamo verso la vetta per rocce frastagliate fino a un’ultima paretina dopo di che inaspettatamente ci sorprende la Croce della Cima. Siamo stati piuttosto veloci, sono trascorse meno di quattro ore dalla partenza. Il panorama con le nitide luci d’inizio autunno, anche se qualche nuvola ce ne nasconde una parte è diverso interessante, nessuno dei cinque partecipanti aveva mai messo piede su questa montagna. Occorre pensare subito alla discesa, ci caliamo a SE fino a un intaglio, sulla destra scende il Canalone Sud della via Comune, piuttosto impegnativo e di complesso orientamento anche se segnato (poco) a bollini rossi con varii spostamenti sui lati, un’ultima placca arriva al ponte di due tronchi che supera una spaccatura al termine delle difficoltà. Qui si seguono i segni del sentierino verso destra che riportano alla casera. 1° e 2° in salita come in discesa, 12 settembre 1993.
Il canalone Nord e la Cresta SE
Qualche anno dopo nella sosta caffè a Villa avevo proposto agli amici (quasi una gita sociale, in sette me compreso) la cima del Pleros che mi mancava ancora all’appello, sdegnosamente rifiutata da un terzetto che c’era già stato. Un conoscente che è solito trascorrere le ferie in quel di Sappada mi aveva confidato che era stato sul Siera dal canalone arrivando poi in cima per la cresta Est guidato da alpinisti locali, e un po’ sconsideratamente ne parlo con i miei compari e viene approvata anche se qualcuno è abbastanza restio. Detto e fatto, da Cima il sentiero 319 sale intersecando la pista un paio di volte con varie possibilità di perdersi (la seggiovia come il Rifugio Siera sono chiusi da anni per le note vicissitudini finanziarie, non posso dire di più) fino al detto Rifugio. Saliamo ora per verdi e detriti all’imbocco del canale, di neve ne è rimasta poca, qualche lingua di colore grigiastro qua e là alternate scomodamente a placche e detriti, poco sotto la forca Alta di Siera si biforca, optiamo per il ramo destro friabile e con massi instabili, salgo delicatamente ma un compagno ne muove uno grosso come un comodino, la tattica viene cambiata, i sopravissuti salgono uno alla volta mentre gli altri stanno al riparo. Frattanto è calato un fitto nebbione, ci aggiriamo come fantasmi fra i gendarmi rocciosi, quando si dirada leggermente ripartiamo. La cresta soffre di assoluta mancanza di segni ma non è molto impegnativa, proseguiamo aggirando i gendarmi prevalentemente sul versante di sinistra, a tratti sul filo, quando diventa più ostica stiamo ancora sul versante pesarino attraversando ancora qualche intaglio fino alla forcella della normale. Ora il meteo è più amichevole e arriviamo in cima. Tetri pensieri sulla affollano la testa di tre partecipanti poco usi a questo genere di salite, con la dovuta calma e attenzione posiamo gli scarponi sul ponticello di tronchi, uno del terzetto si gira e fa il gesto dell’ombrello alla nobile montagna affermando “Siera, mi hai visto una volta ma non mi vedrai più”. Mentre scendiamo sulla traccia elementare il solito M., già responsabile della caduta del masso adocchia una possibile scorciatoia nella mugheta e convince un altro a seguirlo, arriveranno alla casera dopo di noi pieni di graffi ma, a dir loro molto, soddisfatti. 1° e 2°, 2 Luglio 2000.
Relazioni dettagliate sul Gaberscik, Le Alpi Carniche e Rovere- Di Gallo, Alpi Carniche II del CAI-TCI