Punta Fiames 2240m, lo spigolo Jori e la normale della parete S
Lo spigolo Jori, TD
Il 2 di maggio a Cortina regna ancora la tranquillità, il bel mondo che la infesta è migrato verso altri più accattivanti lidi e abbiamo pernottato abbastanza facilmente in questi due giorni di ponte primaverile e a Nord risplendono al sole del mattino le creste del Pomagagnon già libere dalla neve. Quella che ci proponiamo è una salita ambiziosa a quella che è la guglia più ardita dell’intero gruppo, la Punta Fiames per la via aperta il 19 agosto del 1909 da F. Jori con Kate Broske (chissà quali rapporti intrattenevano le guide dell’epoca con le gentili clienti). Fatto sta che questa scalata è diventata una classica, senz’altro la più ripetuta del gruppo. Dalla perla delle Dolomiti saliamo in auto all’Istituto Codevilla dove con qualche difficoltà riusciamo a parcheggiare e ci incamminiamo sul sentiero segnalato della forcella Pomagagnon, quando questo arriva alle pareti traversiamo alla loro base verso sinistra, poi un canale a roccette e mughi sale verso l’attacco e ci appare finalmente il verticalissimo spigolo. Tre non è un bel numero per arrampicare, due poi sono dei novizi freschi di corso, lo scrivente e Nevio che a posteriori diverrà il mio compagno abituale, il terzo è Maurizio Callegarin (l’ho un po’ maltrattato in un precedente articolo) che era uno dei pochi istruttori che si degnavano di accompagnare gli allievi, a lui concediamo volentieri l’onere di fare da capocordata. Per la relazione, alla terrorizzante relazione del Berti sulla guida grigia del Cai (che bisogna comunque contestualizzare), abbiamo con noi quella di Gino Buscaini tratta dal libro “Le 100 più belle” delle Dolomiti Orientali. L’attacco è su un terrazzo ghiaioso a sinistra dello spigolo, da qui ci si alza seguendo la cosiddetta via normale della parete Sud (IV) fino a una cengia che verso destra porta allo spigolo, oggi il Calle è in gran forma e i novizi seguono, la corda davanti rende tutto più facile, dopo un primo abbastanza potabile tratto si arriva al primo serio ostacolo, il tiro della fessura a destra del filo (secondo Berti il più difficile della via, “occorre far leva col ginocchio e gomito sinistro senza potersi aiutare con l’altra mano e col piede che rimane penzoloni”). Per fortuna e con l’aiuto delle moderne scarpette non è così, l’altro passaggio chiave si trova più in alto, dove da una piattaforma con anello di sosta occorreva fare una piramide umana per attaccare la fessura sovrastante. La via è complessivamente di 5°, 350 m il dislivello, ci mettiamo un paio d’ore per l’attacco e sei per farla. La discesa, facile, è verso Nord con il primo tratto innevato, poi un traverso su sentiero verso Est esce alla Forcella Pomagagnon da dove una scivolata più o meno veloce sui ghiaioni riporta alla vita quotidiana. L’anno era il 1987, per la relazione rimando ai libri citati.
Parete Sud, via Dimai-Verzi, IV
La cosiddetta via normale della parete Sud è stata trovata dalle due guide nominate che vi hanno accompagnato un certo Heat, presumibilmente inglese, nel 1901, dislivello e avvicinamento sono gli stessi dello spigolo. Otto anni sono passati e ci ritorno più ricco di esperienza se non di giudizio il primo Maggio del ’95 in compagnia di Mauro, ormai diventato una presenza piuttosto frequente nella compagnia, anche se oggi siamo da soli. Lasciamo l’auto più comodamente a un paio di Km da Cortina in direzione Dobbiaco. Anche da qui ci vogliono un paio d’ore per arrivare all’attacco per bosco tracce ghiaioni, per comodità al posto delle abituali lisce calziamo tutti e due i più solidi scarponi. Anche questa come la precedente è chiodata a sufficienza, dove si stacca a destra la cengia che porta sullo spigolo si segue invece una serie di camini, uno bagnato è il passaggio più impegnativo e si esce dalle difficoltà sulla cresta SO che seguita a destra porta alla cima. Quando ci arriviamo minaccia pioggia e ci affrettiamo a scendere, stavolta per la via ferrata a Ovest che ci riporta vicino al parcheggio. Tempi: 5 ore e mezza dall’auto in cima, una e mezza in discesa. Per la relazione oltre al Berti abbiamo consultato anche il libro di Walter Pause “100 scalate classiche”.
Punta Erbing (2301 m), poco frequentata ma altamente panoramica
Il pretesto e la relazione della salita mi sono stati offerti dal recente acquisto del volume “111 Cime attorno a Cortina” una guida interessante e ben fatta che propone vie normali a cime neglette alternate ad altre più famose, circa al 50%. Dei tre autori uno è il cortinese Doc Ernesto Majoni che mi è noto per i suoi articoli sulla rivista Alpi Venete, il secondo è il bravo curatore del sito “Le Vie Normali” Roberto Ciri (con lui mi scuso di non aver dato seguito a una proposta di collaborazione), il terzo è Sandro Caldini a me sconosciuto, chissà se erano al corrente dell’analoga guida in sloveno “111 Izletov po Slovenskih Gorah” di Andrej Stritar del 2006. La meta prescelta è la vetta più orientale della catena del Pomagagnon a NO di Cortina, la Punta Erbing (2301 m), con partenza dal Rio Gere a 1690 m poco a valle del Passo Tre Croci, quindi compensando la distanza con il modesto dislivello, ma devo vincere prima le resistenze di un amico (troppo presto, troppo lontano, guida troppo sportiva, se mi avesse conosciuto qualche anno prima quest’ultima obiezione sarebbe stata più pertinente), siamo in 3 (pensionati) + 1 (il Maurin), l’itinerario obbligato è Udine- Sappada- Auronzo-Bivio Misurina-Tre Croci-Parcheggio, visto l’orario non c’è molto traffico e ci sbrighiamo. A valle del ponte sul torrente si vedono le indicazioni del sentiero 206, all’inizio carrareccia che dopo un tratto nel bosco passa da un pascolo con fontanile e poi esce brevemente sulla pista da sci che abbandona traversando il torrente per confluire in terreno più aperto con il n. 203 che porta verso sinistra alla sella di Sonforca 2109 m. Non facciamo a gomitate sul percorso, in tutto incontriamo ben due escursionisti più in gruppo di giovani (di lingua tedesca) con la mountain bike che educatamente si fermano al nostro passaggio, il panorama è già molto bello anche se un po’ rovinato da piste e impianti di risalita. Non fatichiamo a trovare la prosecuzione (anche perché c’è il cartello), la battuta traccia traversa a Nord delle Crepe di Zumeles abbastanza lungamente fra mughi larici e cirmoli, abbiamo la carta ma il libro è rimasto in auto, allora quando arriviamo sotto la cima cominciamo ad alzarci per tracce piuttosto labili fra le zolle fino a una fascia rocciosa con alla base dei resti di trincea. Mauro non resiste al richiamo della roccia e la sale, noi tre anziani con più giudizio la evitiamo a sinistra, ci ritroviamo sulla scarpata detritica alla base del risalto finale, salendo diritti ci affacciamo da un intaglio ai precipizi sud, alzandoci ancora ci troviamo davanti all’ affilato ma breve spigolo Est. Lasciamo qui gli zaini reputando (a ragione) che la vetta sia troppo ristretta per consentire una comoda sosta, il solito dissidente sale a destra con maggior difficoltà, il terzetto restante resta sul filo, la roccia qui è solida, resta solo da fare un poca di assistenza al meno esperto prima di arrivare ai pochi metri di cresta facile ma esposta che ci separano dalla massima quota. Spostandoci ancora verso Ovest ritroviamo a Nord gli ometti che ci guidano nella discesa fra canalini e roccette con meno impegno che all’andata. La giornata è delle migliori, facciamo una lunga pausa ammirando il bellissimo panorama e prendendo il sole. Al ritorno ritardiamo la calata al sentiero vagando senza itinerario preciso fra cimotti e forcellette, lo riprendiamo scendendo un amabile canale erboso. L’impegno è di mezza giornata ma la gita è appagante e in ambiente solitario e tranquillo, secondo la relazione era da proseguire ancora verso Ovest fino all’intaglio sotto la Croda dei Zestelis tornando poi indietro per cresta, penso che la via normale sia quella da noi fatta in discesa. 7 Agosto 2013.
Punta della Croce 2297 m, via F. Pott con G. Siorpaes e A. Verzi – III e IV
Alla metà di Marzo le pareti del Pomagagnon sono quasi in condizioni estive dopo un inverno avaro di precipitazioni nevose. La meta odierna si trova nella diramazione NO del gruppo al di là della Forcella Pomagagnon da dove scende un bel ghiaione che percorreremo in discesa, fra il Campanile Dimai e la notissima Punta Fiames dove arriva anche con una ferrata, i protagonisti, oltre al sottoscritto sono il fido Nevio e il compianto Flavio. La via è stata trovata dalle due forti guide ampezzane nel 1900 su una parete alta 650 m che si può dividere fra una prima parte facile, una centrale più impegnativa e un finale che si sviluppa su cenge, la discesa verso Nord al sentiero che dalla forcella citata si dirige a Punta Fiames è breve e senza difficoltà di rilievo. Il punto di partenza scelto è quello più comodo, si tratta dell’Istituto Codivilla-Putti, 1350 m, l’ospedale di Cortina che ha il solo difetto nella scarsità di parcheggi e ci arrangiamo in qualche modo. Saliamo verso la forcella raccordandoci al sent. 202 che abbandoniamo alla base delle pareti del Campanile Dimai, qui cominciamo la traversata verso sinistra fra macchie di mughi erbe ed eriche in fiore fino alla gola fra la suddetta cima e la Punta della Croce nei pressi di un cocuzzolo, attacco. Ora proseguiamo in diagonale ascendente nella stessa direzione per un centinaio di metri fino ad affacciarci a una parete verticale dove ci leghiamo, il più esperto è senz’altro Nevio, visto che siamo in tre tocca a lui il comando della cordata. La roccia è molto buona, superata la parete si continuiamo verticalmente, poi troviamo un con un traverso verso destra arriviamo a un’altra zona verticale e a un canalone con un sasso incastrato dopo di che le difficoltà diminuiscono notevolmente. La scalata non è molto intuitiva ma troviamo qualche chiodo che ci conferma che siamo abbastanza in via. A una sosta per bere ci capita l’unica disavventura della giornata, Flavio appoggia su un masso l’apparecchio fotografica che all’improvviso prende allegramente il volo. Ora che siamo su terreno meno ripido si fanno vivi di nuovo i mughi, andiamo avanti per cenge intervallate da piccoli salti rocciosi fino a una più lunga e spiovente ma erbosa che deve essere una delizia se bagnata, la percorriamo tutta da sinistra a destra, un camino poi arriva alla forcella con il Campanile Dimai, la crestina di collegamento verso sinistra esce in cima. La discesa è molto veloce, scesi verso Nord agguantiamo il sentiero della Forcella Pomagagnon rotolando poi a valle sul ghiaione. Due ore all’attacco, cinque per la via, un’ora e un quarto in discesa.
Una stringata relazione si trova sul Berti, Dol.Orientali vol. I (CAI-TCI), la guida da noi usata è quella di Andreas Kubin “50 arrampicate scelte nelle Dolomiti (Geo-Grafica) più dettagliata anche se con una traduzione un po’ approssimativa.
Testa e Costa del Bartoldo
Dal passo di Somforca raggiunto da impianti di risalita si dirama dal Cristallo verso Ovest la catena dei monti del Pomagagnon, un gruppo montuoso che si inabissa poi nell’alta Val d’Ansiei poco a valle di Ospitale. Se verso Nord discende a placche alla Valgrande, il versante Sud rivolto a Cortina è verticale e stante il facile approccio da questa località sulla sua Dolomia molte vie vi sono state tracciate dagli alpinisti locali ma anche da foresti anche in tempi recenti con attrezzature e difficoltà moderne. La parte centrale è la più alta e di questa voglio stringatamente parlare dal momento che vi ho ripetuto due via classiche con lo stesso avvicinamento e la medesima via di discesa e anche nella stessa stagione, la primavera (le pareti, ripide e solatie si liberano presto dalla neve), e anche con lo stesso partner.
Da Cortina si può risalire alla frazione di Chiave e al vicino ospedale, con difficoltà di parcheggio, oppure proseguire sulla statale 51 verso Dobbiaco e lasciare l’auto di fronte al negozio di articoli sportivi Lacedelli in un ampio parcheggio; in entrambi i casi si sale su sentiero segnalato fino al canalone ghiaioso che scende da forcella Pomagagnon e senza salire attraversare a destra sul sentiero in parte attrezzato che risale la Terza Cengia e condurrebbe a una forcella nella parte orientale della catena: gli attacchi sono su questo percorso altamente panoramico, chiamato dal Berti “Passeggiata di Croda”.
Testa del Bartoldo 2442 m, per parete S, via Dibona del 1937
La via è dal Berti stranamente classificata di quinto con un passo di sesto il che mi sembra un poco eccessivo, tuttavia il primo passaggio che si affronta a freddo dalla cengia è notevole per due ciabattoni come noi, poi si prosegue prevalentemente per camini su roccia buona, proseguendo più o meno sulla verticale. Solo alla fine ci troviamo su dolomia prevalentemente marcia e bagnata con nessuna traccia di passaggio, anche se prima abbiamo reperito qua e là qualche chiodo in una giornata non eccezionale dal punto di vista del meteo. Dalla cima, scartata subito l’opzione quinta cengia avendone per oggi abbastanza, siamo scesi per roccette ai nevai verso N e con lunghe scivolate siamo arrivati prima in Valgrande e poi a Ospitale qualche chilometro a monte dell’auto dove un caritatevole automobilista ci ha caricati portandoci al nostro mezzo. Sette ore la sola salita, sull’orario di rientro a casa è meglio tacere. Domani zitti e al lavoro.
Costa del Bartoldo 2435 m, Via Phillmore –Rajnor con Angelo Dimai
E’ stata la prima via alpinistica aperta su queste pareti nel 1899 partendo dalla base, noi più modestamente attacchiamo dalla terza cengia in una giornata veramente esemplare, con il tempo che sempre si vorrebbe, la salita è discontinua ma su roccia sempre buona ma con qualche problema di orientamento e difficoltà di terzo con un passo più difficile, dall’auto anche oggi ci mettiamo sette ore. In cima ci accoglie un po’ di vento e parecchia neve, scendiamo comunque per i già sperimentati pendii a Nord sprofondando fino alle anche, e anche stavolta a Ospitale dopo un centinaio di metri si ferma un buon samaritano molto interessato alla nostra salita che ci scodella direttamente al parcheggio.
Per le relazioni, abbiamo usato il vecchio Berti ed. CAI-TCI, forse oggi si trova qualcosa d’altro.